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Fantascienza
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Fascia 16-19
Ventata di cambiamenti

08/06/3523

Oggetto: Osservazione n. 683: Pianeta Terra

Oggi, martedì 8 giugno 3523, il team 1603 composto da cinque scienziati e due medici è sbarcato sul pianeta Terra. Come previsto, il team si è svegliato dall’ibernazione in corrispondenza di Marte, per i preparativi dell’atterraggio della navicella, avvenuto con successo e senza danni al veicolo. L’atterraggio è avvenuto presso N’Djamena, Chad (Africa), coordinate: 12.137752, 15.054325. Una volta analizzate la caratteristiche dell’ambiente esterno e non avendo riscontrato alcun cambiamento drastico dagli ultimi dati registrati, se non un lieve abbassamento delle temperature, la sottoscritta, Amanda McGriffit, referente del team, è scesa dalla navicella per sondare il territorio insieme a due colleghi. I dati che abbiamo raccolto durante il primo giorno lasciano sperare in una possibile soluzione per la nostra società sospesa. Continueremo a lavorare e a inviarvi le nostre ricerche.
In allegato troverete gli scanner dei primi dati rilevati.
Amanda McGriffit e il team 1603

Eccomi finalmente di nuovo sulla Terra. Mai avrei pensato di poterci rimettere piede e trovare una risposta alla domanda che spesso mi teneva sveglia tutta la notte: qual è stato il destino della nostra Terra dopo che ce la siamo lasciata alle spalle per iniziare una nuova vita chissà dove? Tutti gli statisti davano il nostro pianeta ormai per spacciato, ma ora che ci rimetto piede, mi pare in gran forma. Tutto sembra uguale a come lo lasciammo, anzi addirittura meglio. Mi ricordavo questa zona dell’Africa centro-settentrionale su cui siamo atterrati oggi come un’area semideserta, invece mi imbatto in una vegetazione rigogliosa, con acqua in ogni dove. Penso alle possibili spiegazioni e le ipotesi più plausibili sono due: o, come si preannunciava, l’uomo è arrivato al suo declino e la natura ha preso il sopravvento oppure coloro che il progetto New Anthropocene aveva lasciato indietro, hanno trovato un modo per non estinguersi.
Mentre facevo queste riflessioni tra me e me, vedo i radar captare tre individui in avvicinamento. Per capire di che si tratta, ci muniamo di tute protettive e armi e quando i puntini sul radar sono molto vicini, usciamo dalla navicella.
La luce del sole mi abbaglia e subito non riesco a capire chi mi trovo davanti. Successivamente metto a fuoco e mi accorgo che sono esseri umani. Il mio cuore fa una capovolta. L’umanità non si è dunque estinta! Mi avvicino a loro per avere più informazioni, anche se i miei colleghi mi consigliano di stare in guardia e non dare subito troppa confidenza (non sappiamo come possono reagire di fronte a noi, per loro siamo come extraterrestri). Tuttavia non sembrano malvagi o intimoriti dalla nostra presenza, anzi appaiono incuriositi quanto me da questo incontro.
Se a un primo sguardo mi sono sembrati esseri umani tali e quali a noi, ora mi salta all’occhio che la loro pelle presenta misteriosi riflessi verdastri.
Lasciamo che siano loro i primi a fare domande – fortunatamente la lingua per la comunicazione è ancora l’inglese, anche se ha subito qualche cambiamento – e la ragazza con le treccine al centro del trio si fa avanti e ci chiede chi siamo.

«Siamo il team 1603 del progetto intrapreso dalla NASA nel 2050 per salvare l’umanità dall’estinzione. Prima del collasso del pianeta, una navicella ha lasciato la Terra con l’obiettivo di trovare un nuovo pianeta ospitale e trasferirci lì cominciando una nuova era. A questo scopo veniamo istruiti fin da piccoli al mestiere di astronauti, scienziati e medici e quando siamo pronti veniamo inviati con un team in direzione delle plausibili nuove Terre per analizzarle e raccogliere dati.»

«Perché allora voi siete ritornati sulla Terra?» replica la ragazza e io di rimando: «Siamo sempre stati in comunicazione con la Terra tramite dei sensori posizionati prima della partenza. Probabilmente hanno rilevato dei segni di vita interessanti da studiare e si è voluto qualcuno sul campo. Ecco il motivo di questa missione». Poi, titubante per la paura di sembrare troppo invadente, domando: «Se non vi dispiace, potreste aiutarci a raccogliere i dati necessari alla nostra ricerca? Faremo sicuramente più veloce e il risultato sarà anche più corretto dal momento che ormai conoscete meglio di noi questo pianeta.»

«Altroché se lo conosciamo! Venite, saremo lieti di mostrarvi quanti cambiamenti sono avvenuti sulla Terra dagli anni bui che vi ricordate.»

Mentre ci guidano alla loro città, rimango al fianco della ragazza, che mi dice di chiamarsi Ikigai. Mi piace la sua compagnia perché non ci squadra come dei nemici, anzi è ben disposta a farci sentire a nostro agio. I suoi due compagni inoltre ci aiutano con il trasporto di tutta la nostra attrezzatura e sorridono sotto i baffi nel vedere noi che, come bambini di fronte a un negozio di caramelle, guardiamo stupiti tutto ciò che ci circonda.

