Luca, anima curiosa, era appena uscito dal liceo e subito s’incamminò verso la casa di sua nonna.
Nonostante il sole fosse coperto dalle candide nuvole lui abbassò comunque lo sguardo, in cerca di qualcosa come una moneta, un laccio, qualche foglietto con scritto qualcosa. Tutto aveva una storia e per questo ogni cosa ha una propria identità, era questo il pensiero di Luca che amava il vintage e la leggerezza. Lui poteva considerarsi una nuvola in un mondo di pietre, privo di sentimenti umani.
Improvvisamente una macchina suonò il clacson di botto, stava attraversando la strada senza nemmeno vedere i pericoli che lo circondavano. Luca era così, quando era immerso nel suo mondo non pensava ad altro. Svoltò a destra e prese la via dove c’era la vecchia cartolibreria di quartiere con libri polverosi e ingialliti, poiché tutti preferivano andare in libreria a comprarli, e nuove penne, matite colorate e di grafite e quaderni appena consegnati dal corriere. Attraversò il parco pubblico e arrivò a casa di sua nonna Lidia, una donna sempre felice e arzilla che si era allignata nella solare periferia di Firenze.
Luca suonò il campanello e a rispondere fu la simpatica voce di sua nonna: «Entra che il cancello è aperto e la porta è accostata. Sbrigati che si fredda tutto». Allora Luca si affrettò ad aprire il cancello, aprì il portone e si diresse verso la cucina e salutò, ma vide che lei non si trovava ai fornelli come era solito trovarla. La chiamò e lei emise un suono proveniente dal salotto. Entrato in quella stanza osservò che sul basso tavolino da caffè c’erano numerose foto sparse, album fotografici, pacchi di lettere e, sul pavimento, scatoloni ricolmi di altri album e ricordi. «Andiamo a mangiare, dopo ti faccio vedere delle cose.» La signora Lidia si alzò dal divano facendo forza sulle braccia e lentamente tornò in cucina, quel giorno era più stanca del solito. «Forse si sarà stancata molto nel sollevare tutti quei pacchi e gli scatoloni ricolmi di lettere» pensò fra sé Luca. Quando si sedettero la signora mise un’abbondante porzione di tagliatelle al ragù di piselli come piacevano al nipote, poi esclamò: «Dopo ti faccio vedere cosa ho trovato in soffitta, che a te piacciono le cose d’un tempo, quando tutto era più lento».
Finito il pranzo e bevuto il caffè dolce i due si misero a rovistare quelle cose che un comune mortale avrebbe chiamato cianfrusaglie. In tutte le foto le persone erano ben vestite, in posa o in qualche luogo fuori dalla vita quotidiana. «Ai miei tempi prima di fare una foto si doveva pensare se quel momento era degno di essere ricordato, altrimenti avevamo solo sprecato un parte di rullino e i soldi della foto.» Luca nel frattempo stava guardando la luna colonna di corrispondenza legata con un sottile nastro di raso bianco che, col tempo, la polvere e l’umidità avevano ingiallito la carta delle lettere. «Anna dalla Germania scrive: “Saluti dalla porta di Brandeburgo”» disse Luca. «Lei era una mia vecchia amica, è sposata con Giuseppe che faceva il meccanico» rispose Lidia al nipote mentre stava frugando in uno scatolone alla ricerca di qualcosa, forse per lei importante.
Scavò dentro una vecchia biscottiera di latta un po’ arrugginita e la nonna con gli occhi lucidi e il cuore che batteva forte si era estraniata dalla situazione seguendo il ricordo di tempi passati. Fece spazio sul piccolo tavolino facendo svolazzare vecchie foto trasferendo dalle gambe al mobile quella capsula di ricordi.
