Stephanie Tows guardava la città dall’alto del suo balcone, tutto il suo peso sulla ringhiera, concentrandosi sul tramonto che scaldava il paesaggio con i colori arancioni e rosa, le auto silenziose e i passanti con vestiti colorati. Adorava prendersi del tempo per guardare là fuori, immaginando la vita che quelle persone potevano avere, come quell’anziano che passeggiava con la moglie, il modo in cui la sua testa era leggermente piegata verso di lei, inconsciamente. Vide un cane nero rotolare su un parco e il padrone che lo rincorreva. Si mise a ridere e sentì un leggero bip. Abbassò lo sguardo sull’ECOS e vide che il suo umore era all’ 81%. Sospirando, chiuse la zip della felpa e spinse il suo corpo all’equilibrio. Si sistemò gli shorts e fece qualche passo indietro, entrando dentro casa. Prese con foga il suo telefono e schiacciò l’applicazione Casa dopo aver messo una password, chiuse la porta del balcone e mise la casa in modalità notturna. Tutte le finestre diventarono nere, mentre Stephanie canticchiava leggermente, ballando in giro per casa in direzione di camera sua. Dopo che finì di prepararsi per il giorno successivo, andò davanti al suo tabellone e mise un tick sulle cose che aveva fatto: messo fuori i vestiti [✓], preparato il pranzo per il giorno dopo [✓], impostato la macchina del caffè alle 5.45 [✓] e altro ancora che cancellò perché obsoleto.
Mise della musica calmante, camminando aggraziata verso il suo letto, la musica cambiava il modo in cui si comportava. Si mise sotto il letto, la trapunta coperta fino al naso. Spense le luci di tutta la casa con il telefono e si assicurò di avere le cuffie cariche abbastanza da poterle usare tutta la notte. Le era successo di avere incubi la notte e l’ECOS le diede una scossa per svegliarla dopo che il suo umore era sceso a 49%. Decise di non pensarci e di andare a dormire, concentrandosi sulla musica, lasciando il controllo al suo subconscio. Il giorno dopo Stephanie era davanti alla porta d’ingresso dell’azienda Atelier, una della più famose nell’ industria della moda. Era in fila con i suoi altri colleghi, chiacchierando del più e del meno. Certi stavano bevendo liquidi misteriosi, due stavano fumando con gli Spyt, sigarette elettroniche con agenti inebrianti, altri invece avevano la musica alle orecchie. Tutti stavano trovando un modo per aggirare il sistema. Alla porta d’ingresso c’era uno scanner che controllava il loro umore. Nessuno di loro voleva perdere il proprio lavoro.
«Buongiorno Stephanie» disse la guardia appena vide gli occhi di lei.
«Buongiorno Richard!» rispose.
Rovistando dentro la sua borsa, trovò quello che stava cercando e lo posò sul bancone marrone in contrasto con il colore aranciato della struttura. L’uomo prese la carta e la scannerizzò. Dopo aver annuito, le chiese di posare il suo polso sul bancone così che potesse controllarlo. Lo guardò e sorrise. Tutti sapevano che Richard aveva da sempre una cotta per Stephanie da quando era entrata nell’azienda tre anni fa. Ma lei non se n’era mai accorta, oppure faceva finta di non capirlo. Aveva altre priorità e l’amore non era una di quelle.
«Tutto nella norma, buona giornata» disse sorridendole. Lo salutò con la mano e si avviò per le scale, sentendo la guardia salutare l’altra persona in fila.
Appena i suoi tacchi a spillo toccarono il tappeto rosso, il suo telefono squillò. Una voce dalle sue cuffie le disse che era una chiamata da sua madre e rispose al telefono.
«Pronto mamma?» disse con voce confusa.
«Buon compleanno piccola mia!» urlò lei con entusiasmo.
Stephanie se n’era completamente dimenticata.
«Oddio mamma, mi era passato di mente, grazie mille.»
