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Avventura
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Fascia 16-19
Lettera color salvia

In una normale stanza d’ufficio lavorava il nostro protagonista.

Non aveva assolutamente niente di speciale, niente che avrebbe catturato l’attenzione di un passante per le affollate strade newyorkesi o per il quale una donna gli avrebbe chiesto un appuntamento. Ci avrà mai parlato il signor Larry con una donna che non fosse sua madre?

Non è esatto dire “normale”, dopotutto cari lettori, non sono certo io che posso dare una definizione di cosa è normale o meno. Ma il signor Larry era veramente monotono. Con le sue centinaia di camicine beige con fantasie nocciolate stampate e i mocassini bruni, appariva più vecchio dei suoi 37 anni di almeno due decenni. Per non parlare degli occhialini verde oliva che portava all’attaccatura del naso.

Il signor Larry viveva in un appartamentino di Pomander Walk insieme ad un pesce rosso e al suo bassotto col manto arlecchino-argento, un ossimoro rispetto al suo padrone. Ma al di là della sua figura Larry aveva una mente incredibilmente innovativa e interessante, che però conoscevano solo i diari che infestavano la sua libreria. Uno di quelli oggi è arrivato nelle mie mani, cercherò quindi di rendere giustizia al signor Larry e alla sua folle geniale idea.

«Come siamo folli noi esseri umani. Ci ho riflettuto stamani, mentre portavo Bonnie a spasso, o forse lei portava me, ormai conosce a memoria il nostro giretto: attraversiamo il parco, giugiu fino al centro dove faccio Shiatsu il mercoledì, ci fermiamo da Fillup Coffee a prendere un cappuccino e una brioche integrale ai mirtilli che condivido con lei; poi passiamo sopra il ponticino e torniamo a casa. Stamani mentre passeggiavamo sotto il cielo metallico ho contato quante persone avevano gli occhi bassi a guardare degli schermi piatti; 2 o 3 ritardatari stavano camminando senza, anche perché dato il passo con cui andavano sarebbero sicuramente andati a sbattere contro qualcuno, se distratti. Vedendoli ho subito pensato alla mia vicina, la signora Mc Gregor.

L’ho conosciuta una mattina che Bonnie partì a corsa per le scale e si mise ad abbaiare davanti alla sua porta, probabilmente guidata dal profumo di torta appena sfornata che passando da sotto la porta aleggiava per la tromba delle scale. Mi ero appena abbassato per prenderla in braccio e riportarla giù quando la porta si aprì e ne uscì una vecchina con i capelli candidi e un paio di occhialini buffi che ricordavano quelli di Georges Hautecourt degli Aristogatti. Dopo aver stretto col pollice e l’indice la secca guancia destra di Bonnie, che inclinò la testa sorpresa per quel gesto tipico delle anziane signore con i loro nipoti, ci fece accomodare. Da quel giorno viene a portarmi la sua deliziosa apple pie e mi regala le sue storie di gioventù, forse un po’ romanzate a causa della memoria sempre più sottile.

Mi affascina quando parla del mondo di oggi, come se fosse vissuta 200 anni fa: sempre più tecnologico, egoista e cattivo; mi sembra che le sue rughe diventino ancora più profonde quando ne parla. La signora Mc Gregor dice che dovremmo regredire per non far affondare il mondo. Al giorno d’oggi una visione impossibile: più passano gli anni, più cresce l’incredibilità delle cose create. E insieme a queste la nostra inconsapevolezza e irresponsabilità verso il futuro.

Siamo proprio folli noi esseri umani.

Rinchiusi nella nostra bolla di convinzioni, tuttologi in un mondo d’incertezze, falsi padroni di una natura che non possiamo controllare. Ed è ridondante e risentita questa domanda ma, come possiamo se non cambiare, almeno migliorare il mondo? Non sono certo io James Larry ad avere la risposta a certe domande o una bacchetta magica che può cambiare le cose. Ma un’idea mi ha travolto stamani mentre ero sulla tazza del bagno, e da lì ha iniziato a pedinarmi senza tregua per tutta casa.

