Bentornato!
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Romance
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Fascia 13-15
Un amore sostenibile

Nei giorni successivi, raccontai a Jake di come ero scappata e della barriera.
«Perché mi chiamano ladra?» chiesi quando tornammo a casa con la spesa. Lui non rispose. Stava sistemando le poche cose che avevamo comprato, ed io mi avvicinai. Il volto era cupo, tuttavia non si voltò. Cercai di prendergli la mano, ma lui mi scansò «J-Jake?». Era la prima volta che lo faceva. Non lo conoscevo bene, ma ero lì da una settimana, e avevo iniziato a comprende i suoi modi. O così credevo. Aveva gli occhi leggermente arrossati, come se fosse sul punto di piangere. Sembrò capire che mi aveva spaventata, così distolse lo sguardo e, con voce fredda, disse «Ti avevo detto di coprirti il viso con qualcosa. L’aria lì fuori è irrespirabile. Morirai per mancanza di ossigeno se continui». Aveva ancora il suo pezzo di stoffa nera sul viso. Non aveva un’altra mascherina in casa, quindi sarei dovuta uscire per comprarne una.
«Scusa…» mormorai. Jake sembrò capire.
«Oggi ho il turno di pomeriggio, mi assicurerò che tu abbia qualcosa per coprirti entro fine giornata. Stai tranquilla» rispose mentre contava i soldi rimasti nel vecchio portafogli.
«Scusa se prima ho agito in modo brusco. Non sono abituato ad avere compagnia» spiegò mentre riponeva il portafogli nella tasca dei jeans e mi superava per andare in camera.

«Jake» lo chiamai voltandomi, e lui si fermò, ma senza farmi vedere il bel viso nascosto da uno straccio nero. Non sapevo che dire.
«Non…»

Non andare via.
Non respingermi.

Questo è ciò che avrei voluto dire. Tuttavia mi uscì solo: «Non hai risposto alla mia domanda».

Dannazione! Ma si può essere così idioti!?

Jake non si voltò neanche questa volta. Ordinò solo «Siediti» con le mani tremolanti. Obbedii. Mi sedetti sul divano morbido. Quel bel ragazzo alto, si decise a sedersi di fianco a me e ad abbassare la stoffa che lo copriva, permettendomi di vedere i lineamenti perfetti che contornavano il suo viso. Poi, guardandomi negli occhi, cominciò: «Le comunità, quando migrarono, sapevano che gli altri non avrebbero aderito a quel cambiamento. Perciò, rubarono della tecnologia avanzata per realizzare una barriera in grado di proteggere i loro progressi. Le autorità giurarono che, se qualcuno dell’Eco-city fossi mai venuto qui, lo avrebbero ucciso».

Non poteva essere vero. No.
Ecco perché non voleva che si sapessero le mie origini.

Non risposi, e lui non pretese che lo facessi. Jake distolse lo sguardo, ma io non feci lo stesso. Continuai a guardarlo, incredula e ammaliata. Ad un certo punto, mi strinse la mano. Fu solo per un attimo, ma fu come se il tempo si fosse fermato. Jake non mi diede il tempo di ricambiare: tremava leggermente, poi si alzò e si allontanò il più velocemente possibile da me. Nelle settimane seguenti, iniziare a capire come funzionava lì la società: era un completo disastro. Si lavorava tantissimo e Jake non era spesso a casa, inoltre i salari erano bassissimi. Senza di lui, mi sentivo persa.

Dopo appena un mese, mentre lui non era in casa, mi chiusi in camera e piansi. Piansi a lungo. Quando egli arrivò e mi vide in quelle condizioni, si avvicinò subito, si accovacciò e mise una mano sul letto «Che succede? Charlie ti ho disturbata ancora? Giuro che se è così, io…» si interruppe quando, fra le lacrime, presi la sua mano e la strinsi forte nelle mie.
«Voglio tornare a casa…» sibilai, immergendomi nei singhiozzi “ti prego, Jake, fammi tornare a casa…” lo pregai.