«Lo so tesoro, da quando nonna è salita in cielo…»
Da quando nonna Susan era morta nel giorno in cui festeggiava il suo ottavo compleanno, i compleanni non erano più come prima. Susan Étoile era una signora che sapeva il fatto suo, il suo intuito era immacolato. Amava raccontare a Stephanie dei suoi tempi, delle macchine a benzina, gli mp3, i CD, l’ultimo iPhone uscito quando era adolescente e la musica, com’era cambiata da tradizionale a tecno. Suo marito morì prima di lei ma, senza paura, accudì May fino alla fine. Quando sua figlia volle adottare una bambina, visto che era vedova, lei la appoggiò nella sua decisione. Dopo un lungo processo, May Towes ebbe in custodia la piccola Stephanie e vollero crescerla nei migliori dei modi, una donna matura con la testa sulle spalle, creatività e sogni. Stephanie adorava sua nonna (quanto lei adorava sua nipote), pensava che era la donna più affascinante del mondo, e lo pensa ancora. È grazie ai ricordi di lei che è entrata nel campo della moda.
Stephanie sentì una scossa sul polso. Sbuffò e si sedette in una delle poltrone verdi vicino alle scale. Da due anni hanno emanato il regolamento degli ECOS, bracciali per controllare l’umore umano. Secondo il governo e gli psicologi in giro per il mondo, le emozioni negative sono la causa della regressione della società avvenuta trenta anni fa. Così dopo anni ed anni, trovarono una soluzione, ovvero gli ECOS. Il braccialetto veniva dato a ogni persona dai diciotto anni in su e sullo schermo mostrava semplicemente una percentuale. Al di sotto di 50% si veniva mandati in un centro ricostruttivo. Dopo tre giorni senza progressi, si perdeva il lavoro e mandati al livello successivo. Nessuno sapeva cos’era visto che nessuno ne usciva. Molte persone avevano provato a modificare i bracciali all’inizio, così il governo aveva costruito delle porte che scannerizzavano il corpo, poste in ogni luogo di lavoro.
«Stephanie?» disse sua madre.
«Sì? Scusa mi sono distratta» disse lei rimettendo i pensieri nel loro cassetto.
«Devo dirti una cosa: nonna ti aveva lasciato un regalo.»
«Cosa!?» esclamò alzandosi di scatto.
«Calma, lasciami spiegare e vieni subito da me.»
Dopo minuti che sembravano ore, Stephanie corse fuori dalla porta principale con il cardigan verde volante al vento. Faceva slalom tra le persone e gli alberi con lo sguardo incuriosito. Aprì la porta della sua auto e mise in moto il motore girando una chiave. Mise sul GPS la destinazione «casa mamma» e l’auto partì automaticamente. Mentre l’auto passava per le strade di Trewe, vide i Preti e i Xecos che si urlavano a vicenda. I Preti erano attivisti che volevano la netta divisione tra poveri e ricchi, chiamati così per la loro venerazione dei tempi di sua nonna. Gli Xecos invece, volevano l’abolizione degli ECOS, visto che le persone usavano stupefacenti e altro danneggiando il proprio corpo. Arrivando verso il confine della macro città, la macchina andò verso la direzione dell’autostrada Mitre, che collegava Mites e Trewe. Arrivati sopra di essa, tutto attorno era una distesa di alberi la cui fine non si vedeva. Infatti, dopo la regressione, il governo aveva demolito le piccole città, creando delle macro città con quelle rimaste e piantando alberi al loro posto. Facendo così salvarono il pianeta, o è così che dissero. Stephanie, presa dal sonno, chiuse gli occhi godendosi il viaggio, con la musica anni Dieci che usciva dalla finestra. Arrivata davanti a casa di sua madre si svegliò con la schiena dolente e le braccia intorpidite. Aprì la porta della macchina e la chiuse, corse su per le scale dell’appartamento con il cuore in gola e prima che potesse bussare, sua mamma spalancò la porta e la abbracciò. Chiuse gli occhi ancora, come presa da un sonnifero e aspirò il profumo di sua madre, lavanda, arancio e caffè, sempre uguale. Si avviarono verso la cucina con le pareti arancioni e si sedette sul tavolo con la tovaglia colore pesca. Le mensole marroni e le tende arancione scuro, uguali da quando era bambina. Si scambiarono un paio di parole, tutte e due in ansia, e May si diresse verso la cantina a prendere il regalo inscatolato. Camminò su per le scale del pianerottolo e Stephanie la vide entrare con una scatola grande abbastanza da farci entrare delle scarpe.
