Te mia dolce violetta, te che sei l’amore della mia vita, la mia metà, quella parte mancante della mia persona, che troppo tardi ho trovato, e che troppo presto come un fiore a cui le radici sono state strappate, ha iniziato ad appassire. Noi, due ragazze che si sono incontrate in un bosco, raccogliendo fiori; noi che subito abbiamo iniziato a parlare, mentre come due anime affini, ci dicevamo tutto e niente l’una dell’altra appena incontrate. Noi che abbiamo passato i pomeriggi a cucinare dolci, a camminare nel bosco dove inconsapevolmente avevamo trovato la persona che ci completava. Noi che abbiamo ballato sotto le stelle, che abbiamo parlato sotto le stelle, che abbiamo pianto e litigato sotto le stelle e che abbiamo confessato il nostro amore reciproco sotto di loro. Noi che ci siamo baciate sotto alle stelle, che abbiamo giurato amore eterno sotto di loro; ma alle stelle il nostro amore non piaceva, e si sono rivoltate contro di noi. Tu, mia graziosa violetta, con i tuoi occhi verdi, che ogni giorno continuavano a scrutare il mondo con la pura innocenza di un bambino e che ogni giorno si continuavano ancora a meravigliare di tutto quello che li circondava; tu, con i tuoi capelli castani e mossi, con cui tanto amavo giocare mentre ci stendevamo nel bosco dove ci siamo conosciute, mentre mi raccontavi di tutto quello che ti passava per la testa e io ancora dopo anni stavo a sentire affascinata da tutte le parole che uscivano dalla tua bocca con quella tua voce soave. Tu, l’amore della mia vita, hai iniziato ad appassire troppo presto quando una terribile malattia decise di rovinare la nostra storia d’amore; per mesi, anni, ti vidi soffrire, ma tu continuavi a sorridere, continuavi a portare luce nella mia vita, anche se entrambe sapevamo che la tua luce si sarebbe spenta presto. Ogni giorno ti portavo delle violette, e ogni giorno te le osservavi come se fossero sempre nuovi fiori dall’aspetto ultraterreno. E io piangevo, piangevo così tanto, piangevo perché mi avresti lasciata e perché io non sarei mai più stata completa senza di te; e tu piangevi, piangevi per me, piangevi perché la nostra storia non sarebbe mai stata completa. E piano piano i tuoi petali cadevano, e il luccichio nei tuoi occhi diventava sempre più debole ogni giorno che passava. E una mattina entrai come al mio solito nell’ospedale dove stavi passando gli ultimi momenti della tua vita, con il solito vaso di violette in mano e un libro di poesie da leggerti. Ma subito un’infermiera mi corse incontro, e mi disse che te n’eri andata. Tu mia dolce violetta eri appassita definitivamente di notte, sotto alle stelle, la notte del 4 ottobre, esattamente sei anni dopo che ci eravamo confessate il nostro amore. Penso di non saper nemmeno descrivere il dolore che provai in quel momento: il mio angelo mi aveva lasciato, e io non ero lì. Non ti avevo propriamente detto addio, non ti avevo tenuto la mano per l’ultima volta. E in quel momento sentii un pezzo della mia anima frantumarsi, e poi un immenso vuoto che era ormai incolmabile. E le lacrime iniziarono a colare dai miei occhi, infermabili. Piansi e piansi per giorni nel letto dove avevamo entrambe dormito per anni; piansi coccolando il nostro gatto Narciso, che non capiva dove la sua altra mamma era finita, e che mi leccava le lacrime come a volermi consolare. Ma nulla riusciva a fermare il mio dolore. Avevo perso la mia musa, la persona che mi capiva e che mi completava. Ascoltai per giorni le canzoni su cui ballavamo, che mi ricordavano così tanto la mia amata violetta, ma che mi creavano ancora più dolore e intanto il vuoto incolmabile dentro di me cresceva e cresceva; e per settimane questo circolo vizioso continuò e io continuai a piangere, sperando che dalle mie lacrime nascesse una violetta e che tu tornassi al mio fianco, mia amata. Un giorno decisi di uscire finalmente di casa e mi diressi al nostro bosco, il nostro luogo magico, il nostro posto speciale. Andai nel punto dove ci stendevamo sempre, ma questa volta tu non eri lì. Ma con mia sorpresa notai che delle violette stavano crescendo tra l’erba verde, e subito le lacrime iniziarono a sgorgare. Era un tuo segno, ne ero sicura. E da quel momento ogni giorno mi recai nel nostro posto e mi sedetti accanto alle violette, iniziando a parlare come se te fossi ancora lì con me; da quel giorno, per ormai tre anni, ti leggo poesie, ti racconto della mia vita e di quanto ancora mi manchi. La vita andava avanti, io provavo ad andare avanti, ma tu eri perennemente nei miei pensieri. Dopo anni ancora sentivo quella parte di vuoto incolmabile; e per due anni ho convissuto con questo vuoto, ho vissuto con la consapevolezza che la mia anima gemella se n’era andata, che il fiore che illuminava la mia vita era totalmente appassito e che non sarebbe mai rinato. Ma continuai comunque a vivere la mia vita, con il nostro gatto, con le persone a me care e con le violette che visitavo giornalmente nel bosco. Ma con il passare del tempo questo non mi bastava più, mi mancava tutto di te, e più pensavo a te più tutto il resto perdeva importanza; iniziai a perdere la motivazione in tutto, non avevo più voglia di fare nulla, tranne che pensare a te e contemplare il dolore che la tua morte ancora dopo anni mi aveva lasciato. E, più il tempo passava, più iniziavo a perdere la voglia di andare avanti, perché senza di te la vita non aveva più senso, perché tu eri la mia vita. E la luce, la speranza, quella fiammella che con la tua morte si era tanto indebolita, continuò ad affievolirsi sempre di più e faticava sempre di più a rimanere accesa. Iniziai a isolarmi da tutti, a non voler più uscire di casa, se non per andare nel bosco dove ci eravamo conosciute, il bosco dove avevo conosciuto la mia amata violetta, l’unico posto sulla Terra che ormai mi faceva sentire al sicuro, perché era il luogo dove ti sentivo più vicina a me. I giorni passavano, e io continuavo a peggiorare: iniziai a farmi del male, mi punivo perché tu non c’eri più, e anche se consapevole che non avrei potuto salvarti, io mi sentivo in colpa. Ma l’unica cosa che non smisi mai di fare, era visitare il bosco e stendermi di fianco a quelle magnifiche violette. Al momento, sono stesa proprio qui, e so che questi saranno i miei ultimi pensieri, prima di rivederti. Perché continuare a vivere senza la mia metà non aveva più senso ormai e quindi ho deciso di porre fine alla mia vita. In questi ultimi istanti, dove esalo i miei ultimi respiri, per quanto egoista può sembrare, non penso a tutti i miei affetti che sto lasciando, ma solamente al fatto che ti rivedrò, mia amata. E nulla potrà più separarci. Perché ti sbagliavi, mia violetta, a paragonarmi alle stelle, perché io non sono e mai sarò, una stella. Io sono il bosco che circonda quelle meravigliose violette che per anni ho visitato, che le protegge da tutto; io sono le piante, io sono l’erba e i piccoli fiori bianchi che incorniciano le violette facendole risplendere. E quando un’ultima lacrima cade dal mio viso sull’erba e il mio corpo esala il suo ultimo respiro, la mia vita finisce, ma ne inizia una nuova, dove ci completeremo per sempre.