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Fantasy
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Fascia 16-19
Re degli incubi

Il rudere che guardava dall’alto la cittadina addormentata puzzava di magia arcana, ricordando ad Abrahel tempi lontani. Lo spettacolo di quel giorno era stato un fallimento e, nonostante lui non potesse sanguinare, sentiva lentamente la sua essenza lasciare le proprie carni; avrebbe avuto bisogno di un ottimo spettacolo, che avrebbe coinvolto il pubblico, altrimenti le cose si sarebbero presto messe male. La fornace si stava indebolendo, e insieme a esse anche il potere suo e della compagnia stava diminuendo. Sentì l’anima del siniscalco prima del battito delle sue ali, si concentrò su quella figura dalla schiena arcata e dalle spalle curve, e comparò la complessità del suo corpo alla semplicità della sua anima, notando la sua completa apatia nei confronti del suo bizzarro volo e del suo atterraggio brusco e mancante di grazia. Il siniscalco atterrò alle sue spalle, come da copione, e Abrahel continuò a guardare la città, aspettando le parole che il suo sottoposto avrebbe pronunciato, con la stessa voce tonante e solenne con cui le aveva già pronunciate innumerevoli volte:

«Mio signore, la compagnia teatrale “Incubo” è pronta a partire e lasciare Pniugeralf, dopo il grande trionfo che è stato lo spettacolo di stanotte.»

Abrahel rimase in silenzio per qualche secondo per effetto drammatico, sapendo bene che né lui stesso né il siniscalco erano impressionati da questa farsa, e poi parlò con la sua voce limpida e suadente, che seppur molto più silenziosa di quella del siniscalco catturava l’attenzione del pubblico meglio di qualsiasi vocione di uomini più piccoli di lui che si illudevano di contare qualcosa:

«La fornace si sta spegnendo, lo senti bene quanto me, se non più di me, essendo tu uno dei suoi prodotti. La compagnia conoscerà presto la fine se non cambierà qualcosa, le commedie, le tragedie, persino le mie danze non sembrano più attirare il pubblico».

«Mio signore, nei secoli la qualità dei nostri artisti non è mai diminuita e lo stesso posso dire delle vostre opere e delle vostre performance, entrambi continuano a smuovere il pubblico, e la danza di oggi non era nient’altro che sublime, il terrore del giovane era stato semplicemente squisito mentre gli avete bucato le carni e l’intero pubblico era in preda a terrore e mestizia. È possibile, se non probabile, che la fornace, essendo una reliquia di tempi passati stia iniziando a diventare inefficiente e non raccogliere più pienamente le energie intorno a essa.»

«Hai ragione siniscalco, la fornace, come noi del resto, è ormai uno strumento mitologico per i nostri spettatori… eppure non è questa la ragione, mi avresti deluso, se non sapessi che stai mentendo, così tanti anni e non hai mai imparato a leggere il pubblico…»

Abrahel sarebbe stato quasi deluso dal comportamento del siniscalco se non fosse stato a conoscenza della sua natura.

«Sire, ci terrei a ricordarle che non dispongo delle vostre capacità…»

«Sicuramente non c’è bisogno di leggere le emozioni altrui per vedere come gli uomini che abbiamo davanti siano fermi e apatici, incapaci di provare una qualsiasi passione di rilievo, che davanti alla nostra arte non provano nient’altro se non emozioni superficiali, dimenticando tutto quello che hanno visto poco dopo essere usciti dal nostro tendone, neppure la danza di oggi, che è terminata con il mio atto di togliere una vita, non verrà ricordata quasi da nessuno, la maggior parte di loro l’ha purtroppo già dimenticata, e ormai gli unici che animano veramente il fuoco sono i bambini, ma anche il loro calore si sta affievolendo.»

Si fermò per qualche minuto, e poi si lanciò in strada, fondendosi prima al cielo notturno e poi alle ombre tra le case degli uomini dormienti. Incontrò diverse pattuglie per strada, ma nessuna di loro riuscì a notarlo, e quindi continuò a camminare tra le case dei cittadini, bevendo dai sogni intorno a lui; amori, terrori, paure e desideri, li gustava tutti mentre li assorbiva, e mentre lo faceva sentiva le forze tornare e le sue membra tornare forti, certo non forti quanto una volta ma, notò con sorda soddisfazione, sarebbero bastate per un’altra corta danza. Abrahel si fermò davanti a un edificio dall’aspetto freddo ma pregno di paure e terrore, schioccò le dita e il siniscalco gli apparì alle spalle:

«Prepara la compagnia, siniscalco, domani si va in scena ad Albadoro.»

La mattina successiva, un caldo sole primaverile sorse su Albadoro, illuminando la cittadina e i suoi abitanti, iniziando dalla sezione delle mura che guardava verso Est, lentamente avvicinandosi alla piazza al centro della città, che presto si sarebbe riempita di uomini, donne e bambini che ogni giorno andavano al mercato per comprare del cibo, dei vestiti o semplicemente per incontrarsi con qualcuno prima dell’inizio della giornata. Questa mattina però c’era qualcosa di speciale in quella piazza. Una figura, avvolta completamente da un mantello nero che lasciava solamente la testa al di fuori del suo tenebroso abbraccio, guardava la piazza da un tetto particolarmente sollevato rispetto agli altri. Abrahel guardava immobile la piazza sottostante, senza neanche muovere gli occhi, nonostante questi, insieme a tutta la sua faccia, fossero completamente coperti da una maschera nera che ritraeva un grottesco sorriso rosso spento. Abrahel però non aveva bisogno degli occhi per vedere tutto quello che stava accadendo intorno a lui: era stato notato, provocando stupore e inquietudine, e ora sempre più persone accorrevano alla piazza pur di vedere chi fosse la creatura misteriosa che li guardava dall’alto. Notò con soddisfazione alcuni anziani del villaggio raccontare vecchie leggende su figure simili a lui. Intanto la piazza si era quasi riempita e qualche uomo vestito di metallo e con i rozzi pezzi di ferro che di questo tempo gli umani usavano come armi. Queste però erano osservazioni futili, ed era ormai tempo di andare in scena: Abrahel mosse la testa come se stesse scrutando la folla e alzò prima il braccio destro e poi il sinistro, sollevando il suo mantello e mostrando le sue vesti rosso granata, lasciandole sullo sfondo nero del suo mantello e quindi, parlò:

