Venne la notte.
Con essa il silenzio e i sogni di ognuno. Brevi come un respiro oppure di lunga durata come un uragano, ma qualunque sia il loro tempo e il loro spazio, fuggono via dalle menti e dal precario controllo, per rintanarsi, sparire, dissolversi, appena la mente nostra si sarà destata, lasciando o nessuna traccia di ascolto e di immagine oppure dimenticando di tramutarsi in qualcosa di più o di meno: ma questo tocca a tutti «deciderlo».
Ero presa a controllare i bottoncini del mio tubino zaffiro intenso, quali possono parere in certi momenti le mie grandi, profonde e singolari iridi, che non mi accorsi della gentile signora che mi stava parlando, al contrario notai di aver dimenticato la mia ventiquattrore, di forma diversa da quelle comuni (e differente anche per funzione), aperta; quando la mia attenzione fu richiamata dallo sguardo fulmineo e infastidito della signora, che teoricamente mi stava parlando.
«…presentati agli altri.»
«Uhm, sì, cosa?»
« Presentati!»
«Ah giusto, certo… – sorrisi falsamente perché la cosa, pur non volendo ammetterlo, mi imbarazzava un po’ più del giusto -scusatemi» continuai. Mi schiarii la voce tossendo: «Salve a tutti, sono Kate Smith, agente del Dipartimento di ricerche sul paranormale – come se la normalità fosse catalogata e uguale per tutti e ovunque, bah…» «Scusi, come?» chiese un ragazzo, seduto in ultima fila. «No, niente.» E lui: «Questa è pazza!» sbuffò. Continuai non curandomene. «Ok, dopo di lui c’è qualcun altro che vuole commentare o posso andare avanti?»
Calma piatta.
«Come dicevo, potete abbreviare tutto in ADRP o come preferite… dunque, sono stata contattata dal direttore per parlarvi delle mie esperienze, e molto probabilmente come vostra informatrice, se “insegnate” non vi piace, principalmente sulla gemmologia, miti, leggende e… altri fatti.
Dato che non sono a conoscenza delle vostre idee e formazione sull’argomento spiegherò tutto dal principio.
Come forse alcuni di voi sapranno, le gemme, soprattutto, insieme ad altri oggetti, simboli e colori, hanno riferimenti simbolici, spirituali, e spesso sono adornate da leggende.
Perciò, con me, vedremo d’ora innanzi, sia la parte scientifica e tecnica (volendo anche pratica) sia la sfera più astratta, che ho imparato a mie spese a non sottovalutare, come si è soliti fare.
Essendo agli albori, vi racconterò una leggenda. Mi raccomando ascoltatemi, non prendete appunti! Fermo, tu! Seguitemi e se vi va chiudete gli occhi per immaginare meglio.»
Mi fermai un secondo.
«Allora, ciò che sto per narrarvi non ha nulla di estremamente originale, ma non perché non sia un fatto nuovo, semplicemente perché non ha a che vedere con l’origine dell’universo, del tempo e dello spazio, che conoscete o che è conosciuto, quindi non materializzate nulla, non datene una forma; nonostante le mie parole possano trarvi in inganno.»
Feci un respiro profondo e iniziai: «In principio, c’era il vuoto, il buio, l’oscurità, il nero, vi era il tutto racchiuso in un vortice di nulla e il nulla era di forze statiche ma non per questo immutabili. Ora le chiamerò “forze” ma non hanno un’entità ben precise.
Come tradizione o forse anche per concetti scientifici, veniamo a credere che nel nero ci siano tutti i colori, con le loro migliaia di sfumature, quindi il nero funge da contenitore, come per la “conchiglia” che cela al suo interno la perla.
Tuttavia, è in parte vero, perché all’inizio il nero, le tenebre celavano ogni cosa, secondo varie pergamene, libri, enciclopedie e aedi (quindi lascio a voi giudicare l’affidabilità della cosa) il buio è sia spazio che tempo.»
Mi fermai e chiesi se fino a quel momento fosse tutto chiaro, ottenuta l’approvazione di tutti, ne fui in qualche modo sollevata perché come dico sempre io: «Meglio avere un combattente con corpo, mente e spada affini, che (avere) un giglio con gli spini». Forse lo starete trovando buffo, ma è un motto che ho ideato io, in un episodio molto singolare, che non sto qui a raccontarvi, che potete «tradurre» comunque con qualcosa tipo «meglio prevenire che curare».
Pensato ciò ripresi la mia «lezione». «Ricordate: il buio è tutto. Quindi non ne abbiate timore, altrimenti avrete paura anche di voi stessi; tenetelo a mente. Non si è a conoscenza del quando, ma del come e del motivo probabilmente di più; ci fu, come dire, una “ri-tinteggiata” nel nero (le cui ipotesi e opzioni analizzeremo a seguire) che portò a far comparire nel tenebrore – che era stato, è e sarà – quasi dal nulla, o forse è il caso di dire per “magia” – dissi accentuando l’ultima parola facendo virgolette – prima un’enorme, di dimensioni immaginabili e dannose per l’occhio umano, esplosione di colori.
Da qui si formarono delle sfere di grandezze esorbitanti, quaranta per l’esattezza, erano le principali e di cui abbiamo conoscenza; purtroppo per cause ed eventi che non posso spiegarvi al momento, si decimarono fino a distinguerne dodici: dieci tendenti al nero e due dorate o ambra…»
Sussultai a causa di un violento capogiro, ma provai a riprendere invano, perché ebbi improvvisamente la sensazione di avere sia estremamente caldo che freddo… poi il nulla. La signorina Smith fissava il vuoto, con occhi grandi e senza anima, le labbra leggermente socchiuse come a volerci dire qualcosa, i capelli che fluttuavano e con essi la sua intera figura e infine rimembro ancora solo quell’immenso bagliore proveniente dalle bifore della stanza a «resettare» tutto, e tutti, soprattutto. Buio. C’è il Buio. Vedo il Buio. Lo sento. Lo percepisco, ne sento il suo sussurro lieve, sospiroso quasi bizzarro ma malizioso: «Tu sei Etak Hism». Queste sillabe, questo nome, questa frase così ambigua, non avrei mai pensato che mi avrebbe condotto alla «mia» schietta realtà, o forse dovrei dire indelebili memorie?


