Lei ora viveva così, in bilico, tra l’essere e l’apparire, perché quella era stata l’esistenza che aveva scelto, consapevole che più niente o nessuno avrebbe potuto distoglierla dal proprio obiettivo e felice di poter scegliere la cosa più giusta per lei, che da sempre si era sentita così impotente.
Impotente è colui che non ha la capacità o l’autorità di poter cambiare qualcosa, un malessere interiore che, il più delle volte, non dipende dalla mancanza di energia o audacia personale, piuttosto una forma di disperazione che ti assale quando vorresti migliorare quel mondo in cui non hai deciso tu di vivere, ma nel quale sei stata catapultata per il desiderio di un Essere superiore che ti ha investito della grande responsabilità di doverne per forza farne parte, senza che tu abbia potuto scegliere il come, il quando o il perché, ma con il grande compito di distinguerti prima di estinguerti, affinché la tua permanenza sulla Terra potesse valere la pena di esser vissuta intensamente.
Sole, da sempre così empatica, aveva sentito dentro di sé la grande responsabilità di dover dare un senso alla propria vita; un’utopia probabilmente il suo desiderio di migliorare il Pianeta, perseguire l’obiettivo di porre in simbiosi perfetta il mondo animale e quello vegetale, l’animato e l’inanimato, con lo scopo di raggiungere finalmente la pace e vivere in armonia con i quattro elementi che Madre Natura aveva amorevolmente offerto e che, invece, l’essere umano aveva finito per distruggere: l’aria, il respiro del mondo; l’acqua, la sorgente della vita; la terra, ove si mettono radici; il fuoco, l’energia che riscalda e purifica.
Tutto era iniziato nel 2009, quando ormai si era giunti all’inevitabile: le catastrofi ambientali, conseguenza del riscaldamento globale e della perseveranza dell’uomo a non badare ai segnali che da anni l’ambiente naturale, sfruttato e maltrattato, continuava ad inviargli, avevano ridotto la popolazione mondiale a poche migliaia di persone costrette a perpetue migrazioni, alla ricerca di un posto dove riuscire a ricostruire un futuro migliore, con mille interrogativi e nessuna certezza.
Il problema fondamentale che ora si poneva di fronte a questa esigua massa di individui disorientati non consisteva soltanto nell’individuare un luogo dove poter ricominciare a progettare un nuovo avvenire, con una diversa visione di ciò che, fino ad allora, li aveva guidati verso l’autodistruzione; piuttosto abbandonare quella vecchia ideologia autolesionista di vita per proiettarsi verso la salvezza, di se stessi e di tutto ciò che li circondava.
Gli ecosistemi erano stati spazzati via perché non si era resistito alla tentazione di sfruttare ogni forma di risorsa ed energia, rinnovabile e non e per soddisfare ognuno i propri interessi ed egoismi, le proprie ambizioni, quella smania di prevalere l’uno sull’altro arricchendosi materialmente, ma impoverendosi nell’animo di quei profondi valori che ognuno non dovrebbe mai dimenticare di aver ereditato da chi, prima di noi, ha combattuto per ottenere anche i più elementari diritti; calpestando persino la dignità personale e ignorando, soprattutto, il senso di responsabilità che un tempo guidò l’uomo verso il progresso, ma che ora, invece, l’aveva condotto al regresso, lui essere che, pur distinguendosi dalle altre specie per l’uso della ragione, ne aveva fatto un uso talmente sbagliato da trasformarsi in una specie irragionevole e irrazionale.
La ragazza del futuro osservava la disperazione dell’uomo dalla sua bolla eterea sospesa nell’azzurro cielo, coccolata dal suo amico Vento che faceva fluttuare i suoi lunghi capelli color carota, riscaldata dal tepore del suo compagno Raggio che illuminava i suoi grandi occhi azzurri, inebriata dal dolce profumo degli aromi di Primavera che si rincorrevano nell’aria come le nuvole attorno a lei, rallegrata dalla compagnia di tutte le specie che si erano miracolosamente salvate dall’Apocalisse. Provava uno strano senso di rassicurazione e gioia nel constatare che, nonostante tutto, la natura avesse superato tante difficoltà e si avviasse verso la stagione della rinascita; al contrario, nessun rimpianto o rimorso per aver abbandonato i propri simili al loro misero destino: toccava il cielo con un dito e poteva volare in alto come aveva sempre sognato! Sotto di lei poteva ammirare le meraviglie delle fauna e della flora terrestre: animali e piante, frutti e fiori avvolti nella Serra Macrosferica, un’immenso contenitore di biodiversità che si era materializzato quel triste giorno, quando l’ultimo atto estremo dell’uomo aveva determinato il non-ritorno…
La Guerra tra Ucraina e Russia, iniziata nel 2022, si era evoluta nella terza guerra mondiale l’anno successivo e aveva portato con sé morte e distruzione: le armi chimiche e atomiche erano state incrementate con tecnologie ancor più pericolose, droni e robot kamikaze usati per sterminare non solo l’umanità, ma tutte le specie animate e inanimate che, già da tempo, coesistevano in un delicato equilibrio, in bilico tra la vita e la morte. L’uomo aveva fatto proprio l’uso improprio di mezzi e risorse a lui accessibili e aveva maltrattato le creature della Terra, perso ormai in una crescente ondata di odio, immemore della propria origine e ingrato verso tutto ciò che lo circondava. Le cyber-macchine potevano essere usate e riutilizzate a dismisura e provocavano danni irreparabili a tutto tranne che a se stesse perché idealizzate proprio per distruggere senza mai autodistruggersi.