«Gioite, o uomini e donne di Albadoro, la compagnia teatrale “Incubo” ha scelto la vostra città come nostro ospite di oggi e voi come nostri spettatori…»

La piazza si fece movimentata al suono di quelle parole, Abrahel non lo vide, ma lo sentì, grazie al dolce calore che producevano la paura e il terrore che si erano insinuati tra il popolo, e a rendere ancora più gustoso tutto quello c’era una piccola linea d’odio che sentiva emanare da alcuni membri della folla. Si concentrò per un attimo e sentì come la maggior parte di quello provenisse da un’unica anima; Abrahel si permise quasi un sorriso: questo avrebbe reso tutto molto più semplice; e dopo questa realizzazione cominciò a parlare.

«Siete tutti invitati a seguire gli spettacoli che realizzeremo oggi dal tramonto, fino all’alba di domani. Abbiamo però bisogno di un volontario, di uno di voi per il nostro spettacolo più importante di oggi…»

Abrahel guardò dritto con la sua faccia senza occhi il giovane e allungò il suo braccio destro vestito di rosso nella direzione della fiammella che odorava d’odio, e lo puntò con l’indice:

«Tu, giovane uomo, mi sembri proprio perfetto per questo ruolo, ti aspetterò nel tendone…»

Sentì la fiammella bruciare ancora più forte d’odio: ora era sicuro di aver fatto la scelta giusta.

«Tutto quindi è pronto, gioite perché i biglietti per lo spettacolo di oggi sono offerti dalla performance del vostro giovane compagno.»

Abrahel quindi si avvolse completamente nel mantello e scomparve dal tetto, manifestandosi nel tendone, al di sotto della fornace che dava vita alla compagina. Ora non restava che aspettare.

Abrahel si fuse alle ombre nel retropalco e aspettò il momento in cui la fiammella pregna d’odio si sarebbe presentata. Quel momento arrivò quando la luna era all’apice del suo cammino attraverso il cielo notturno, e il giovane, seguito da un grido della folla, entrò nel tendone con una spada in mano. Abrahel balzò sul palcoscenico, vestito nello stesso modo in cui si era presentato alla città nel mattino, e schioccò le dita. Sulla maschera comparirono due buchi, lasciando ai suoi occhi lo spazio per vedere, e una flebile musica iniziò a suonare.

«Bene, bene! Il mio compagno di ballo è arrivato e tutto è pron…»

Abrahel non poté completare la solita formula, in quanto la fiammella lo attaccò, cercando di colpirgli la faccio con la spada che aveva in mano sin da quando era entrata nel tendone. Abrahel bloccò il colpo con gli artigli in cui si erano trasformate le sue dita, la folla urlò e le fiamme della fornace si alzarono leggermente e il rosso dei vestiti di Abrahel divenne un po’ più acceso. Il giovane combatteva come un uomo che sapeva che sarebbe morto, cosa che, purtroppo per Abrahel avrebbe tolto un po’ di terrore dallo spettacolo, ma almeno lo avrebbe reso pregno di passione. Eppure si era recato al tendone. Le leggende sulla compagnia, o meglio i ricordi distanti di antenati passati avevano avvisato la città su cosa sarebbe successo se non avessero dato il volontario a Abrahel, e sicuramente avrebbero preferito la morte di uno di loro rispetto alla completa distruzione di Albadoro, e quindi avevano abbandonato uno dei loro compagni a morte certa. Lo spettacolo, nonostante il fatto che sarebbe stato mediocre come al solito, doveva continuare e quindi la battaglia senza speranza del giovane continuò, mentre Abrahel cercava di entusiasmare la folla con attacchi e schivate inutilmente complicate e acrobatiche. La folla però, reagiva in modo debole, come ormai succedeva abitualmente. Era tutto inutile. Abrahel guardò il giovane, e odorò la rabbia che questo aveva dentro di lui: il giovane non si meritava quella rabbia, la sua esistenza era stata inutile e sarebbe stata inutile anche se questa non stesse per finire. Abrahel aveva il diritto di essere arrabbiato: lui, creato per uccidere re, distruggere imperi e terrorizzare gli dei, ora ridotto a un nessuno che girava il mondo per sopravvivere, senza alcuna speranza di avere ciò che si meritava. Le emozioni che gli fluttuavano intorno erano blande, noiose e uguali da centinaia di anni. Qualcosa si ruppe dentro Abrahel. Abrahel si tolse la maschera e la lanciò sul palco, spezzandola, e poi guardò il giovane. L’odio dentro il giovane fu sostituito dal terrore, e lui si gettò a terra e iniziò a cavarsi gli occhi, cercando di eliminare dalla sua mente ciò che aveva appena visto. Una risata isterica si diffuse per le strade della città, e Abrahel la seguì. Questa notte avrebbe ricordato agli uomini cos’era il terrore. E forse avrebbe ricordato a se stesso cosa significasse vivere.

Pubblicato: 23 Maggio 2022
Fascia: 16-19
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