«Dopo che ve ne siete andati,» comincia Ikigai «la Terra ha subito effettivamente un periodo difficile: sovraffollamento, riscaldamento globale, diseguaglianze economiche, sociali, guerre, insomma tutto ciò che vi ricordate anche voi, ma più in grande. I potenti hanno tirato la corda fino quasi a strozzare la Terra e portare al collasso l’umanità». Sono cose atroci, ma Ikigai ne parla senza la minima tristezza, probabilmente perché dopo aver toccato il fondo, si è trovato un modo per risalire. E infatti continua: «Quando la popolazione è arrivata a un settimo di quella iniziale, hanno mollato la presa e hanno messo tutti al corrente del loro progetto: creare una società ristretta ed evoluta, fondata su uguaglianza, innovazione e rispetto di ogni forma di vita e dell’ambiente. E così è stato.»
Tutto questo mi pareva assurdo e impossibile da realizzare, una pura e semplice utopia, come si può leggere solo nelle pagine di Thomas More: «Come è stato possibile mettere d’accordo e trovare il sostegno di tutti? Com’è possibile che chi aveva il potere non l’abbia esercitato con tirannia, anzi abbia deciso di limitarlo per aumentare quello di tutti?».
«Semplice, il desiderio collettivo di superare il passato e guardare a un futuro migliore ha fatto dimenticare l’individualismo del XXI secolo per far spazio a nuovi valori che si sono conservati negli anni.»
«E quali sono questi valori?» intervenne uno dei miei colleghi, ancora diffidente.
«Innanzitutto siamo tutti sullo stesso piano, non ci sono ricchi né poveri, né tanto meno discriminazioni di specie, genere o orientamento sessuale. Tutti sono i benvenuti, voi compresi. Inoltre si dà molta importanza all’innovazione e all’ottimizzazione di tutto ciò di cui disponiamo, sempre con l’obiettivo di integrarlo con l’equilibrio del pianeta stesso. Un esempio è proprio qui di fronte a voi. Non è strano che ci abbiate incontrati in Africa, terra che un tempo nessuno considerava, se non per lo sfruttamento delle risorse? Ecco, l’Africa è sempre stata piena di potenzialità, bastava semplicemente darsi da fare per valorizzarla a pieno. Si è attuata un’opera di canalizzazione delle acque e irrigazione e subito è stata più vivibile, anche dal momento che le temperature si sono abbassate un bel po’.»
«Ecco, volevo proprio arrivare a parlare dell’abbassamento delle temperature, perché me ne sono accorta anch’io subito. Cos’è successo?»
Ikigai sorride appena tocco questo argomento: «Ora viene il bello. Fidatevi di ciò che vi sto per dire, anche se potreste faticare a crederci. Un laboratorio di ricerca è riuscito a scoprire la nostra compatibilità con la linfa vegetale, per cui da anni ci nutriamo solo di clorofilla stillata dagli alberi. Siamo diventati degli organismi autotrofi perché dalla fotosintesi traiamo energia e nutrimenti, con la conseguente eliminazione di allevamento e agricoltura intensivi. Mentre per la poca energia che ci serve, sfruttiamo fonti sostenibili e rinnovabili. È stata una delle scoperte più indispensabili per garantire la sopravvivenza della Terra, anche perché, nutrendoci della stessa sostanza della natura, siamo stati in grado di creare un legame ancora più stretto con lei. Ora apparteniamo al Wood Wide Web, la comunicazione dei vegetali, per cui percepiamo l’energia della natura, le sue fasi, i suoi cambiamenti, la sua potenza e le sue debolezze. In questo modo siamo più consapevoli su come rapportarci con lei» e dicendo questo, si ferma di fronte a un acero per accarezzarne la corteccia ed enfatizzare questo legame.
Io e i miei compagni siamo senza parole. Adesso mi spiego quegli strani riflessi verdi della loro pelle, sotto la quale circola la linfa. Tutto questo è pazzesco.

Mi salta in mente ancora una domanda: «E tutta quella plastica che abbiamo prodotto, che fine ha fatto?».
«Questo è un altro argomento con un inizio tragico, ma un finale estremamente affascinante. In questo caso però è stata la natura ad adattarsi all’uomo, non viceversa. Le materie plastiche avevano ormai inquinato ogni luogo della terra che alla fine ha trovato il modo per combatterla. Negli ultimi anni diversi microrganismi hanno sviluppato un apparato digestivo in grado di smaltire le microplastiche, frutto della degradazione dei nostri rifiuti, e avviato così un processo di autodistruzione. Ora il livello di plastica sul pianeta è bassissimo perché noi, essendo in pochi, possiamo permetterci di utilizzare solo materiali sostenibili e abolire in questo modo ogni tipo di inquinamento ambientale.»

Starei qui ad ascoltarla per ore, perché ogni risposta che mi dà è più sorprendente di quella precedente, ma una cosa l’ho capita. Noi, che per anni abbiamo cercato in lungo e in largo una soluzione per i nostri problemi, non ci siamo accorti che la soluzione era più vicina di quanto ci aspettavamo. Non serve appropriarsi di un nuovo pianeta e continuare a comportarsi dispoticamente con esso. Se vogliamo andare avanti, dobbiamo cambiare rotta: scendere qualche gradino, riconoscere che da soli siamo insignificanti e porci al livello della natura che è così potente poiché frutto di tantissimi individui che collaborano tra loro, svolgendo ciascuno la propria funzione. L’uomo non è estraneo alla natura, è parte di essa, uno dei tanti mattoncini che deve lavorare per garantire la sopravvivenza dell’intero organismo.

Pubblicato: 29 Gennaio 2023
Fascia: 16-19
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