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La finestra

Una ragazza sta leggendo un libro seduta accanto alla finestra. La storia la prende tanto che non riesce a staccare gli occhi dalle pagine. Mentre segue con attenzione la vicenda che assorbe tutta la sua attenzione, sente un improvviso rumore che sale dalla strada. Sarà stato un incidente si dice. E riprende a leggere. Ma subito dopo ecco un altro colpo. Il vetro della finestra trema. Perfino il libro trema fra le sue mani. Ma lei non vuole a nessun costo staccarsi dalla pagina. Che mi importa di quello che succede in strada!, si dice. Al terzo colpo però è la casa intera che si scuote e traballa. E lei non può fare a meno di alzarsi e avvicinare la faccia al vetro. Quello che vede le fa cadere il libro dalle mani…

Effettivamente non posso negarlo, quel libro era decisamente affascinante, un romanzo con la “R” maiuscola, di quelli che si leggono in una notte, con la tazza di caffè sul comodino. E, sebbene non ricordi con precisione come siano andate le cose quella sera, e le mie idee siano tutt’ora abbastanza confuse, la trama di quel libro era a dir poco epica, su questo non ho dubbi.

Un rapporto viscerale tra due persone. Due amanti. Lei morbosamente possessiva, e lui che non ne può più di quella situazione, e si concede una pausa di riflessione.

Rabbia. Lei è accecata dalla rabbia che si impadronisce delle sue braccia. Un colpo in testa sferrato con un candelabro poggiato su una mensola. Il primo vetro che si rompe. Altri colpi diretti e dinamici che sventrano l’amante. Sangue. Uno specchio che si spacca. Una scheggia di vetro che le taglia la carne giovane. La finestra che si apre. Il corpo esanime che cade su una macchina parcheggiata nel giardino che dà sulla strada. Altri vetri in frantumi.

Erano circa le dieci di sera quando decisi di mettermi a leggere. Avevo scelto quel romanzo perché ero da poco uscita da una storia d’amore che mi aveva lacerato e avevo bisogno di leggere di storie come la mia; storie in cui giocando troppo con questo sentimento si finisce per farsi male. Non che la mia relazione con Thomas fosse finita a causa della morte di qualcuno, ovvio, ma ero convinta che vedere l’infelicità di qualcun altro, concentrata in lettere e impressa sulle pagine, mi avrebbe aiutato a distogliere i pensieri da ciò che in quel momento mi stava dilaniando il cuore. Stavo per iniziare il sesto capitolo quando per la prima volta sentii quel rumore. Proveniva senza dubbio dall’esterno. Non me ne preoccupai, non era raro essere disturbati da rumori urbani in un quartiere come il mio.

La lettura mi aveva ormai catturato, quando per la seconda volta sentii un altro rumore, leggermente diverso dal precedente, che sembrava provenire dal mio balcone. La finestra tremò e un brivido, dal mio ventre si fece spazio tra gli organi, gelato e pungente come lame ghiacciate. Decisi di scendere al piano inferiore per cercare la compagnia dei miei genitori, ma non feci in tempo a formulare il pensiero che mi bloccai: come ogni venerdì sera erano a cena fuori, gozzovigliando e spendendo soldi senza ritegno, lasciando me sola in casa.

Così, abbandonata ogni speranza di compagnia, tornai

nuovamente a leggere, ma sentivo ormai un senso di placido panico incrostato addosso, come se la catastrofe fosse imminente. Una sensazione che non faceva che aumentare quel leggero senso di nausea che mi portavo dietro da ormai qualche ora. Posai nuovamente il libro sul comodino, mi infilai la vestaglia maculata che mi avevano regalato i miei e andai in bagno sperando che, mettendomi due dita in gola e provando a vomitare, sarei riuscita a scacciare quel senso di malessere che stava prendendo il sopravvento. Entrai in bagno e, con le mani sui bordi del lavandino, mi guardai allo specchio notando subito che non ero al massimo: il pallore morto del mio viso lottava il viola scuro e torvo delle occhiaie. Mi sciacquai la faccia, provai senza successo a vomitare e, poi sentendomi un po’ meglio, mi rimisi sotto le coperte, luce soffusa e libro alla mano. Continuai a leggere per qualche minuto ma, improvvisamente, di nuovo quel maledettissimo rumore, questa volta accompagnato dall’intero movimento della stanza che iniziò a tremare. La scossa fu breve e, tornato il silenzio, non potei fare a meno di avvicinarmi alla finestra che era misteriosamente aperta. Mi affacciai sul balcone e lo riconobbi subito. Un grido di terrore. Buio.

