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Avventura
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Fascia 16-19
Marinare la scuola

Un giorno decisi di “marinare” la scuola. Mi aveva sempre affascinato farlo, poiché potevo assaporare il gusto del proibito senza mettermi nei guai. Ero convinta però che saltare un giorno scolastico volontariamente fosse una cosa da fare con parsimonia. Per questo motivo mi ero autoimposta di non “marinare” la scuola più di una volta all’anno. Quando lo feci, però, organizzai tutto nei minimi dettagli.

Era un mercoledì, avevo sei ore di scuola (tra cui fisica e latino), e come in una giornata qualunque uscii di casa per dirigermi verso la scuola. Davanti bar vicino la scuola mi stava aspettando Alberto, un amico con il quale avevo deciso di trascorrere la giornata insieme. Salimmo sull’autobus per andare alla stazione. Notammo che la gente la quale usava i mezzi dalle 8.00 in poi era molto più calma. Le poche persone frettolose erano quelle in ritardo. Alberto controllò il registro elettronico: ci avevano segnato l’assenza. Chissà quando i nostri genitori lo avrebbero notato. Non ci importava. In ogni caso, Alberto e io avevamo deciso di confessare tutto verso le 11.00, sperando si arrabbiassero di meno. Aveva senso? Non lo sapevamo, inoltre non ci importava.

Quando arrivammo alla stazione comprammo i biglietti per un paesino. Non ci importava quale fosse, volevamo solo che fosse un paesino antico. Non saprei dire perché, ma i paesini mi hanno sempre affascinato. Forse perché, in media, il contatto con la natura è più presente; oppure perché c’è più tranquillità, o, ancora, perché esiste un senso di appartenenza la quale in città manca. Ad ogni modo, dopo una rapida ricerca su Google, per decidere quale meta fosse la più antica, comprammo il biglietto.

Il treno sul quale ci sedemmo, per nostra fortuna, era pulito. Alle 9.45, quando partimmo, non c’era molta gente. Quando arrivammo eravamo stranamente euforici. Abitando in una grande città, non riuscivamo a immaginarci come potesse essere la vita di un borgo. Nella piazza, l’unica che c’era, si affacciavano un bar, una sala giochi, una macelleria e un fornaio. Dalla cartina esposta davanti alla stazione Alberto aveva notato che c’erano pochi altri negozi sparsi per il centro abitato. La prima cosa che ci colpì, però, fu la mancanza dei marciapiedi. Ciò ci disorientava parecchio. Dopo un po’ per fortuna ci abituammo.

Alberto, il quale era un appassionato di storia dell’arte, iniziò a spiegarmi l’architettura del posto. Parlò della tipologia delle mura delle case, a quando ipoteticamente potessero risalire, perfino del materiale utilizzato durante il processo di costruzione. Quando trovammo una chiesa, mi costrinse a entrare. Alberto aveva sempre avuto una passione per le chiese. Secondo lui, si trovavano le migliori opere, poiché per secoli le persone hanno investito denaro affinché fossero dei bei edifici.

Dopo la lezione sulla chiesa, era arrivato il momento di chiamare i nostri genitori. I miei non si arrabbiarono troppo, quelli di Alberto un po’ di più. Per non farli alterare maggiormente, decidemmo di tornare. Quando fummo in treno, Alberto si addormentò. Io invece riflettei sulla giornata appena trascorsa. Per molti magari era un semplice giorno di scuola saltato, una “ragazzata”. Per me invece è stato un momento di libertà, un giorno in cui ho potuto dire di aver vissuto davvero, dopo tanto tempo. Quando tornai a casa ero molto stanca. Mi addormentai, cercando di dimenticare che il giorno seguente la mia vita sarebbe ritornata monotona.

Pubblicato: 6 Maggio 2023
Fascia: 16-19
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