Cari lettori, mi chiamo Carlo, e ciò che sto per raccontarvi è la storia di Anna, una delle ragazze più genuine e vere che si possa mai conoscere. Se oggi sono qui a scrivere queste parole è perché merita una storia degna di essere conosciuta da più persone possibili.
Non era una persona di tante parole, ma ciò che provava e ciò che pensava si capiva subito attraverso uno dei suoi magnifici sguardi; aveva i capelli biondi, di un giallo che ricordava il sole d’estate, gli occhi azzurri e una spolverata di lentiggini che le ricoprivano gran parte del viso.
Devo ammettere che appena l’ho vista mi trasmetteva tutto fuorché simpatia; questo perché si atteggiava come se ai suoi piedi ci fosse sempre, e dico sempre, un tappeto rosso di quelli che si usano per accogliere le modelle alle sfilate o agli eventi importanti.
Vi starete chiedendo il perché abbia deciso allora di produrre questo testo se non avessi mai voluto avere rapporti con lei; ebbene, nel giro di poche settimane si rivelò una persona totalmente diversa.
Ci siamo conosciuti alle medie, periodo forse più incerto e strano della vita di un adolescente. Sapete tutti com’è strutturata la vita di un adolescente, no? Ve lo dico io, ci sono i litigi, i primi problemi, il primo contatto con il mondo degli adulti, e le grandi amicizie. Quest’ultima è proprio ciò che ci ha uniti e che ancora oggi ci tiene vicini seppure distanti.
Passammo tre anni stupendi, pieni di esperienze all’insegna del divertimento; in particolare ricordo la gita del terzo anno, andammo a Parigi, e ci divertimmo moltissimo e ridevamo sempre perché trovavamo alquanto buffo il modo in cui parlavano i francesi.
Sapevamo che c’era una scelta da prendere e che le nostre strade si sarebbero potute separare e avrebbero potuto prendere due direzioni opposte, ma fortunatamente la scelta della scuola superiore fu la medesima per entrambi, il liceo classico, che si trovava anche vicino alle nostre case.
Anche questa volta, siamo finiti nella stessa classe, la 1C, ormai niente poteva più separarci, ancora per poco… Abbiamo creato un bel gruppo classe, in particolare io, Anna, Mattia e Lucia; ci vedevamo tutti i fine settimana per studiare e poi per uscire e andare dal nostro pizzaiolo di fiducia, che faceva una pizza straordinaria con la mozzarella che si scioglieva nella bocca non appena la si mangiava.
I primi tre anni sono stati i più semplici, ma dal quarto anno è stato tutto un percorso in salita, per Anna soprattutto. I problemi sono cominciati intorno al mese di maggio, quando durante la lezione di storia, lei si sentì male, ed ebbe forti giramenti di testa e abbondante perdita di sangue dal naso. Ovviamente per un episodio del genere non ci si preoccupa più del dovuto, infatti tutti dicevano: «Sarà perché non hai fatto colazione» o «Sarà un colpo di sole».
Gli episodi però si sono ripetuti, e avvenivano anche due volte al giorno, e dopo un mese in cui la sua salute peggiorava man mano, le consigliai di andare a farsi visitare all’ospedale che si trovava a pochi chilometri dalla scuola.
L’appuntamento era stato fissato di giovedì, e non appena uscimmo da scuola ci andammo insieme, perché preferiva avere me accanto al posto dei suoi genitori data la sua agitazione per quello che sarebbe potuto accadere; l’attesa era qualcosa di esasperante, e ogni minuto rendeva l’atmosfera sempre più pesante e stressante, fino a che da una porta uscì un dottore che chiamò Anna con voce calma e tranquilla, e mi aiutò a fermarmi e a eliminare tutti i pensieri negativi che avevo nella testa in quel momento. Per rispettare la sua privacy la aspettai fuori, ma la faccia che fece quando uscì da quella stanza non la dimenticherò mai, è stato uno dei giorni e dei momenti più brutti della mia vita; iniziò ad avvicinarsi lentamente a me, strisciando per terra le vans rosse che indossava ormai sempre, e con voce tremolante e rotta mi disse: «Mi dispiace dovertelo dire, mi hanno diagnosticato un disturbo della coagulazione chiamato trombofilia, e si presenta in uno stato alquanto grave».
In quell’esatto momento il mondo mi è crollato addosso, non sapevo cosa rispondere, cosa pensare, e nemmeno cosa fosse un disturbo della coagulazione. Mi spiegò poi che si verifica quando l’organismo non è in grado di produrre sufficienti proteine per avviare la coagulazione, in poche parole non riusciva a controllare la perdita di sangue dal naso, e che avrebbe dovuto prendere dei farmaci per evitare l’aggravarsi della situazione.
Cari lettori, ora vi risparmio ciò che accadde nei successivi anni, perché la cosa per cui ricordiamo oggi Anna non è solo per la splendida persona che è stata ma per l’opera di bene che è riuscita a compiere.
All’età di ventitré anni siccome la malattia era peggiorata in modo drastico decise di farsi ricoverare e di partecipare agli incontri che si tenevano in ospedale ogni pomeriggio, organizzati da un’associazione che aiuta i bambini con malattie gravi o problemi di salute. I due anni successivi li passò con questo gruppo che diventò per lei come una seconda famiglia, questo è ciò che mi raccontava ogni volta che andavo a trovarla; si interessò in particolare alla donazione degli organi, perché essendo consapevole di trovarsi in una situazione di salute grave, voleva far si che quando se ne sarebbe andata avrebbe lasciato un suo ricordo.
Lei mi lasciò, ci lasciò, il 13 Marzo del 2007 all’età di soli 25 anni; ciò che di lei resta ancora tra di noi, è il suo cuore, che è riuscita con grande fortuna a donare a una bambina che ne necessitava il trapianto, salvandole la vita.
La sua storia potrà sembrarvi una come tante, ma ciò su cui voglio farvi riflettere è che purtroppo la vita ci riserva strade talvolta in salita, talvolta in discesa, a volte lunghe, e altre molto corte come per la nostra Anna; ma nonostante questo non pensiate che lei non sia riuscita a essere felice perché è riuscita a provare spensieratezza e gioia anche in una situazione drammatica e veramente spiacevole.
Vi chiedo quindi di pensare ad Anna, e di ricordarla come una persona con un grande vissuto, ma soprattutto con un grande cuore.