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Romance
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Fascia 16-19
Paris

Parigi, Francia

La metro entrò in stazione provocando, come sempre, l’effetto stantuffo. L’aria entrò così veloce in banchina che fece svolazzare i fogli che un ragazzo aveva in mano e mosse i lembi di un impermeabile rosso vintage di una signora; la fermata della metro della linea 1, Tuileries, non era molto popolata: una coppia di turisti stava spuntando dalle scale sotterranee, si stava lamentando che si erano persi tre volte prima di trovare la linea giusta. Il problema della metro di Parigi era quello, si facevano chilometri e chilometri per i cunicoli tutti uguali. Le porte della metro si aprirono sferragliando riversando fuori passanti e pendolari, Cécile entrò sedendosi vicino al finestrino pronta a vedere la città che stava cominciando a svuotarsi con calma. Erano i primi giorni d’inverno, le giornate erano sempre più corte e cupe; di sicuro questo non era un problema per Cécile che amava l’inverno: il freddo, i maglioni colorati, le passeggiate solitarie per i giardini deserti del Louvre. Lei non era nata lì ma a Lille, una pittoresca cittadina a due ore da Parigi; casa le mancava. Le mancavano le viette silenziose e intrise di cultura, le mancava il mercato di fiori che era sotto casa dei suoi genitori, le mancavano i suoi amici, i suoi familiari, le mancava il saper dove andare, l’intimità della sua città. Si era trasferita a Parigi per studiare mediazione linguistica nove mesi fa ma non si era ancora abituata a una città sempre in movimento, piena di colori e luci, pullulava di vita e di giovani, una cosa che a Lille mancava era il caos, il movimento di persone piene di vita, piene di gioia.

La metro uscì dalla galleria, il vagone si inondò di luce. Erano le sei di pomeriggio, fuori non c’era più luce naturale, la Tour Eiffel aveva appena smesso di brillare ed era illuminata di una luce dorata. In un tratto di strada il treno passava vicinissimo a un condominio dove nessuno teneva le tende tirate; Cécile amava guardare all’interno di esse, immaginare la vita delle persone che ci abitavano, sfruttando il fatto che la metro si fermava a un semaforo in galleria: c’era, per esempio, un signore musulmano al quarto piano di un appartamento con il balcone pieno di piante che ogni sera verso le sei, sei e mezzo, si inginocchiava a pregare con il suo tappetino e la sua lunga tunica bianca. Cécile non era mai stata credente, ma a forza di vedere quell’uomo pregare ogni giorno si era ritrovata sempre più spesso a chiedersi cosa volesse dire credere incondizionatamente in un Dio, in una comunità che ti accoglierà sempre e alla quale potrai rivolgerti se ti senti perso, insicuro…

Il suo vicino, invece, era esattamente l’opposto, il balcone era completamente spoglio, le finestre sempre, costantemente, aperte come se fosse sempre giugno e sentisse il bisogno del sole che illuminava gli ambienti di casa; le pareti erano dipinte di un marroncino chiaro, aveva messo la cucina proprio davanti alla finestra. Quando il treno di Cécile passava lui lavorava ancora, aveva il computer aperto davanti a sé e a volte parlava al telefono camminando per tutta la stanza. Aveva l’impressione che quella persona fosse l’esatto opposto del suo vicino che pregava cinque volte al giorno.

«Questione di prospettiva», pensò Cécile.

Guardò l’orologio, alle sei e mezza doveva essere nella piscina vicino a casa sua ad allenare i bambini, piccoli pesciolini che cercavano di stare a galla schizzando acqua dappertutto; eppure quei bambini urlanti e senza speranze la riempivano di gioia come poche cose al mondo, special modo da quando era lontana da casa.

Nel suo tragitto verso casa sbirciava spesso in una piccola finestra all’ultimo piano di una palazzina studentesca: una volta aveva trovato una coppia, un ragazzo e una ragazza, che stava ballando per la camera, sorridenti e spensierati; lei studiava – o era appassionata – arte perché era spesso di spalle alla finestra davanti a una tela, a volte bianca, a volte colorata. Sembravano felici, soddisfatti di quello che avevano e grati di vivere in una città piena di magia e vita. Senza accorgersene la mente di Cécile volò verso una persona con la quale aveva condiviso molto e ora ne possedeva solo il ricordo e un libro che le aveva regalato prima che partisse. A volte, però, bisogna lasciar andare tutto: l’amore, gli amici, la propria casa, per trovare se stessi, creare se stessi e raggiungere la felicità incondizionata.

Una signora anziana si sedette davanti a Cécile e posò ai suoi piedi una borsa di tela dalla quale spuntava del sedano e si intravedeva la forma delle carote, le sorrise gentilmente e a Cécile ricordò in modo straordinario sua nonna. Aveva i capelli corti tinti di nero, le mani nodose e leggermente ricurve, occhi piccoli di un marrone molto chiaro, quasi grigio. Sorrise quando notò che la ragazza aveva osservato i due ragazzi con tenerezza e nostalgia.

«Strana malattia l’amore, per alcuni è immune, per voi giovani invece è come una fiamma che vi brucia dentro.»
Cécile distolse lo sguardo dal finestrino: “Già” sospirò, con il cuore gonfio di nostalgia. Stava pensando all’ultimo giorno che aveva passato a casa prima di trasferirsi: lui sarebbe partito il mese prossimo per la Germania. Nessuno dei due osò chiedere all’altro di partire insieme, non sarebbe stato giusto, entrambi avevano sogni e aspirazioni. Il loro futuro era già proiettato verso un’altra città, altre abitudini, già immaginavano le loro camere, i loro nuovi amici, la loro indipendenza, ciò che avrebbero costruito da soli. Anche se non c’era l’altro.
«L’amore, quella cosa che muove il mondo, che crea guerre e poesie.»

