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Fantasy
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Fascia 13-15
La principessa sul coltello

Il suo destino era già segnato. Avevano tracciato per lei una strada che non era intenzionata a percorrere. Le avevano proibito di inseguire i propri sogni, di perseguire la sua passione, di lottare per una libertà che era preclusa alle donne.

Adhira era arrivata ad un punto della sua vita per cui le uniche vie da seguire, in quel Paese arido di ampie vedute nei confronti della posizione femminile, erano il matrimonio o la morte. In uno stato che non prestava la propria attenzione ai sentimenti delle persone, che si prendeva gioco della felicità delle donne, che privava loro di qualsiasi forma di autonomia ed emancipazione, che le soggiogava al dominio esclusivo degli uomini, che le confinava in un’ignoranza non voluta, che tarpava le ali alle ragazze in cerca di un futuro, non c’era posto per la principessa Adhira.

Lei, che queste regole le aveva sempre sentite strette, voleva scrollarsi di dosso la docilità e il rispetto che aveva sempre dovuto obbligatoriamente ostentare nei confronti di una società impositiva e giudicante.

Sua madre, la regina Garima, però, aveva già organizzato con sconfinata devozione le nozze che, a suo dire, avrebbero una volta per tutte fatto dimenticare alla figlia le balordaggini su cui era solita fantasticare. Il matrimonio l’avrebbe resa una persona seria e capace di badare a se stessa. Adhira era cosciente di quanto la aspettava.

Adhira conosceva le parole che, come le note di un dolce sussurro, le avrebbero rivelato il suo futuro, quell’immagine di un domani autonomo e gioioso, offuscato dalle aspettative che sua madre riponeva in lei. Era consapevole che quelle tre, semplici parole avrebbero frantumato il suo destino e i cocci che lo schianto avrebbe provocato non sarebbero stati raccolti da nessuno.

Devozione a vita. Era questo che più temeva la principessa. Aveva paura di dover confinare i suoi stati d’animo, di doversi mostrare gentile e servizievole, di non potersi ribellare, ma soprattutto il timore di essere costretta ad amare qualcuno che odiava. Garima confidava nel fatto che sua figlia sarebbe diventata il prototipo di moglie ubbidiente, di madre premurosa e di donna produttiva in casa.

Ma ciò che Adhira voleva veramente fare nella sua vita era realizzare coltelli. Di nascosto lavorava per il fabbro di corte, che le aveva insegnato tutto quello che c’era da sapere sull’arte della forgiatura. Le aveva spiegato come affilarne la lama, come lucidarne il manico, come renderne il dorso pratico e maneggevole. La sua passione così forte l’aveva portata a creare splendide impugnature intarsiate d’oro e metalli preziosi o decorate con filamenti di broccato; incideva le lame ricreando scene di vita quotidiana e scalfiva la parte tagliente sino a disegnare con maestria eventi sacri della religione.

Essendo donna, però, le era proibito aspirare a ruoli come quello del suo maestro e non poteva sfuggire alla realtà che si presentava davanti ai suoi occhi. Avrebbe dovuto scegliere come marito uno dei pretendenti, arrivati da tutta l’Asia: la attendeva il matrimonio con un ragazzo sconosciuto, di cui non sapeva nulla, e con cui avrebbe dovuto costruire il futuro del suo reame.

Dinanzi alla principessa si stagliavano quattro figure dalle vesti inamidate, circondate da pomposi doni, atti ad attirare l’attenzione di Adhira e a crearle un’ottima impressione sulle loro aristocratiche origini. Sciorinavano con fervore infiniti elenchi di possedimenti dislocati in ogni parte del mondo, annotando con puntualità la sfarzosità e l’eleganza delle loro dimore.

Per lei erano giunti il Re Arabo, il Sovrano del Kuwait , l’Emiro del Qatar e il Sultano dello Yogyakarta, quattro giovani dal sangue blu che chiedevano la sua mano. Secondo Adhira, tuttavia, presentavano la loro più bella immagine solo per accrescere il loro potere e dare mostra di bravura nel governare e accontentare le richieste del popolo. Lei sarebbe stata solo un oggetto da esposizione, un mezzo utile al fine di accudire i figli, per far crescere i futuri eredi floridamente.

Non aveva alcuna intenzione di sacrificare la sua vita a favore di un approfittatore, no, non avrebbe mai potuto siglare un patto che la avrebbe forzata dentro le mura di un avvenire insipido. Adhira si era smarrita nei meandri dei suoi pensieri, ma a riportarla alla realtà ci aveva pensato Garima, che con fare petulante esortava la figlia a decidere quale sarebbe stato il suo futuro sposo.