Dalla scatola uscirono nel seguente ordine: due paia di scarpette da ballo, le prime rosa e le seconde bianche, numerose riviste, ritagli di giornale e delle foto ingiallite e piegate. Con molto dispiacere notò che una foto sul fondo era stata leggermente corrosa dalla ruggine del contenitore. «Vieni a veder com’ero da giovane, qui è pieno di foto mie» disse lei mentre Luca stava visionando ancora alcune vecchie lettere i cui argomenti spaziavano dalla dolce e buona allegria di un gioioso augurio al triste pianto per il lutto di un parente caro o dell’amico di famiglia. Smise di visionare quei referti e si sedette sul divano vicino alla nonna che gli passò una foto. Era in bianco e nero ma i corpi si vedevano nitidi, soprattutto un vecchio signore che si reggeva su un alto bastone indossando una giacca a vento. «Lui era il nostro maestro di danza, sembra molto serio ma era davvero divertente. Mi ricordo che noi ballerine dovevamo seguire numerose regole, però lui era un maestro molto libero e non gli interessava cosa facevamo ma il modo in cui ci atteggiavamo durante l’ora di danza» disse mentre cercava di ricordare chi fossero le sue compagne di corso. «Tu quale sei invece, la ragazza al centro con le gambe incrociate?» «No, lei però era una mia carissima amica. Dopo purtroppo si trasferì in Svizzera, abbiamo provato a far continuare la nostra amicizia anche se a distanza ma non era la stessa cosa. Dopo l’estate ho smesso di scriverle e lei ha fatto lo stesso. Non so che fine abbia fatto.»
Forse per l’imbarazzo per non aver riconosciuto sua nonna da giovane Luca chiese dove lei si trovava perché tutte le ballerine sembravano così uguali e allo stesso tempo così diverse. «Vedi questa ragazza che dà le spalle al fotografo? Be’, quella sono io. Devo aver conservato anche il fiocco verde smeraldo da qualche parte.» Frugò nella scatola e fece vedere a Luca un grande nastro verde, purtroppo si era sbiadito nel tempo e a tratti era rovinato. «Che peccato, manca addirittura un pezzo. Guarda sotto, vedi quel piccolo cagnolino. Non ricordo come si chiama ma sono sicura che era di qualche ragazza che veniva da sola a lezione.» Luca non pensava che a quei tempi la vita fosse più leggera di adesso. «Quante volte andavi a lezione di danza nonna?» «Almeno due o tre volte a settimana. Andavamo dopo scuola così avevamo il pomeriggio libero per studiare o uscire.» Luca rimase sorpreso dalla risposta, dai racconti e da ciò che sentiva dire della prima metà del Novecento pochi ragazzi andavano a scuola e ancora meno frequentavano la classe di danza. Pensava che tutti dovevano già andare a lavorare e dovevano abbandonare la scuola dopo la quinta elementare per aiutare la madre con la gestione della casa o il padre nella propria bottega.
Chiuse gli occhi, Luca, mentre cercava di immaginare come potesse essere la sua vita nel secolo scorso. Vedeva la cultura nelle strade, gli edifici che oggi sono vecchi e prima erano considerati lume di modernità. Tutti in quel mondo parlavano tra loro perché non esistevano i cellulari, però apri gli occhi perché il passato si può solo studiare e non vivere.
La nonna l’abbracciò e avvertì Luca che si erano già fatte le 17.00 ed era tempo di tornare a casa sua. Prese lo zaino e se lo mise sulle spalle mentre il cappotto lo portò a mano. Salutò la nonna e si ripropose che nel weekend sarebbe tornato per continuare a visionare quelle foto e ascoltare le sue storie che per lui avevano un’importanza enorme perché le custodiva nel profondo del suo cuore.
Chiuse a chiave il cancello perché qualcuno non entrasse, si girò e vide la casa cadente e il giardino incolto. Nonostante fosse primavera il vento era gelido, non notò più fiori colorati ma solo secchi e foglie rami trasportati dal vento. Gli mancava veramente la nonna e avrebbe fatto di tutto per riportarla in vita per passare quei bei pomeriggi a casa sua, ma tutto ciò che aveva provato oggi era solo un ricordo.