«Mamma, ma almeno sai che cosa c’è dentro?» chiese.
«No, non lo so cara. Nonna mi ha solo detto di dartelo al tuo ventesimo compleanno e di non guardarci dentro, mai e poi mai» risponde posandolo davanti a lei, «Apri».
Stephanie aprì il coperchio e vide all’interno… due libri?
«Sono un po’ delusa sinceramente…» disse lei, ma appena aprì il primo si rese conto che era un diario. Il diario di sua nonna. Lo sfogliò leggermente e decise di leggerlo dopo con calma. Aprì il secondo ed era una storia. Un vero e proprio libro. Eppure era strano, i nomi erano simili alle città e alle persone del presente.
«Eppure c’è scritto edizione 2022…»
«C’è un biglietto sotto» la interruppe la madre sedendosi sulla sedia accanto.
Staccò il foglio e lo lesse ad alta voce. «“Questa è la storia del futuro, un futuro che io spero non accada mai, piccola Stephanie cara, nonna ha scritto questo libro prendendolo per gioco quando era giovane, ma dopo che tua madre mi ha parlato della tua adozione ho capito che quello che avevo scritto era reale. Tutto stava avvenendo e avverrà. Nonna Susan ha le amiche stelle che la guidano e le hanno dato questi presagi. Perché il governo vuole controllare le nostre emozioni e non incrementare il benessere dei cittadini? Dopo che hanno risolto il problema del clima, della povertà, dopo che hanno piantato alberi, trovato modi sostenibili per farci vivere, chi lo dice che l’uomo sarà veramente felice? Hai due scelte adesso. Salvare l’umanità da sé stessa, da questi mostri chiamati ECOS che non ci permettono di ascoltare e accettare le nostre emozioni oppure continuare a vivere la tua vita. Sta a te la scelta. Ti voglio bene, qualsiasi cosa tu faccia. Dalle stelle, Susan Étoile”».
Un silenzio assordante scese nella casa Towes. Le menti vuote e allo stesso tempo ingombrate.
«Tua nonna era eccentrica, non ascoltare nulla di quello che ha detto» disse May sospirando. Eppure Stephanie non ci riusciva. E se la nonna avesse ragione? Io cosa posso fare? Sono solo una persona e poi, come guidata, i suoi occhi finirono sul libro, chiamato Qual è il vero male nel mondo. Lo lesse con calma, il tempo scorreva, mentre sua madre dormiva. A fine giornata, lo posò sul tavolo e si stiracchiò. Prese un foglio e ci scrisse dei nomi sopra, e infine, dopo un po’di esitazione, ricopiò la frase che la colpì di più.
«Se mettessero il mondo intero su un pianeta perfetto, fino a quando non accetteremo le nostre emozioni e differenze, fino a quando non ci ameremo dentro, quel pianeta verrà distrutto.»
Lo mise in tasca e spense le luci e dopo aver mandato un messaggio a sua madre chiuse la porta principale dietro di sé. Entrò dentro alla sua macchina e cercò sul GPS la strada più veloce per andare a Lord, la centrale delle macro-città, per trovare il primo nome sulla lista. La macchina partì, lasciando una scia di musica alle spalle.