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Fascia 16-19
Promessa ai quattro venti

«Il rosso ti sta bene.»

Parole flebili sussurrate dolcemente si persero nell’aria, il vento d’autunno che passava attraverso le sottili tende poste alla finestra le trascinava via con sé, il soffice tessuto color pesca danzava con eleganza spinto dalla brezza fresca che profumava di miele. Nessuno sapeva il perché, ma quella piccola casetta sull’albero sembrava emettere sempre un dolce aroma da tutti i pori e crepe che si formavano nel legno rossiccio ormai invecchiato.

Mentre il vento bisbigliava incessantemente frasi incomprensibili attraverso la stoffa rosea, una ragazza dalle trecce corvine si ammirava allo specchio, un lungo vestito abbracciava le sue lievi curve delicatamente, facendo risaltare la pallida pelle da bambola di porcellana. Si rigirò su se stessa, e la gonna scarlatta dell’abito piroettò con lei. Cercò di guardarsi da più prospettive: da dietro, di lato, dall’altra parte. Ma l’incertezza che nuotava nei suoi occhi smeraldo non voleva andarsene.

«Tu dici?», chiese lei con lo stesso tono debole, arricciando il naso spolverato da leggere lentiggini mentre teneva fisso lo sguardo sulla sua figura. Nonostante i suoi sedici anni, ogni volta che si guardava allo specchio vedeva ancora il corpo di una bambina, per questo ogni vestito in suo possesso sembrava ricordarle la sua mancanza di femminilità e maturità.

Due occhi incuriositi ammiravano la scena, assieme alle calde sfumature che ricordavano il cioccolato si poteva notare il divertimento che provavano nel contemplare il tutto. Un’altra ragazza si trovava nella casetta, ma lei era tranquillamente seduta su una poltroncina verde piena di toppe colorate; i suoi stivaletti neri leggermente infangati contrastavano con le delicate ballerine della sua amica, anche quelle nere. Si passava lentamente le mani ossute tra i capelli castani, alcune ciocche leggermente più bionde risaltavano in quel mare color nocciola che ricadeva sulle sue spalle afflosciate.

Lei rispose con una risata silenziosa: «Ne sono sicura al cento per cento.», si alzò in piedi, stiracchiando le braccia snelle e le gambe lunghe, poi sospirò. «Forza, Vivy, ormai sono passate ore e ho visto ogni tuo singolo vestito. Giuro che questo qui ti sta benissimo, farai un figurone al concerto.»

«Mh…», la corvina si girò verso di lei. Cercò un’ombra di sarcasmo che solitamente copriva il viso della ragazza, ma l’unica cosa che riuscì a trovare era un velo di stanchezza trapassare il sorriso sincero che le stava offrendo.

Anche Vivianne – o Vivy, come l’aveva chiamata l’altra – sospirò, non ancora convinta della scelta, e passò attentamente le dita sulla gonna cercando di mandare via le leggere pieghe che trovava. Le sue mani accarezzarono la stoffa con una lentezza piena di indecisione, ma alla fine il colore intenso e vivace così simile al sangue riuscì a convincerla. Era vero, il rosso le stava bene.

«Okay, allora è deciso. Ora abbiamo il vestito, le scarpe e gli accessori, dobbiamo sperare solo che non vada tutto a rotoli», mormorò lei, cercando di calmare le mani tremanti e leggermente sudate. La sua mente le portò davanti agli occhi tutte le volte che i suoi concerti finirono in rovina: la vergogna portata dalle risatine e i sogghigni del pubblico era nulla in confronto agli sguardi freddi e delusi dei suoi genitori. I suoi occhi luccicavano di lacrime amare al solo pensiero. Rilasciò un lieve sospiro, e con voce tremante chiese: «Credi davvero che andrà tutto bene, Audrey?»

«Ovvio», rispose la ragazza con voce forte e decisa, neanche un minimo di incertezza presente nel suo tono determinato, «Ti sei allenata più di chiunque altro là dentro e ti ho persino sentita suonare di persona: so che ne sei capace. Sei letteralmente la violinista più brava che conosca, Vivy. E se quei rimbambiti dei tuoi genitori non riescono a capire quanto tu sia grandiosa, be’, peggio per loro!»

L’improvviso aumento di volume allarmò la ragazza già nervosa abbastanza, facendola sobbalzare e portare una mano per coprirsi la bocca. «Addie!», sussurrò in risposta attraverso le dita davanti al viso, «I miei potrebbero sentirci e sai bene che loro non approvano la nostra amicizia, se ti sentissero dire cose del genere la situazione peggiorerebbe e basta…»

La ragazza castana sbuffò, ma non disse nient’altro.