Trovo i bagni delle case molto affascinanti, mi fanno capire come sono i padroni di casa: i bagni imbellettati e super moderni con la doccia con idromassaggio nella quale puoi mettere seicento tipi diversi di getto d’acqua sono quelli anti-pensieri, per i superficiali; quelli come il mio invece, sono dei semplici bagni, ridicoli, banali. Una semplice tazza bianca, una vasca scomodissima o una doccia con la tenda, entrambe da far uscire più acqua fuori di quella utilizzata; e un lavandino con uno specchio rotondo bordato da una cornice barocca laccata di metallo giallo oro.

Questi sono i bagni che accolgono le grandi idee.

Ho quindi formulato un’ideale mondo migliore. Non posso parlare di un mondo fatto di pace e armonia in cui tutti si amano e sono giusti, quelli appartengono ai lieto fine e ai «e vissero per sempre felici e contenti» delle fiabe. Trovare una soluzione ai milioni di problemi e creare un mondo “buono” è un traguardo retorico, non riesco neanche ad immaginarmelo. Pensavo ad una felicità per pochi, magari su un’isola …

L’idea fremeva dalla voglia di essere appuntata, ha iniziato a pressarmi sulle gambe informicolandole e costringendomi ad alzarmi dalla mia dolce tazza dei pensieri.

Allora sono andato in cucina e ho iniziato a scrivere …

Impregnando nuovamente la penna nel calamaio ho sentito l’odore del vento che avrebbe tirato sull’isola, quell’aria salmastra che entra con forza nei polmoni, che profuma di libertà, la libertà del mare. Poi il mio sguardo è caduto su una rivista intitolata «Homo homini lupus», ogni uomo è un lupo per un altro uomo. È così che Hobbes individua nell’egoismo la principale caratteristica dell’uomo. Hobbes avrebbe sicuramente odiato la mia isola e non avrei sopportato l’idea di farmi odiare da uno come lui.

Una macchietta d’inchiostro è caduta sul foglio.

L’ho osservata attentamente: la sua rotondità perfetta era sbavata da lievi venature, sembrava un piccolo sole. Era rotonda come la Terra… ma la terra non è rotonda, così le cose sarebbero troppo semplici. E se ci volesse qualcosa di ancora più primordiale per ottenere un mondo irreale e assolutamente bellissimo? Niente figure solide…una semplicissima linea continua…?

Una felicità “piatta”.

Non come le mie camicie beige, ma un mondo in cui non si possa più distinguere il nord dal sud o l’est dall’ovest, perché essendo una retta non ci sarebbero punti di riferimento. Un mondo senza confini, dato che oggi non ce li poniamo in ambito tecnologico ma non ci dimentichiamo mai di sottolinearli geograficamente, innalzando muri e barriere per dividerci dai problemi degli altri. Elimino gli Stati quindi: niente più americani o cinesi o russi.

Uomini.

Sarei facilmente accusabile di eliminare le unicità culturali che esistono oggi…ma sono veramente necessarie? Nel senso, è l’essenza di ogni singolo a fare di lui qualcosa di unico, o è necessario raggrupparlo in base ad una caratteristica che lo accumuna con altri, perché la sua unicità sia abbastanza forte? Se la terra fosse piatta, e magari anche stretta, tutti avrebbero accesso al mare in egual mondo. Non ci sarebbero più migrazioni da un continente all’altro, non ci sarebbero più migranti, non ci sarebbero più cimiteri sul fondo del mare. E se le risorse fossero per tutti le stesse, ognuno dovrebbe lavorare per ottenere il necessario».

