Era il venticinque giugno del duemilasettanta e il caldo cocente dell’estate inoltrata si abbatteva su di Eris senza pietà. Se lui si fosse messo sotto i portici del centro cittadino o all’ombra dei tanti alberi che riempivano di verde le vie della città, non avrebbe patito il caldo, ma tutto ciò in quel momento non gli interessava. Se ne stava lì, in mezzo alla piazza, seduto sul piedistallo di una statua, a farsi cuocere dal sole. Il sudore e la luce accecante erano adatti al suo sconforto, alla sua delusione. Non aveva superato l’esame per diventare insegnante, per un punto non l’aveva passato! Eppure si era impegnato, aveva faticato per prepararsi al meglio, ma niente, non ce l’aveva fatta. Diventare insegnante era il suo sogno fin da bambino, quando andava ancora alle Scuole Elementari e aveva conosciuto il Maestro.
Nonostante Eris fosse il figlio di un Inquinatore, il Maestro lo aveva amato come amava tutti i suoi studenti, dal primo all’ultimo, e gli aveva insegnato a essere un buon cittadino, a rispettare gli altri e la natura, a essere altruista e accogliente. Gli aveva anche spiegato le operazioni matematiche, l’alfabeto, la letteratura antica e come utilizzare in modo corretto l’intelligenza artificiale; tuttavia quello che Eris aveva imparato maggiormente dal Maestro era il rispetto, verso tutto e tutti, anche chi aveva commesso un torto, come gli Inquinatori. Eris ricordava bene quando il Maestro gli aveva narrato la storia del mondo, come se fosse stata una fiaba. Con tutta la classe che lo ascoltava, aveva parlato della crisi ambientale degli anni Dieci e Venti, che era culminata nella Catastrofe del duemilatrentadue. Milioni di persone erano morte per le alluvioni, la siccità, gli uragani che avevano devastato diverse regioni della Terra. Molte città erano state distrutte o sommerse dal mare e solo pochi Stati erano stati risparmiati. Lì si erano trasferiti i sopravvissuti alla Catastrofe, che avevano creato un Governo Mondiale eletto democraticamente e avevano messo fine a tutte le guerre e le contese per concentrarsi sul cambiamento climatico. Una nuova classe dirigente, formata dalle nuove generazioni, aveva preso misure coraggiose per combattere il riscaldamento globale: era stata fermata l’estrazione di combustibili fossili ed erano state costruite nuove centrali elettriche rinnovabili. Erano state piantate nuove foreste nei territori devastati dalla Catastrofe ed erano state create molte riserve naturali. Le ricerche spaziali, inquinanti e considerate superflue, erano state interrotte e tutti i ricercatori avevano temporaneamente dedicato le proprie energie alla lotta contro il cambiamento climatico, inventando nuovi materiali resistenti e biodegradabili, che avevano sostituito definitivamente la plastica, e trovando il modo di immagazzinare l’anidride carbonica presente nell’atmosfera.
La fame era stata sconfitta grazie alla diminuzione della popolazione mondiale causata dalla Catastrofe e ad alcune coltivazioni pubbliche gestite da automi, i cui prodotti venivano distribuiti a chiunque ne avesse avuto bisogno. Erano state inoltre potenziate le scuole, così come gli ospedali. Infine, tutte le persone che avevano contribuito maggiormente con le loro scelte alla Catastrofe, pensando solo al profitto, erano state processate da un tribunale apposito. Tra questi c’era il padre di Eris, ai tempi un giovane uomo d’affari senza scrupoli. Gli Inquinatori, così erano stati chiamati, avevano perso tutti i loro beni, ma era stato deciso di non incarcerarli. Alcuni si erano inseriti nella nuova società, contribuendo all’innovazione tecnologica necessaria a contrastare il cambiamento climatico; altri, invece, come il padre di Eris, si erano rifiutati di collaborare e si erano rintanati nel silenzio e nell’astio.
Tuttavia, con il passare degli anni erano aumentate le tensioni fra il Governo Mondiale e gli Inquinatori. Questi ultimi, dopo molte manifestazioni e scontri, avevano creato un loro esercito per riprendere il potere con la forza. Fortunatamente, era stata evitata la guerra attraverso alcuni negoziati, nei quali le due parti erano giunte a un accordo: le esplorazioni spaziali sarebbero ricominciate, ma nel rispetto dell’ambiente, e, una volta possibile, gli Inquinatori che lo desideravano sarebbero andati a vivere sulla Luna. Quando gli scienziati avevano trovato il modo di produrre acqua e cibo artificialmente, partendo da elementi presenti sulla Luna, molti Inquinatori e altri avventurieri erano potuti partire. Solo alcuni Inquinatori erano dovuti rimanere sulla Terra perché affetti da malattie che non avrebbero consentito loro di vivere sulla Luna. Questo era il caso del padre di Eris, il cui risentimento verso il Governo Mondiale era solo aumentato dopo il divieto di partire.
