Quel sabato mattina si svegliava che per via dell’atroce mal di testa i suoi pensieri barcollavano, come anche il suo corpo aveva fatto qualche ora prima.
Rio era cresciuto in uno stato costante di ignoranza e incomprensione di se stesso: per ventisette anni, ovvero per tutto il suo arco di vita, era sempre stato in cerca della propria personalità, perduta come una goccia di pioggia che cade dentro un oceano: come acqua che si riversa in altra acqua, infatti, Rio non era mai riuscito a conoscersi né a comprendersi, e, con questa consapevolezza, aveva dato inizio a un viaggio verso il cambiamento della sua personalità, che non sapeva neanche di avere.
Vittima di confusione da quando era nato, Rio aveva posseduto una dimensione all’interno della propria mente uguale a un cielo ricoperto di nuvole color grigio antracite. Ciò che lo aveva sempre fermato dal fare una qualunque cosa era solamente sé stesso, a causa della paura che sempre aveva provato all’idea di doversi aprire a una persona.
Questo non significa però che non si era mai aperto con nessuno, anzi, tutt’altro. Erano stati proprio quei pochi momenti, in cui era vulnerabile, ad averlo portato a vivere una vita che era governata da una sola cosa: la mancanza di consapevolezza della possibilità di potersi ribellare e diventare chi aveva sempre saputo di essere fin dalla nascita, ma che tutti sempre gli avevano impedito.
La causa di quella mancanza era stata un sentimento: la frustrazione. Questa è uno stato d’animo che da sempre aveva dominato i rapporti che lui aveva avuto modo di vivere, e non era che la conseguenza di un insieme di situazioni a loro volta derivanti da altra frustrazione: senza soluzione di continuità, infatti, questo sentimento si addensa all’interno di una persona, che non riuscendo a mantenerlo dentro di sé, lo sfoga su qualcun altro, che a sua volta la riversa su un altro soggetto ancora.
Ogni giorno noi siamo animati da questo stato d’animo negativo: del resto, secondo Anassimandro, tutti gli elementi del nostro universo sono nati grazie a un processo per il quale a coppie di opposti, tutti gli oggetti oggi esistenti, si staccavano dall’elemento originario che ha creato e tutto ciò che ci circonda, l’apeiron. Se si suppone che anche la frustrazione sia nata così, allora l’opposto di essa sarebbe la felicità. Ogni giorno siamo alla ricerca di questo sentimento, ma la maggior parte delle volte incorriamo nel fallimento, non riuscendo a raggiungerlo. Da questa disfatta deriva la frustrazione, che governa il mondo e tutti i conflitti che viviamo ventiquattr’ore su ventiquattro: ogni situazione conflittuale che osserviamo o alla quale partecipiamo è dovuta, almeno in parte, alla frustrazione, a causa della quale perdiamo la ragione e, invece di trovare una via per risolvere o evitare il conflitto, ci perdiamo nelle acque più profonde di quest’ultimo finendo per causare danni irreparabili a un sacco di persone.
Rio, per l’appunto, era segnato da cicatrici provocate da una serie di persone, che, ogni giorno della loro misera esistenza, gli avevano riversato addosso la propria frustrazione.
Lui non si era ancora compreso, ma la sua personalità, oltre a essere caratterizzata dalla timidezza, era anche stata sempre fragile. Proprio per questo, la frustrazione aveva avuto su di lui un effetto particolarmente controproducente, portandolo a ricoprire il suo mondo interiore, che gli era ancora sconosciuto, con un enorme muro impenetrabile. Questo perché dopo gli avvenimenti del suo passato, Rio aveva deciso di vivere unicamente nel presente, senza ansia né paranoie. Però non era riuscito a farlo in modo producente, perché veniva continuamente condizionato dalla grande paura del futuro.
“Il passato e il futuro non contano più nulla” si era detto una volta, e non contano nulla perché il puro presente è il processo impercettibile in cui il passato avanza divorando il futuro, e ogni percezione diventa ricordo.
Rio non era il tipo di persona amante delle serate trascorse con gli amici, anzi, le odiava, perché in mezzo ad altre persone si sentiva come un brutto anatroccolo, un estraneo, un intruso che nulla aveva a che fare con un determinato posto e la gente che ne faceva parte/che lo popolava.
Il venerdì sera antecedente al suo risveglio aveva però un’opinione diversa dal solito: voleva andare alla festa organizzata da una sua amica in un locale, da una parte spinto dalla noia che spesso lo travolgeva in quel periodo, dall’altra per tentare nuovamente di cambiare, stavolta per diventare più estroverso, ovvero l’opposto di quel poco che conosceva di sé stesso.
Arrivò sul posto e si rese conto che soltanto l’organizzatrice della serata gli era familiare: si trattava della sua cara amica Amanda, che conosceva dal periodo del liceo ma che non sentiva ormai da due anni, per la precisione dal giorno della propria laurea.
La laurea era stato uno dei pochi momenti della vita che considerava soddisfacenti e positivi, mentre da anni aveva soltanto cavalcato l’onda dell’insoddisfazione, ma senza mai abbandonarsi alla frustrazione, la quale non aveva mai smesso di ripudiare, data la sua natura atroce.