Il Signor Larry andò a dormire quella sera, senza però curare le sue smanie. Non si lavò i denti agitando le setole dello spazzolino con un angolo di 45 gradi e non si preoccupò neanche di lucidare lo specchio, già perfettamente brillante. Non contò le sue cinquanta pecore, come faceva ogni notte, perché il sonno lo travolse prima, tanto impegnativa era stata la giornata.

«La notte mi ha portato grandi consigli. Mi è stata recapitata una lettere in sogno, del colore della salvia, rilegata finemente con un nastrino rosso borgogna.

Caro James, ho deciso di fare un viaggio, non so se di qualche ora o di un’intera settimana, ti chiedo quindi di non preoccuparti della mia improvvisa sparizione. Prima però vorrei parlarti del mio ideale mondo felice. Partirebbe tutto da una lunga migrazione. Senza uno schema preciso. 

Sparsi, liberi, come le pastinache quando fluttuano nell’oceano. 

Respirando i tramonti della savana, le albe della foresta, fondendoci con la natura, apprezzandone l’aria pulita. Poi arriveremo finalmente nella città, ma non la chiameremmo così, perché non sarà più necessario distinguerla dalla periferia. Il nuovo mondo sarà come un unico grosso alveare, in cui tutte le api hanno le stesse opportunità. Saremmo sostenibili, economicamente e mentalmente, verso le piante e gli animali, con la quale vivremmo in profonda armonia. Sostenibili socialmente, perché troppo a lungo abbiamo sfruttato fino all’esaurimento quello che la Terra ci ha messo a disposizione, con l’avidità e la stupidità di chi pensa di poter avere tutto per sempre.
Un’economia sostenibile, raggiungibile attraverso le nuove scoperte scientifiche, che imparerebbe a rispettare le esigenze dell’ambiente e i suoi cicli di rinnovamento.

Si creerebbe tra noi e la natura un’energia, forte come quella che lega gli alberi attraverso una rete che cresce dentro e intorno a loro.
Riguardo agli stati, mio caro James, sottovaluti con troppa superficialità l’identità che gli individui ritrovano al loro interno. Gli stati sono per noi un punto di forza, di appartenenza; prima al genere umano, poi al singolo stato, alla sua cultura, alla religione e ai costumi. La storia del resto ci insegna che per sottomettere un popolo, il primo passo da compiere è l’eliminazione dell’identità.

E insieme alla parola, è proprio l’identità nazionale che ci distingue dagli animali.
Le parole.

Vorrei che nel mio mondo venissero usate con più cura e non scagliate come i sassi negli specchi d’acqua. Contro la pelle fragile delle persone hanno la stessa forza di un uragano, la spazzano via, la frantumano in un istante. Vorrei tante parole, parole belle, perché non ci sarebbe più bisogno in questo mondo nuovo di denominare la sofferenza.

L’ho rigirata tra le mani più volte, quella lettera color salvia, sperando che in un angolino nascosto ci fosse un nome o le iniziali di un possibile destinatario…

I mugolii di Bonnie che fremeva per essere portata fuori mi hanno svegliato. Che sia stata la signora Mc Gregor ad inviarmela? O forse è solo una parte di Larry James che ancora non conosco. Penso che potrebbe piacermi».

Dopo quello strano sogno il signor James sparì, forse alla ricerca di quel mondo migliore che gli era stato raccontato. Portò con sé il cane e il pesce rosso, qualcuna delle sue camicette beige, e un diario nuovo, per avere la compagnia che non trovava nelle persone.

La sua casa al numero 73 di Pomander Walk rimase vuota per almeno due settimane prima che il suo capo gli mandasse la polizia a casa.
Non trovarono nessuno. Io fui chiamato ad investigare, e da quel momento questo diario è entrato nelle mie mani.
Il signor Larry era sparito. Nessuno fino ad allora se ne accorse, a parte i diari sopra i quali aveva appuntato pezzi della sua monotona vita, contrapposti alle sue grandi idee.

questo racconto ha partecipato al concorso Fictionforfuture
Pubblicato: 8 Maggio 2023
Fascia: 16-19
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