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Fascia 16-19
La storia di Gabriele

Gabriele è un bambino che abita in centro a Torino insieme a suo padre Damiano e alla sua mamma Chiara, è un bambino felice e giocoso, ha sei anni. A Gabriele piace molto la sua città, si diverte tanto quando con la sua mamma organizza lunghe passeggiate nei parchi, gli piace osservare attentamente ogni minimo particolare del mondo che lo circonda, per lui anche camminare per andare a scuola diventa un’avventura, come quella mattina d’autunno in cui si fermò insieme a sua madre prima di entrare a scuola a raccogliere le foglie secche che avevano un colore così particolare ai suoi occhi, quel giorno a scuola lo passò guardando fuori dalla finestra tutti quegli alberi che componevano l’alberata che oramai erano solo tronchi.

Immaginava di nuotare dentro a tutte quelle foglie che erano a terra come fossero un’enorme piscina mentre aspettava ansioso le belle giornate che gli avrebbero permesso di sfrecciare con la sua bicicletta rossa che avrebbe reso l’entrata a scuola meno noiosa. Decise poi di iscriversi al corso di pallacanestro della sua scuola solo che dopo le prime due lezioni lo abbandonò perché alla fine degli allenamenti non riusciva a respirare bene e si sentiva molto stanco. Gli piaceva correre, sentiva l’adrenalina e immaginava di stare in uno di quei campi da basket americani, era alto due metri e faceva sempre canestro, immaginava i suoi genitori seduti sugli spalti a fare il tifo per lui insieme alla marea di persone che erano lì a supportare la sua squadra. Quando si rese conto che non poteva più continuare ci rimase molto male, gli piaceva molto quel corso, suo padre per rincuorarlo gli propose di cercare insieme un altro sport da fare nel pomeriggio. Magari qualcosa di «più tranquillo».

Gabriele non riusciva a capire cosa intendesse il padre per «più tranquillo», era un po’ troppo piccolo per capire il vero significato di sport, per lui era sport anche rincorrersi con i suoi amici per strada. Insieme scelsero il tennis e alla prima lezione lo accompagnarono entrambi i genitori entusiasti, andò bene anche se il piccolo passò tutta la sera seduto sul divano stremato, guardava la TV e immaginava di essere come i personaggi dei suoi cartoni preferiti che non si fermavano davanti a nessun ostacolo, lui a malapena quella sera riuscì ad alzarsi dal divano per andare in cucina a cenare. Inutile dire che dopo qualche lezione di tennis, Gabriele fu costretto a lasciare anche quello mentre i genitori sconfortati cercavano qualche passatempo che potesse occupare i pomeriggi del piccolo. Intanto Gabriele continuava a vivere la sua vita normalmente, il pomeriggio andava sempre al parco insieme alla sua mamma e ai suoi amici del condominio in cui abitava. Ogni volta che andavano al parco dovevano formare una lunga fila indiana e dovevano tenersi per mano perché raggiungere quel parco non era facile, era vicino ad una strada a ben quattro corsie piena di macchine che la maggior parte delle volte erano bloccate nel traffico che era ormai pane quotidiano, per loro era divertente perché si vedevano ferme tante macchine di colori sgargianti che gli facevano sgranare gli occhi.

Chiara la mamma del piccolo non poteva fare altro che notare i nuvoloni di smog che uscivano da quelle code di traffico interminabile e sperava che una volta arrivati al parco quello sfondo grigio si sarebbe trasformato in una favola ma sapeva benissimo che quei prati verdi erano solo una copertura. Passano i mesi e Gabriele inizia ad avere l’affanno anche quando cammina per andare a scuola, inizia anche ad essere sempre più stanco, prende sempre più spesso il raffreddore ed è sempre nel letto a guardare il soffitto, non fantastica più sul suo futuro da giocatore di basket, a malapena riesce a fare le scale per rientrare a casa.

Era un lunedì mattina, pioveva, era proprio un inizio di settimana stereotipato: grigio, cupo e freddo. Sono le sette del mattino e invece della sveglia, a svegliare Chiara e Damiano è un forte colpo di tosse del figlio, i due corrono nella cameretta del piccolo e con grande dispiacere scoprono che quello di Gabriele non è un semplice raffreddore ma, a quanto dice il termometro che segna trentanove, è un febbrone con tanto di tosse fortissima che li fa preoccupare subito. Quella mattina tutti e tre la passarono dal pediatra, Gabriele era solito fare storie dal dottore ma quel giorno non ebbe neppure la forza di opporsi allo stecchetto utilizzato dai medici per controllare la gola. La diagnosi fu: «bronchite acuta», pronunciata dal pediatra con la sua voce fredda mentre si accarezzava i suoi curiosi baffi bianchi.