Sole lo sapeva bene, da quando era stata costretta in una stanzetta posta al piano superiore del grande laboratorio dove il papà, ingegnere robotico incaricato di progettare quelle intelligenze artificiali – che lei definiva “deficienze colossali” – era stato scelto da chissà chi e chissà perché, per lavorare giorno e notte alla distruzione; non ce l’aveva con lui, però, perché sapeva bene che un singolo nulla può di fronte all’incoscienza di intere nazioni e perché era stata educata nella perseveranza e con la speranza che, prima o poi, qualcosa di grande e risolutivo sarebbe accaduto.
Comunque non riusciva a dimenticare.
Suo padre, sin da piccola, le aveva insegnato i profondi valori del rispetto e dell’amore verso se stessi e verso il prossimo ed erano vissuti in una grande casa di campagna sul Lago di Garda, immersi nella natura, assaporando le gioie che potevano offrire i colori, i sapori e gli odori di quella splendida terra, l’aria tersa e pulita, il panorama mozzafiato; in questi luoghi aveva trascorso un’ infanzia e un’ adolescenza spensierate, con i nonni che l’avevano tirata su dopo la morte della cara mamma e con Noa.
Noah, che chissà ora dov’era?!
Quel giorno, quando si erano salutati per l’ultima volta, ignari del triste destino che sarebbe stato riservato loro di lì a poco, si erano fatti una promessa: «Io e te, qualsiasi cosa succeda, sempre e per sempre!»
Solo queste parole erano riusciti a scambiarsi quando, per l’ultima volta, si erano stretti in un lungo abbraccio loro due, cresciuti insieme, inseparabili fin dalla culla, mano nella mano per quindici anni. Sole rimaneva concentrata ogni giorno nel ricordo di quegli occhi e di quelle braccia avvinghiate a lei che, alla fine, si erano dovuti rassegnare alla separazione.
Lassù ora non esisteva il tempo, con il suo scandire di minuti, ore, giorni o settimane, né lo spazio, protetta com’era dal suo involucro speciale; solo l’alternarsi del giorno e della notte le ricordavano il suo passato, momenti di vita trascorsa in balia di mille emozioni e strane sensazioni: serenità mista ad una dolce malinconia, nell’attesa di qualcosa o di qualcuno che, prima o poi, si sarebbe rivelato a lei e a tutte le creature che dall’alto continuava ad osservare, meraviglie che colmavano il suo cuore di gioia e felicità e che la accompagnavano in un viaggio avventuroso.
Sole non si sentiva mai sola, soprattutto perché nella luce e nel buio le teneva compagnia uno strano luccichio, affascinante bagliore che non perdeva mai di vista, laggiù nell’immensità del cielo, dove rimaneva fisso, lontano come il dolce ricordo di suo padre, che l’aveva resa tanto orgogliosa quel giorno.
Il 24 dicembre 2025 era salita in cielo nella sua bolla, dopo aver salutato per sempre quel gran genio del suo papà che per molto tempo aveva ingannato tutti, quei poveri ignari del fatto che ciò per cui lui stava lavorando sarebbe stato solo l’ultimo atto: armi prodotte per porre fine ad un’umanità incosciente e inconsapevole. La salvezza del mondo futuro era riposta in sua figlia, per la quale aveva creato un “contenitore magico” ove sarebbe stata protetta fino al momento in cui qualcosa sarebbe cambiato, per lei e per tutte le specie animali e vegetali custodite come lei, ma sotto di lei, sempre nel cielo, in un altro strato dell’atmosfera ideato tecnologicamente anche per loro. Quel giorno le sue invenzioni avevano innescato i meccanismi che da tempo la natura urlava inascoltata in faccia agli uomini, grida di dolore troppo spesso sottovalutate.
E l’armonia tra uomo e Creato si spezzò: il sole si ribellò, ardendo tutto con i suoi raggi; l’acqua si ribellò, inondando tutto con i suoi flutti; il fuoco si ribellò, bruciando tutti i polmoni verdi; la terra si ribellò, inaridendo fino alle profondità; l’aria si ribellò, soffocando tutti.
Sole osservava i pochi sopravvissuti continuare a vagare, poveri disperati alla ricerca di una dignità perduta e per lei era ormai chiaro quale destino sarebbe stato riservato loro, dal momento che quel mondo così profondamente sfruttato e violentato nulla avrebbe più potuto offrire. E questo peregrinare era forse l’ultima punizione per chi non aveva saputo far buon uso di quelle capacità e potenzialità messe a disposizione da Colui che un tempo per loro si era sacrificato con tanto amore, quel Qualcuno che aveva detto: «Ama il prossimo tuo come te stesso!»
Il qualcuno che aveva seguito questo monito era stato solo e unicamente il suo papà.
La ragazza del futuro, persa nei suoi ricordi, non si accorse che qualcosa si stava avvicinando sempre di più a lei, il bagliore di una luce accecante che riusciva solo ad intravedere da sotto le palpebre, gli occhi serrati nel tentativo di tenere ancora strette strette a sé le sue memorie; fu destata dal torpore dei suoi pensieri non dalla sua luminosità, bensì da una sensazione di serenità che la convinse di essere giunta finalmente in Paradiso: la pace.
Udì un gran frastuono, il rumore di un’implosione che cancellò quel poco che rimaneva della sua specie terrestre; poi più nulla.
Una mano la sfiorò e ciò che le si presentò d’innanzi agli occhi oramai aperti fu così inaspettato che, per la prima volta dopo un tempo così inquantificabile, pensò si trattasse di un sogno.
E cosa c’è di più bello di un sogno che si realizza o di una promessa che viene mantenuta?!
«Sempre e per sempre, io, te e le nostre creature.»