I principi trepidavano dall’agitazione, non vedevano l’ora che risuonasse, come l’ eco tra le forre d’alta montagna, il loro nome; già immaginavano le labbra della principessa scandire quelle agognate parole. La fanciulla non gli avrebbe concesso il lusso di crogiolarvisi dentro. Li avrebbe fatti angosciare. Li avrebbe tenuti sulle spine fino all’ultimo momento. L’ultimo respiro. L’ultimo battito.

«Madre, avrei una richiesta»- esordì mellifluamente Adhira – «vorrei sottoporre i miei pretendenti ad una prova che mi dimostri il loro valore e le loro buone intenzioni.»

«Adhira, ma cosa ti passa per la testa? Sei talmente incosciente da dubitare della veridicità dei discorsi di questi integerrimi principi?»

No madre. Voglio somministrare loro questo esame esclusivamente per essere sicura di compiere la giusta scelta, non vorrei rischiare di commettere un grossolano errore in questa significativa decisione.»

«Figlia mia, come potrei negarti questa possibilità? In gioco ci sono le sorti del regno, non possiamo correre un tale pericolo! Metti a conoscenza mia e dei tuoi ospiti i criteri di questa prova, cara.»

«Volentieri, madre. È molto semplice: questa sera sarete chiamati a dormire su un letto costituito da venti materassi, venti cuscini e venti guanciali. Colui che sopravviverà alla nottata diventerà mio marito.»

Quelli che prima erano volti spavaldi, in quel momento avevano subìto un cambiamento repentino e inaspettato: credevano di riuscire a conquistare la sua mano facilmente, d’altronde avevano al seguito centinaia di servi e doni di valore incommensurabile, con i quali, ne erano certi, avrebbero ottenuto le grazie della bella Adhira.

Invece gli veniva posta una prova alquanto inaspettata: cosa mai sarebbe potuto succedere nella quiete di una stanza situata all’interno di una reggia protetta da soldati armati?

In stato confusionale, la regina provava a chiedere spiegazioni più dettagliate alla figlia, la quale era irremovibile e poco incline a fornire delucidazioni. Nonostante il mistero aleggiasse tra i presenti, Garima fece accomodare i pretendenti nelle quattro sale fornite del particolare giaciglio richiesto dalla principessa.

Spaesati, i principi si coricarono, nella speranza di essere scelti, il giorno successivo, come eredi al trono.

Era notte fonda quando qualcosa di tagliente cominciava a pungolare la schiena dei quattro giovani, quando il sonno era venuto meno a causa di una sporgenza proveniente da sotto le lenzuola, una punta acuminata che non gli lasciava tregua.

Era notte fonda quando dall’entrata delle camere, Adhira entrava ed estraeva un pugnale dall’ultimo materasso di ognuno dei quattro letti.
Era notte fonda quando la principessa, con una pugnalata, poneva fine alle vite dei pretendenti.

Era notte fonda quando i loro cuori avevano smesso di battere, trapassati dalle lame luccicanti, con manici intarsiati d’oro e decorati con filamenti di broccato.

Le stesse lame, che Adhira aveva forgiato con amore, scrivevano la parola fine alla cosa che più di tutte aveva odiato. Le lame, una potente arma a doppio taglio. Una liberazione per Adhira. Un sigillo della morte per i quattro principi.

Era notte fonda quando una figura femminile, dotata di una cintola da cui pendeva un coltello dorato, correva, correva e andava verso una libertà sempre meno lontana.

Corri, Adhira, corri.

Pubblicato: 24 Marzo 2023
Fascia: 13-15
Commenti
Mi piace molto che lei vuole essere come una ragazza ribelle che vuole fabbricare coltelli, è che la madre vuole farla sposare così diventa una donna gentile e servizievole, è lei la notte va in camera è con il coltello creato con le sue stessa mani li uccide è scappa via libera, senza nessuno che le dice come comportarsi è chi sposare
07 maggio 2023 • 22:58
Mi piace l'idea alla base di questa storia, che è un po' come una "rivisitazione al contrario" della principessa sul pisello. Trovo inoltre il racconto anche moralmente utile, e questa non è una cosa da poco; secondo me lo/la scrittore/scrittrice si è immedesimato bene nella storia e l'ha raccontata come se fosse dentro la storia. A mio parere la parte dove Adhira uccide i principi è un po' macabra e spinta, anche in un bel testo ciò non ha molta importanza
03 maggio 2023 • 21:49