Secondi passarono, e la quiete avvolse completamente la stanza. Il vento si era ormai indebolito, il continuo ticchettio dell’orologio a cucù posto vicino alla poltrona rimbombava nel silenzio. Audrey osservò le lancette sottili muoversi lentamente: secondo dopo secondo, minuto dopo minuto. Sbadigliò, e alcune sue ciocche le caddero davanti agli occhi assonnati. Lei cercava di soffiarle via, ma presto capì che non sarebbe servito a molto dato che continuavano a cadere nello stesso punto, intralciando la sua vista. Si girò verso l’altra ragazza, notando come lei stesse pettinando i suoi capelli ora sciolti davanti allo specchio mentre canticchiava un dolce motivetto. La sua chioma scura era definitivamente più curata della sua criniera di leone.

Allora decise di rompere il silenzio: «A che ora è il robo?»

Vivianne si girò, alzando un sopracciglio fine al commento, «Be’, il mio concerto, se è quello che intendi, inizia alle nove e mezza precise. Però l’orchestra dev’essere pronta un’ora prima,» alzò lo sguardo verso l’orologio e vide che erano le quattro e un quarto,« spero solo di avere abbastanza tempo per prepararmi.»

«Ma sì, dai, te lo dico io che andrà benissimo. Poi cosa mai potrebbe succedere se anche tu sbagliassi?»

«Una volta ho suonato un mi al posto di un la e mia madre mi ha costretta a risuonare la canzone dopo il concerto. Ho dovuto suonarla per quasi tre ore. Di fila. Senza fermarmi», disse lei con uno sguardo impassibile, poi si ricordò di dover tenere il tono di voce il più basso possibile, e lo abbassò con timore. «Non sottovalutare cosa potrebbero fare i miei genitori per ricordarmi quanto io sia una nullità in confronto a mia sorella. Perché, come dicono loro, “una signorina per bene come Emily non sbaglierebbe mai in modo così vergognoso di fronte a centinaia di persone”.»

«Oh giusto, Emily.», sibilò la ragazza più alta a denti stretti, accentuando il nome della sorella come se fosse fatto di vero e proprio veleno. A volte si chiedeva come la povera amica riusciva a vivere con una famiglia tanto tossica ed essere comunque un angelo in carne e ossa. «Be’, sappi che io preferisco te a quella vipera dai boccoli finti. Tu sei la mia persona preferita, Vivy.»

«Anche tu sei la mia persona preferita, Addie», rispose lei, sentendo gli occhi pizzicare leggermente. Era bello sapere che almeno qualcuno l’apprezzava per quello che era veramente, e spesso si lasciava travolgere dalle emozioni quando la sua migliore amica le faceva complimenti. Anche un semplice “sono fiera di te” le faceva riscaldare il cuore, il quale veniva spesso ignorato quando si ritrovava intrappolata in casa, assieme a una famiglia formata da estranei che non la conoscevano neanche e non si sforzavano di creare un rapporto decente con lei.

Audrey cercò di scrollarsi di dosso la dolce sensazione che provò al sentire quelle parole e strinse le sue labbra in una linea sottile, ignorando il sorriso che si faceva strada sul suo viso. «Se quei due vecchi e quella strega ti danno fastidio, verrò subito ad aiutarti, lo sai vero?», colpì l’aria con il pugno chiuso, allungandosi in tutta la sua gloriosa altezza, «Sarò il tuo cavaliere dall’armatura splendente!»

Risatine di pura gioia minacciavano di scappare dalla bocca di Vivianne, la quale cercava di rimanere in silenzio. «Oh, il mio eroe!», seguì il gioco con piacere con voce drammatica, cercando di calmarsi.

L’amica sorrise, un sorriso sincero e candido. «Esatto», disse, allungando la sua mano verso quella più piccola dell’altra, poi allacciò i loro mignoli insieme, proprio come quando due bambini a un parco giochi fanno promesse che giurano di non spezzare mai.

«Vivianne, oggi io ti do la mia parola: farò di tutto per proteggerti, e mi assicurerò che nessuno ti farà del male, dovessi anche ferirmi io stessa.»

Purtroppo, però, tutti sanno che le promesse non vanno mai a finire bene.

Pubblicato: 16 Maggio 2022
Fascia: 16-19
Commenti
Il racconto mi è piaciuto moltissimo, il modo di scrivere è davvero coinvolgente! Già da questo inizio si può ben notare la caratterizzazione dei personaggi e il finale invoglia il lettore a sapere sempre di più cosa succederà. Molto bello :))
24 maggio 2022 • 18:57