«È facile quando è sui libri, il problema è viverlo.»

La vecchietta sorrise, gli occhi erano tristi. «Sai, io ho amato moltissimo mio marito, il mio secondo marito, ma non sarebbe mai stato l’amore della mia vita. L’amore della mia vita morì un mese dopo il nostro matrimonio, era malato e lo sapevamo entrambi che avremmo avuto pochissimo tempo a nostra disposizione. A nessuno dei due importava però; l’unico mese che abbiamo passato insieme è stato il periodo più bello di sempre. La mia era un’altra epoca, ma il dolore di un cuore spezzato è universale.» disse la signora dolcemente.
«Wow! Non avevo capito di essere così trasparente e disperata” scherzò Cécile con un mezzo sorriso. Il suo tono non era di offesa o rimprovero, solo non aveva mai trovato nessuno che sapesse leggere le persone come libri aperti.

La vecchietta sorrise leggermente e scosse la testa: “Ho scritto i libri di altre persone per anni, dovevo carpire i loro sentimenti ed entrare nelle loro teste affinché fosse un successo. Una smisurata dose di empatia ha fatto il resto.»

La ragazza rimase impressionata da quanto una persona potesse capire di un’altra soltanto usando l’empatia, quel grande mistero di cui molti scarseggiavano. Rimasero in silenzio per dei minuti abbondanti, poi Cécile sentì il bisogno impellente di chiederle una cosa.
«È stata felice dopo? Con il suo secondo marito?»

«Molto! Ma questo non vuol dire che io non abbia mai dimenticato Jaques, o che il mio amore per lui sia cambiato. Ci vuole tempo, ma si supera.»

«Il lutto?»

Lei scosse la testa teneramente, a Cécile sembrava davvero di avere davanti sua nonna. «Un cuore spezzato» disse guardandola con gli occhi che brillavano leggermente. Ma forse erano le luci. «Anche il lutto» aggiunse dopo un po’ ridendo lievemente, anche Cécile rise.
Tornò a guardare fuori anche se non c’era proprio niente da osservare, poi le venne in mente una cosa che, chissà per quale ragione psicologica, desiderava chiedere alla signora.

«Alle superiori avevo una professoressa che diceva che il significato della vita era trovare qualcuno da amare – e che ci amasse – incondizionatamente, per tutta la vita. E anche i poeti sono d’accordo, gli sceneggiatori, i pittori, gli scultori.
Ma secondo lei qual è il significato della vita?»

A Cécile sembrava di aver trovato un’amica, una di quelle persone che da giovane si sedeva su una panchina al parco a leggere un saggio di filosofia o di psicologia e ne traeva le sue conclusioni, dopo, e solo dopo, le applicava alla vita.

«Anche i medici sono d’accordo. Sai, no? L’amore è la miglior medicina.» L’anziana signora sospirò e guardò un po’ fuori prima di rispondere, forse stava pensando bene a cosa dire. «Se chiedi a me, il senso della vita è lasciare un segno in ogni posto in cui si vada. Nelle persone, soprattutto. Se noi lasciamo un pezzo di noi nelle persone che amiamo, o anche semplicemente negli sconosciuti, diventiamo immortali. Prendi te stessa, come esempio, lui ti ha lasciato un segno dentro; qualcosa che forse andrà via col tempo ma una piccola traccia rimarrà per sempre. Eppure sei andata avanti.»

Cécile posò lo sguardo fuori dal finestrino, la metro si era fermata ed aveva aperto le porte con il solito sferragliare; delle persone si erano riversate nel vagone, altre fuori.

Scosse la testa e sorrise tristemente. «Non credo di essere andata avanti. È quello che ho detto a me stessa, sì, ma non credo fosse la verità». Mi sono immersa in una città nuova, ho trovato amici nuovi, decorato casa, cambiato gusto sulla musica ma secondo me non stavo andando avanti. No, no» disse Cécile guardando un punto fisso e scuotendo la testa. «Stavo scappando.»

«Scappando da cosa?»

Cécile rispose solo quando la metro si fu inoltrata nei cunicoli bui.

«Dal fatto che lo amo ancora.»

Dopo qualche minuto si alzò e salutò la vecchietta ma lei tese la mano per fermarla. «Gli amici e i fidanzati, vanno e vengono ed è giusto così ma chi sei tu in questo momento, nel presente, in questa città…quello non tornerà mai più. Investi in te stessa, il resto verrà da sé.»

«Grazie mille. Buona giornata!»

«Buona giornata.»

Cécile scese dalla metro e aspettò che il treno sparisse nella galleria – alzando il solito vento freddo – prima di prendere le scale. Mentre la metro spariva nel tunnel, in quell’esatto istante, decise che da quel momento in poi avrebbe vissuto in un modo assolutamente nuovo: più libera, più spensierata, più mirato a trovare se stessa, ciò che voleva essere, ciò che la rendeva felice, ciò che l’avrebbe fatta diventare come quella vecchietta: eterna!

Pubblicato: 28 Aprile 2022
Fascia: 16-19
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