Una volta rientrati a casa chiara si dilettò a comporre il primo aerosol per il figlio che era nel letto con il papà che lo consolava prima di andare al lavoro; una volta acceso l’aerosol Gabriele iniziò a concentrarsi sulle piccole nuvolette di fumo bianco che usciva dal macchinario e non poté far a meno di notare a quanto fosse bianco quel fumo rispetto a quello delle macchine che vedeva fuori dalla sua finestra. Passarono giorni, settimane, mesi ma il piccolo Gabriele non si riprese più. I suoi genitori iniziarono a fare ricerche approfondite sulla condizione del figlio che portarono a molteplici incontri con pediatri di Torino e dintorni. Riuscirono a trovare una diagnosi, si, ma niente avrebbe riportato indietro il piccolo Gabriele a cui piaceva correre, giocare, divertirsi, ormai erano più i giorni in cui andava a fare visite dai medici rispetto ai giorni in cui andava a scuola. Gabriele andò via da Torino perché a quanto dicevano i medici era la sua città il problema, era la sua amata Torino che lo stava distruggendo giorno per giorno, per Gabriele quelle che vedeva in cielo a Torino non erano solo nubi grigie, erano diventati tanti mostri che lo inseguivano per strada e che ogni giorno si prendevano un pezzettino di lui.

Quella di Gabriele è una storia in parte vera, è la storia di un piccolo di sei anni e della sua mamma Chiara che ha denunciato la regione del Piemonte per via delle condizioni di inquinamento dell’aria pessime di Torino, il bambino di cui non si conosce il nome ora sta bene, convive con problemi respiratori non gravi ma che in passato lo sono stati. Il bambino fu colpito da una bronchite acuta dovuta alle sostanze inquinanti presenti nell’aria: «Quando gli chiedevo come fare, dato che viviamo a Torino, il che rende questo scenario inevitabile, alzavano le braccia» racconta la mamma che decide di trasferirsi per salvare il salvabile, «È chiaro che il problema resta, io ho potuto spostarmi, ma non tutti hanno la possibilità di trasferirsi». «C’è bisogno di manifestazioni per il clima, di comitati di quartiere. In caso di mio figlio, l’esposizione cronica dava problemi immediati, ma per altri potrebbe accadere quando saranno adulti. Non te ne rendi conto subito» aggiunge Chiara.

Vi chiedo di immaginare ora come sarebbe stata la storia se vivessimo in un mondo ideale, in un mondo in cui una mamma non si deve preoccupare per il figlio mentre lo porta a scuola o al parco, un mondo senza nuvoloni di smog e con aria respirabile. Immaginate di svegliarvi la mattina, senza il rumore delle macchine, ma con il cinguettio degli uccellini che vi intrattiene mentre fate colazione e guardate fuori dalla finestra uno scenario che incute tranquillità e serenità. Ecco, se noi ora vivessimo in un mondo simile a quello che ho descritto, un mondo quasi perfetto dove vivere in salute, la storia di Chiara e del suo bambino non esisterebbe. Il bimbo chiamato Gabriele non sarebbe stato costretto ad andare via da quella città che gli faceva tanto male, ma che lui chiamava casa, non avrebbe dovuto lasciar lì i suoi amici, i suoi compagni di classe, la casa nella quale era cresciuto in cui aveva costruito dei ricordi e che amava tanto.

Io sono stata felicissima di avere avuto l’opportunità di scrivere questa storia che racconta un po’ di lui e della sua famiglia perché sono consapevole che, come lui, hanno sofferto tantissime altre persone e si stanno distruggendo tantissimi ambienti naturali, o meglio noi stessi stiamo facendo questo, giorno per giorno. Vorrei far leggere questa storia a qualcuno affinché non resti una storia morta, fine a se stessa, ma diventi un modo per far aprire gli occhi a coloro che non si rendono conto delle problematiche ambientali reali e che ci circondano nel quotidiano. Gabriele potrebbe essere mio fratello, mio nipote o mio amico.

Pubblicato: 11 Maggio 2023
Fascia: 16-19
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