Esistono due poli in cui di solito si colloca qualsiasi cosa esistente: il bene e il male; Rio ne aggiungeva un terzo, l’atrocità. Quello era il posto dove aveva collocato il sentimento che, fin da quando era piccolo, lo aveva reso un corpo con più occhi che atomi di amore verso sé stesso.
La prima tappa della serata era la cena in un ristorante, mentre la seconda, e anche l’ultima, la discoteca.
Seduti intorno a Rio non c’erano che estranei se non la sua amica Amanda (la quale era alla sua sinistra) e di fronte a lui, invece, sedeva una ragazza di nome Gloria, completa sconosciuta, come d’altronde le altre nove persone sedute al suo stesso tavolo, incluso sé stesso. A tutti aveva solo rivolto un debole e fragile saluto, e poi, durante tutta la cena, era rimasto in silenzio, senza prendere parte alle conversazioni che gli altri intrattenevano.
Finché, all’improvviso, si era ritrovato a parlare con questa sconosciuta di nome Gloria, per una circostanza tanto insensata quanto bella, a pensarci: le foto che lei doveva scattare agli altri. La sua amica Amanda aveva sempre bisogno di avere foto con chiunque e ovunque.
Rio, comunque, propose alla ragazza di occuparsi lui delle foto, così che anche lei potesse comparirvi, visto che a lui, invece, non interessava affatto; ed ecco che, da quel momento, grazie a quel fragilissimo gesto di gentilezza e attenzione che lui le aveva rivolto, partirono scambi di parole, e, immediato come un tuono, mentre parlava con lei, in maniera istantanea, Rio si rese conto di sentir bussare al portone della propria anima. Il lucchetto che aveva serrato rigidamente su di sé stava cominciando a cedere e le parole che scaturivano dalla conversazione con Gloria lo stavano penetrando nel profondo, in modo soffocante ma allo stesso tempo piacevole.
La sua ragione tremava alla sola idea di provare qualcosa per una persona, ma aveva deciso di lasciare che la lancia di Gloria lo penetrasse, rompendo la barriera e rendendo possibile l’entrata nella sua anima.
Dopo quelle foto che Amanda tanto desiderava, la cena si concluse, e, mentre tutti si stavano dirigendo verso il locale in cui sarebbe continuata la festa, tra i due la conversazione iniziata grazie a delle insignificanti foto scorreva come una docile cascata: Gloria propose a Rio di scattare delle foto alle stelle che si intravedevano nonostante lo smog, che di solito le ricopriva come un muro, sfidandolo a chi avrebbe realizzato la migliore.
Le stelle, per Rio, erano rimaste l’unica cosa piacevole che aveva sempre guardato quando era possibile osservarle. Esse formano costellazioni, e una costellazione è come la vita di un essere umano: quando lui si accorge di star morendo, visualizza all’interno della propria mente i momenti soggettivamente salienti della propria esistenza. Questi momenti sono collocabili in ogni stella, e, con tutte le stelle che sono riconducibili a dei momenti della nostra esistenza, la costellazione diventa la metafora della vita dell’uomo.
Per due ore il ragazzo aveva smesso di sentirsi appesantito dalla propria dimensione interiore: si era invece sentito come una foglia trasportata da un leggerissimo vento, costituito dalle vibrazioni emesse dalle corde vocali di una ragazza, che, prima di quella sera, non era che una completa sconosciuta.
Arrivarono nel locale da ballo, e, dal momento che lui non aveva mai frequentato posti simili con molto piacere, si sentì di nuovo preda del sentimento di estraneità che era solito provare, e così decise di tentare di confondere i propri neuroni bevendo dell’alcol, per cercare di respingere quella sensazione. E, infatti, un attimo dopo Rio era cambiato: iniziò a farsi trasportare da una musica che aveva sempre ripudiato con tutto sé stesso, e, dal momento in cui bevve il primo sorso, fino a quando si svegliò, qualche ora dopo, non fu mai completamente cosciente di quello che successe attorno a lui.
Non si accorse di nulla, tranne che di un particolare, che era stato il primo ricordo che lo aveva invaso appena sveglio, ovvero l’immagine degli arti superiori di Gloria che poggiavano sulle spalle di uno sconosciuto, mentre le loro labbra erano unite e avveniva uno scambio di DNA; la sconosciuta che era riuscita ad aprire le porta della sua interiorità dopo che lui l’ aveva tenuta chiusa per anni, ora stava baciando qualcuno proprio davanti a lui, che continuava a ballare poco cosciente e trascinato dalla marea dell’alcol.
Un’azione insignificante? Non per la struttura mentale di Rio.
La sua dimensione interiore si era aperta in relativamente poco tempo, e in altrettanto poco tempo il grigio antracite che la descriveva si era trasformato in nero.
La barriera di sicurezza che aveva dentro di sé si era ora rotta, con un’esplosione al pari di una stella al termine della sua vita.
La sua mente era diventata di una fragilità paragonabile a quella di una piccola imbarcazione di legno. La barca è fragile perché quando un corpo ci sale sopra, essa subito barcolla provocando piccole onde nell’acqua. Quelle immediate ma corte onde, ricordano il momento prima dell’apertura di Rio a Gloria: imprevedibile, incerto e instabile.
Sparirono, così, la dimensione interiore di Rio, e, insieme a essa, la barriera di sicurezza, la frustrazione, l’ignoranza, l’insoddisfazione, la laurea, la sua mente, il suo corpo, il suo nome e cognome, le stelle.