Da quel momento si erano formate due società: una, quella terrestre, aveva come valori principali il rispetto e l’altruismo ed era formata da persone che sapevano accontentarsi di quello che avevano; l’altra, quella lunare, era formata da avventurieri senza scrupoli, menti brillanti e amanti delle sfide, tutte persone competitive che credevano che la felicità e il successo fossero legati strettamente. Ogni anno un gruppo di ragazzi terrestri partiva per la Luna. Spesso erano i più brillanti e spregiudicati, che lasciavano la famiglia per scelta. Allo stesso tempo, le persone troppo anziane tornavano sulla Terra. Alcune invenzioni lunari venivano adottate anche sulla Terra, dopo un’attenta analisi del Governo Mondiale, e ogni tanto i lunari avevano il privilegio di mangiare il cibo terrestre, molto più gustoso rispetto a quello lunare. Era dal duemilacinquantadue che l’umanità si era divisa in due e questo permetteva a ognuno di scegliere dove vivere. «Così abbiamo vinto la sfida climatica», concludeva il Maestro ogni volta che gli alunni gli chiedevano di raccontargli la storia del mondo. A Eris sarebbe tanto piaciuto narrarla anche lui e insegnare agli alunni a diventare dei buoni cittadini. Ma non aveva passato l’esame e avrebbe potuto rifarlo solo dopo tre anni. E chissà se sarebbe riuscito a passarlo.Sconfortato, Eris si alzò e si diresse verso la casa del Maestro, per raccontargli il suo fallimento e cercare un po’ di conforto. Il Maestro infatti era una sorta di padre per Eris e riusciva sempre a motivarlo quando stava per arrendersi e a consolarlo nei momenti di difficoltà. Suo padre, invece, viveva nel passato e nell’astio e proprio non lo capiva quel figlio che aveva assimilato i valori della nuova società e si era addirittura messo in testa di diffonderli diventando insegnante. Suo padre aveva addirittura provato a ostacolarlo nello studio, disturbandolo con rumori fastidiosi e assegnandogli incarichi domestici proprio mentre lui si stava finalmente concentrando. Era stato anche a causa sua che Eris non aveva passato l’esame.
Mentre con la mente affogava nello sconforto, Eris uscì dalla cittadina lungo un viale pieno di auto elettriche e di ragazzi in bicicletta e si diresse verso una collina situata appena fuori dall’abitato. Dopo aver preso una strada sterrata che si inoltrava in un bosco di eucalipti, Eris svoltò in un sentierino molto ripido e, dopo dieci minuti, arrivò in una radura. In fondo a essa era situata la casa del Maestro, davanti alla quale c’era un orticello pieno di pomodori e di zucchine. Sul tetto della casa c’erano dei pannelli solari e sui muri in pietra dell’abitazione si arrampicava una pianta di gelsomino.Eris suonò il campanello, ma nessuno gli aprì la porta. Mentre il ragazzo, frustrato, si preparava a tornare in città, il Maestro uscì dal bosco con in mano un cesto pieno di fragoline. Appena vide Eris, lo salutò con affetto e lo invitò a entrare in casa. Quando però, avvicinandosi al ragazzo, il Maestro vide che aveva pianto, capì che era successo qualcosa. Allora istintivamente si avvicinò a Eris e lo abbracciò. Era quello di cui il ragazzo aveva bisogno, e il Maestro lo aveva intuito. Restarono lì alcuni minuti, con Eris che piangeva a singhiozzi e il Maestro che lo lasciava sfogare. Quando finalmente Eris si calmò, il Maestro gli chiese la ragione del suo pianto. L’aveva già intuita, ma voleva che fosse il ragazzo a spiegargliela. Dopo che Eris terminò il racconto, scoppiò a piangere nuovamente. Il Maestro aspettò che il ragazzo si rasserenasse, poi gli parlò così: «Eris, mi dispiace molto. Oltre a consolarti, però, c’è qualcos’altro che posso fare per te. Hai presente i bambini lunari che si trasferiscono sulla Terra con le loro famiglie?» Eris annuì. «Ecco, questi bambini hanno bisogno di un orientatore, qualcuno che li aiuti a orientarsi nel nuovo mondo. Devono frequentare scuole diverse da quelle lunari, imparare l’accento terrestre, conoscere una nuova città e nuove tradizioni. Gli serve qualcuno che spieghi loro che cos’è il rispetto dell’ambiente, visto che sulla Luna non hanno mica studiato cosa significa. E poi, per esempio, sanno tutto riguardo all’intelligenza artificiale, ma devono imparare ad andare in bicicletta e a nuotare. E infine…» Il Maestro abbassò la voce. «Sulla Luna li abituano un po’ troppo a odiare. Devono imparare ad amare…».
A questo punto il Maestro si fermò, malinconico. Poi riprese a parlare: «Ti chiederai perché ti stia dicendo tutte queste cose. Il fatto è che io sono il responsabile di un progetto del Governo che punta ad aiutare i bambini lunari che si trasferiscono sulla Terra. E mi servirebbero dei nuovi orientatori. Pensavo a te, Eris. Tu, che hai sempre voluto diventare insegnante, per insegnare alle nuove generazioni il rispetto e l’altruismo. Tu, che hai sperimentato cosa vuol dire essere diverso dagli altri bambini, sentirsi in difficoltà perché si è figli di un Inquinatore. Non ti avevo proposto di diventare un orientatore perché sapevo che il tuo sogno era fare l’insegnante, ma ora… Poi, penso che più che insegnare una materia, tu voglia aiutare le altre persone. Non è così?» Eris, che era stato in silenzio fino a quel momento, annuì. «Poi ovviamente per diventare orientatore dovrai passare un esame, non ti assumo di certo solamente perché ti conosco. Non sarebbe corretto», precisò il Maestro. «Ma sono certo che ce la farai a superarlo e diventerai un ottimo orientatore». Detto questo, il Maestro cambiò argomento: «Ho trovato un posto nel bosco pieno di fragoline. Guarda quante ne ho prese!». Indicò il cesto che aveva appoggiato per terra. «Ci vogliono venti minuti ad arrivarci. Se vuoi, te lo faccio vedere». Una bella passeggiata nel bosco era proprio quello di cui Eris aveva bisogno. Accettò con piacere l’invito e, dopo che il Maestro ebbe portato in casa il cesto pieno di fragoline, i due si avviarono verso il limitare della radura e presto scomparvero nel fitto sottobosco.