Sapevo che non sarei potuta tornare a casa a causa della barriera, eppure non smettevo di implorarlo mentre il mio viso bruciava.
«Quando sarà sbloccata la barriera?» disse dopo un po’, con un filo di voce come se, alzando leggermente il tono, avesse potuto spezzare la mia figura piccola e indifesa. Non so come, trovai la forza di pronunciare quelle parole «Il primo settembre, a mezzanotte…» e lui capì: sarei dovuta rimanere lì per un anno, prima di poter tornare a casa. Quell’anno, di fatto, non fu certamente migliore: vieni a sapere che un gruppo di colleghi Jake, aveva costruito un chip in grado di distruggere l’Eco-city, ma tutto ciò solo una settimana prima del viaggio che avrei dovuto fare per tornare alla mia amata città.

Era finalmente arrivato il mio diciottesimo compleanno: dovevo fare le valigie. Quando Jake torno a casa e mi vide, si sfilò la fascia che lo copriva e mi raggiunse con aria perplessa.
«Che diavolo fai?» chiese frettoloso.
«Preparo le mie cose, oggi è il mio compleanno ed è quasi mezzanotte» risposi in tono calmo. Ero un po’ dispiaciuta, perché Jake non mi aveva nemmeno fatto gli auguri.

«Non puoi farlo, non senza un avvertimento, e poi manca ancora un’ora» era agitato, si capiva.
«Jake, non posso aspettare, davvero» dissi con un sussurro. Allora lui, mentre mi voltavo di nuovo per mettere nello zaino le ultime cose, mi prese e mi strinse a sé, premendo le labbra sulle mie. Lui era così freddo e duro, ma in quel bacio c’era tutto il calore e la delicatezza del mondo. Non mi resi conto, fino ad allora, di quanto lo avevo aspettato. Le sue labbra soffici e sottili scivolarono via dalle mie, sospirando. Ci guardammo negli occhi, e fu lui, per la prima volta, a rompere il silenzio «Buon compleanno, Ellie…» bisbigliò piano.
Non riuscivo a parlare. Mi aveva incendiato la bocca, no, tutto il mio corpo era in fiamme. Il suo respiro era impresso nella mente. Il suo calore mi stava divorando. Volevo tornare a casa, ma volevo lui. Lo volevo ad ogni costo. Ma non riuscivo a ragionare: i miei pensieri sbocciavano più veloce della luce, e non riuscivo a stargli dietro.

«Mi dispiace, ma non posso lasciarti andare. I miei genitori sono morti cercando di uscire da questa città, non perderò anche te» queste furono le sue parole. Andai ancora più in confusione, ma una sola immagine popolò la mia mente: il chip. Se non fossi tornata a casa, avrei perso tutto. La mia città, la mia famiglia, i miei amici, i miei campi, la mia casa. Tutto. Jake mi fissava. Aveva capito che qualcosa mi turbava. Prima che potesse chiedermi qualunque cosa, chiesi «Jake, e il chip? Non possiamo lasciare che…» mi bloccai quando vidi nella sua mano dei pezzetti di silicio: ce l’aveva fatta!

«In questo modo saremo al sicuro» disse. Aveva davvero pensato a tutto.
«Jake, io e te non ci apparteniamo» risposi. Non volevo respingerlo, ma dovevo scegliere fra lui e la mia famiglia.

Il problema era uno:
io avrei scelto lui.

Lo avrei scelto sempre, sopra ogni cosa. Lo amavo. Lo amavo troppo per lasciarlo andare. Lo avrei convinto che il problema ero io, così sarebbe stato meno doloroso. Jake era totalmente pietrificato.
«Come?» chiese. Lo stavo rovinando. Mi stavo rovinando. Non potevo vederlo così.
«Io e te siamo due cose opposte».

Ti prego, fa che basti.
Ti prego, fa che basti perché non posso mentire ancora.
Ti prego, fa che basti perché non voglio vederti stare male per me.
Ti prego, fa che basti perché non passerà molto prima che ti dica che ti amo.

«Apparteniamo a due mondi diversi» conclusi, sperando con tutta me stessa di averlo convinto. Jake, invece, sembrò più determinato di prima. «Allora fammi entrare nel tuo mondo».

