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Fascia 13-15
Un alunno chiamato maestro

Tutto iniziò quella sera del 19 novembre. Era stata la mia prima volta a teatro, anzi andai già una volta al Teatro alla Scala di Milano ma non per uno spettacolo, solo per una piccola visita con la mia cara zia Virginia, la sua presenza rende sempre piacevole ogni momento. Ero in ansia per l’abbigliamento adatto da indossare, ricordo che mi ci vollero quasi due ore per sceglierlo; alla fine un’illuminazione mi convinse di vestirmi il più elegante possibile, e così feci. Erano quasi le cinque del pomeriggio ed ero già pronto e profumato, continuavo ad aspettare con ansia le sei e mezza per partire da casa e arrivare al mio liceo, cioè il luogo della nostra partenza e la nostra destinazione era il Teatro San Ferdinando di Napoli.

Durante il tragitto da casa a scuola ero in ansia ma allo stesso tempo felice per questa nuova e unica esperienza, in auto pensavo solo a questa uscita didattica e la interpretavo nel mio io come una serata magica. Appena arrivai rimasi in macchina con mia madre e mia nonna, aspettai che qualche mia compagna di classe oppure Giambattista, l’unico ragazzo della mia classe oltre me, si facessero vivi ma dopo quasi dieci minuti scesi, con molta calma ed eleganza poggiai i piedi per terra e vidi le mie compagne arrivare, ci raggruppammo tutti sotto un lampione di luce gialla sul marciapiede di fronte la scuola e lì le ragazze iniziarono ad adularsi a vicenda della propria bellezza, qualche complimento arrivò anche a me per i miei eleganti capi di vestiario: indossai uno smoking nero, semplice ma efficace come si suol dire. Ormai l’ansia era lontana, vedere persone di stile ricercato o quasi mi mise a mio agio, adoro gli abbigliamenti eleganti, amo la classe, infatti spesso provo a partecipare a eventi che la richiedono.

Qualche minuto dopo arrivò il professore Costantino Massaro, il mio docente di italiano, è grazie a lui se questa uscita a teatro è stata possibile, appena mi vide pronunciò una parola che fece traboccare il vaso: «Maestro» seguito da un inchino, ed è così che questo mio nuovo soprannome nacque. Ero scosso, non me lo sarei aspettato che il professore Massaro a primo impatto avesse dato quest’osservazione a me per il mio vestiario, e non fu solo quel momento in cui mi chiamò Maestro.

Con lo smoking riuscii ad attirare l’attenzione non solo del professore, ma di tutti gli altri miei compagni. Dopo aver controllato i vari permessi per accedere al teatro, ci siamo incamminati verso l’autobus, io e Giambattista eravamo seduti vicini, entrambi vestiti eleganti, con la camicia bianca e mentre stavamo parlando sentimmo la voce del professore al primo posto che mi chiedeva di andare avanti per fare delle fotografie al mio abito con più luce e più ammirazione, e in quel momento i complimenti per la mia eleganza volavano tra i posti del pullman, e io con molta timidezza riuscivo ad accettarli, sono quel tipo di persona che non riscontra problemi nell’esibirsi in pubblico, ma i complimenti sono tutt’altra cosa, sono ciò che gli altri pensano di te in quel momento, la mente umana tende spesso a cambiare idea, perciò è solo un’osservazione alla tua apparenza in quel momento, di poche persone sono i complimenti che accetto, e questo spesso mi commuove perché so che quelli sono i complimenti che contano più di tutti gli altri.

Arrivati a Napoli il professore ha iniziato ad adottare un atteggiamento diverso rispetto a quello che aveva con tutti gli altri, come se davvero fossi un maestro d’opera, e tutto ciò mi è sembrato parecchio insolito all’inizio ma poi retto il gioco, subito ne sono diventato protagonista, come una strada in discesa, ad esempio un momento in cui mi sentii davvero un maestro fu quando il professore Massaro alla fila del teatro urlò «Maestro!» e la fila si divise e mi fece passare in mezzo per arrivare al primo posto, mentre camminavo si sentivano i tacchetti delle mie scarpe nere e lucide toccare e suonare sul pavimento mentre la fila era in silenzio, sembrava una camminata sul tappeto rosso però senza scatti di macchine fotografiche ed urla delle ragazze pazze per te, sembrava proprio che fossi una persona famosa. Il teatro è un posto di grandi emozioni, secondo me è uno tra i migliori luoghi di condivisione per la cultura e grazie al teatro impari e scopri molto.

L’opera che vedemmo fu Tavola tavola, chiodo chiodo, un monologo di  Lino Musella in cui interpreta Eduardo De Filippo mentre si esprime sul teatro insieme a una figura immaginaria, un certo “Vittorio” il quale vorrebbe diventare attore ma de Filippo gli elenca qualche elemento a favore e sfavore, ma non sono qui per parlare a voi dell’opera.

Prima dell’inizio dell’opera il professore Massaro ebbe un’idea brillante: inscenare una “macchietta” cioè una scenetta di grande scherzosità in cui dovevamo far credere alle persone a teatro che io fossi una persona famosa, allora il professore ci spiegò come fare e obbedimmo, io dovevo essere il finto personaggio famoso e le mie compagne di classe erano delle “fan” che chiedevano fotografie con me e vari autografi che firmavo su un foglio di carta che il professore mi aveva fornito.

Ciò che mi rimase impresso fu l’osservazione del professore riguardo alla molta scioltezza nel mostrarmi in pubblico, aggiungerei di mia personale osservazione che mostrarmi in pubblico mi alleggerisce l’anima ed essere a diretto contatto con il pubblico, con un’opera teatrale che magari avrò modo di mettere in piedi, riuscendo a metterlo in condizione di immergersi nell’opera è uno dei miei più grandi sogni. Inoltre altra osservazione del professore è che mi ritiene un tipo che riesce a tener viva la scena, queste parole mi hanno aperto le porte a un nuovo obiettivo, voler partecipare a qualche rappresentazione teatrale, magari istituita direttamente dalla scuola, spero che il prima possibile possa intrattenere un pubblico con una scena teatrale.

Tornando a noi, adesso sapete il perché del mio nuovo soprannome, ovviamente ironico ma molto simpatico, ormai anche i miei amici mi chiamano Maestro perché ovviamente ho raccontato loro di questa interessante e divertente serata, la quale ha permesso di far crescere un nuovo ramo dell’albero della mia vita, l’amore per il teatro e per la spontaneità, l’unico valore reale e inestimabile dell’essere umano.

Il mio saluto per voi lettori è un ciao ma non un addio.

Pubblicato: 7 Dicembre 2021
Fascia: 13-15
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