Sono seduto su un tappeto rosso morbido e caldo. Muovo la macchinina verde un po’ vecchia e con le ruote storte avanti e indietro con un movimento regolare. Non riesco a capire perché mi abbiano portato in questa stanza piena di giochi, con una grande scrivania bianca e una sedia enorme che sembra molto comoda, io non ho fatto niente di male e ho provato a dirlo ma nessuno sembra volermi credere. Ho solo 7 anni, come possono credere che sia stato io a uccidere la mia sorellina? Non è colpa mia se l’acqua della vasca era troppo alta! Mi alzo dal tappeto e vado a sedermi sulla grande sedia e guido l’automobile tra le pile di libri del signore con gli occhiali. Appena l’uomo rientra nella stanza scendo dalla sedia e corro a sedermi sul tappeto. Mi aveva detto che potevo giocare con quello che volevo ma non credo di potermi sedere sulla sedia grande. Prima ha detto che loro sanno tutto e che può aiutarmi anche se io non ho capito in che modo. Dov’è la mia mamma? Perché non viene a prendermi? Quando è entrata in bagno e ha visto Sara nella vasca ha iniziato a urlare e piangere e io ho capito che anche se aveva sei mesi ancora non sapeva nuotare. Allora perché mamma non era contenta? A cosa serve una bambina che piange sempre e che non sa nemmeno nuotare? Ci avrebbe solo rovinato le vacanze che facciamo ogni anno nella casa al mare dei nonni. «Signore, quando posso andare a casa?» Il signore con gli occhiali sorride e si siede sulla grande sedia che è comoda proprio come sembra, ma non mi risponde. Quando sarò grande avrò anche io una sedia così bella e morbida! Qualcuno bussa alla porta ed entra senza aspettare il permesso del signore con gli occhiali, è un agente di polizia. Lo riconosco perché è vestito nello stesso modo degli uomini che stanno vicini alle porte dei grandi negozi. Aveva anche una pistola! Che bel lavoro il suo! Mi avvicino e allungo un braccio per poter toccare l’arma, mi sono sempre piaciute le pistole e il rumore che fanno. Ne volevo una con tutto il cuore ma l’uomo mi blocca la mano e mi spinge via: «Che diavolo ti salta in mente, ragazzino? Torna subito al tuo posto». «Agente si calmi, è solo un bambino curioso. Teo, torna qui così possiamo riprendere con le nostre domande.» Faccio come mi dice mentre la rabbia e la gelosia mi salgono in corpo, perché lui può avere una pistola e io no? Cos’ha lui di diverso da me? Quella pistola sarebbe stata mia prima o poi e grazie a quella avrei potuto controllare se sapeva nuotare oppure se era inutile come la mia sorellina… Potevo fare la stessa prova con tutti e chi avrebbe vinto sarebbe diventato mio amico! Sì, è un’ottima idea, devo solo prendere l’arma che l’agente protegge con tanta cura. Sono pronto a compiere un secondo tentativo quando la porta della stanza si apre per la seconda volta ed entra una suora. Sono sempre stato affascinato dalle suore perché mi sembrano dei grandi pinguini silenziosi e gentili perciò mi avvicino a lei e la saluto felice «Ciao signora suora! Perché è qui anche lei? Vuole giocare con me? Oppure mi porta a casa da mia mamma?» «No caro, sono qui per ascoltare ciò che hai da dire al dottore, ti va bene?» Annuii felice, sembrava molto simpatica. «Signor agente potrebbe aspettare fuori dalla porta?» chiede il dottore «Come ben sa il vincolo della segretezza professionale non può essere infranto.» L’agente esce dalla stanza ed io nel frattempo seguo con gli occhi la pistola che non posso più prendere… Il dottore mi fa tante domande, ma parlare con lui è divertente e io rispondo mentre provo tutti i giochi della stanza. Mi chiede il mio colore preferito, il giorno in cui era nata mia sorella, la mia data di nascita, il colore del vestito che aveva mia sorella quando mamma l’aveva trovata nella vasca, il mio giocattolo preferito e se la sua nascita mi aveva reso felice. «No, quando papà ha aperto la porta di casa con lei in braccio sono andato in camera mia perché non volevo vederla. Per quale motivo la cicogna aveva deciso di farla uscire dalla pancia della mamma? Non poteva stare lì dentro per sempre? Non volevo dividere le attenzioni di mamma e papà con una bambina piccola e capricciosa. Ho imparato a giocare da solo perché ogni volta che andavo da mamma per giocare con lei era occupata con la sorellina e non poteva lasciarla sola, papà invece usciva la mattina presto e tornava quando io dovevo fare i compiti perciò non potevo mai giocare con lui.» Mentre parlo e gioco il signore con gli occhiali scrive in un quadernino nero e la suora mi guarda e annuisce piano con la testa. Dopo poco escono entrambi dalla stanza io rimango solo con l’agente che è appena rientrato, ho perso interesse per la sua pistola così mi avvicino alla mensola dei pupazzi e inizio a guardarli incuriosito. Ci sono tanti animali, c’è il leone, la giraffa, il pesce Nemo, l’elefante, il gatto e un delfino azzurro molto bello che prendo in mano. Lo guardo con attenzione ma vicino e mi accorgo che gli manca un occhio. Poverino! Come fa a nuotare nel mare e a fuggire dagli squali cattivi? Porto il pupazzo nel tappeto e mi siedo con lui, ma mi rialzo subito perché la suora è rientrata e ha in mano il mio giubbottino nero, mi fa cenno di avvicinarmi a lei e io lo faccio. «Verrai con me Teo, conoscerai le mie sorelle e gli altri bambini che vivono con noi.» Mi metto il giubbotto e seguo la suora gentile per le scale tenendo nella mano destra il pupazzo del delfino. Mi fermo appena fuori dal portoncino, guardo il cielo coperto dalle nuvole scure e poi la suora. «Quando viene mamma a prendermi?» «Tra qualche giorno Teo.»