A quella frase, sgranai gli occhi, ma lui continuò «Portami con te: permettimi di conoscere la tua famiglia, i tuoi amici, di vivere la tua stessa realtà, di respirare la tua stessa aria e di mischiarla al tuo profumo ad ogni mio risveglio. Permettimi di affondare nei tuoi occhi profondi come il mare, di pettinare i tuoi capelli neri come il mondo che ci circonda e morbidi come la seta, permettimi di associare il colore dei tuoi vestiti ad un arcobaleno che spunta dopo un’eterna pioggia…» allungò una mano e la posò sulla mia guancia. «Permettimi…di guardare il tuo sorriso e di rifletterlo nei miei sogni più grandi, di viverti ogni giorno, di ammirare ciò che ho di più prezioso in un silenzio che solo noi possiamo capire, di guardarci e di creare una storia nostra, anche se è un po’ stropicciata dal passato, ma nostra». Poi, poggiò la fronte sulla mia e, in un sospiro, concluse «Non lasciarmi, te ne prego…» .

Non sapevo cosa fare, ma poi, appoggiai la mano sulla sua, quella che teneva la mia guancia. A quel punto, mi sollevai un poco sulle punte, non completamente, abbastanza da arrivargli a un centimetro dalla bocca, e lo baciai. Lui aspettava questo gesto da molto come me, la sua mano scivolò dalla guancia ai capelli, che la inghiottirono. Gli feci capire che non lo avrei lasciato, che avrei potuto avere sia lui, che la mia famiglia. Quando mi mancò definitivamente il respiro, lasciai a malincuore quelle labbra vellutate che mi chiamavano ancora, e dissi solo «Sbrigati, la mezzanotte sta per arrivare» e lui, con un sorriso, andò a prendere le sue cose.

Usammo una scorciatoia per non farci vedere dai poliziotti che avevano il turno di notte, ed uscimmo dalla città senza problemi. Raggiungemmo finalmente l’Eco-city: papà era ancora fuori e, quando mi vide, non riusciva a credere ai suoi occhi. Sbloccò la barriera e mi abbracciò con le lacrime agli occhi. Anche mamma, Sarah, Rebecca e James non ci credevano, erano super contenti di vedermi tornare. Gli presentai Jake, (James, all’inizio, non la prese benissimo) e gli raccontai del chip, di quello che avevo visto, e delle avventure vissute prima di tornare. Eravamo tutti molto felici.

Accarezzai la guancia della bimba che ora mi guardava con ammirazione «Wow, e così papà si trasferì qui?» domandò essa.
«Si, Lucy» risposi sorridendo e sistemandole una ciocca di capelli castani chiaro dietro l’orecchio.
Jake entrò assonnato «Ok, piccola, è ora della nanna!» disse. Poi, le sistemò il cuscino e le baciò la fronte piccina.
«Uffa, di già?» piagnucolò lei, poi si arrese «Va bene, buonanotte, vi voglio bene…» disse sorridendo.
«Anche noi, amore» risposi. Uscii dalla stanza e mi nascosi dietro al muro. Dopo neanche un secondo, sentii Jake dire: «Ok, piccola, fammi vedere cosa hai fatto per la mamma!» e sorrisi. Il giorno dopo sarebbe stato il mio trentunesimo compleanno, e non potevo desiderare vita migliore. Mi sbagliavo: il giorno in cui fuggì non fu la mia rovina, ma il mio errore più bello.

questo racconto ha partecipato al concorso Fictionforfuture
Pubblicato: 4 Maggio 2023
Fascia: 13-15
Commenti
Mi è piaciuta molto questa storia Quando lei vuole andare via ma lui no perché vuole una vita con lei, è lui vuole andare con lei è alla fine lo porta nella sua città, è arriva la fine che ti fa emozionare
07 maggio 2023 • 22:44
Mi è piaciuta molto questa storia Quando lei vuole andare via ma lui no perché vuole una vita con lei è alla fine si ritrovano insieme con una bambina
07 maggio 2023 • 22:42
la trama, intensa e accattivante, lo stile è asciutto e rende comprensibili i messaggi e le storie. Anche le descrizioni sono efficaci.
06 maggio 2023 • 19:15