Rinvenni poco dopo, sebbene mi sembrasse di aver dormito molto più tempo. Ero sdraiata sul pavimento della mia camera, supina, gli occhi sbarrati che fissavano il soffitto, il respiro corto, la testa che girava ancora. Stesa su un fianco, cercai di rialzarmi e riuscii a stendermi sul letto. Mentre riprendevo conoscenza ripensai a ciò che avevo visto, convincendomi che una simile cosa non potesse essere accaduta veramente. Impossibile. Per rialzarmi dovetti aggrapparmi al letto e, non appena fui di nuovo sulle mie gambe, una seconda fitta alla testa mi costrinse a sedermi sulle lenzuola, lasciandomi in uno stato di totale assenza e confusione. Riuscii finalmente a stare in piedi con le mie sole forze e mi avvicinai lentamente alla finestra, che solo ora mi accorgevo essere rotta. Mi affacciai, sperando che quanto avessi visto fosse frutto della mia immaginazione. Ma, proprio in quel momento, quando l’aria gelida iniziava a scompigliarmi i capelli, i miei occhi captarono un’immagine che mi fece contrarre incondizionatamente lo stomaco costringendolo a svuotarsi, senza neanche avere modo di correre verso il bagno. Vomitai sul corpo di Thomas, che giaceva livido e sanguinante sotto al mio balcone, intrappolato tra i vetri della sua macchina che brillavano, cristallini e ricoperti di sangue, sotto la luna. Rubini preziosi sparsi nel giardino della mia casa…

La particolarità della mia casa – o meglio, la fissazione di mio padre – fa sì che tutte le camere si affaccino sulla strada, ad Est, così che la mattina sia il sole l’unica fonte di energia luminosa. “Economia sul consumo di stampo ecologico’’, la chiama il mio vecchio, perifrasi colta e ridondante per esprimere il concetto di “bolletta leggera’’. E d’altronde, come dargli torto con i tempi che corrono.

Quella sera avevo deciso di rimanere a casa perché la facoltà che ho scelto prevede un test d’ammissione decisamente impegnativo. Erano le dieci di sera quando feci una pausa e andai a fumare una sigaretta vicino alla finestra. Non fumo moltissimo, ma sono totalmente convinta che più che dalla nicotina io sia dipendente dai quei cinque minuti di pace che solo le sigarette sanno dare, cinque minuti che sono solo tuoi e di nessun altro.

Avevo appena spento il mozzicone sul davanzale quando vidi una macchina fermarsi nel vialetto opposto alla mia strada. Ne scese un ragazzo sulla ventina, alto, capelli corti e castani, non molto robusto. Spense una sigaretta quasi terminata, e si diresse verso la porta di casa, aprendola con un mazzo di chiavi prese da sotto lo zerbino. Lasciato il ragazzo con la chiave nella serratura i miei occhi si spostarono al secondo piano dell’abitazione, dove una ragazza accanto alla finestra della sua stanza, stava fissando la macchina appena parcheggiata.

Ci siamo trasferiti da poco in questo quartiere e non conosco ancora il vicinato; l’unica cosa che so è che quella ragazza è probabilmente una mia coetanea, e il suo sguardo mi ha sempre lasciato un senso di inquietudine addosso. Una di quelle persone che a incontrarle per strada si ha l’istinto di passare dall’altra parte del marciapiede. Il ragazzo, che ipotizzai fosse il fidanzato, era arrivato al piano superiore. Una volta entrato nella stanza di lei aveva iniziato a parlare e, sebbene non avessi gli occhiali, i suoi gesti e quel poco che riuscivo a percepire dalla sua espressione indicavano uno stato di disagio, come se quelle che stava pronunciando fossero le sue ultime parole. E, in effetti, fu proprio così, perché dopo una breve discussione la ragazza afferrò un candelabro d’argento dalla mensola accanto alla finestra e, con rabbia cieca, colpì il fidanzato in pieno volto, facendolo barcollare e cadere addosso ad uno specchio che andò inevitabilmente in frantumi. Il ragazzo svenne sul colpo, ma la furia omicida alla quale stavo assistendo non si placò. Lei, infatti, continuò a infliggere colpi sempre più profondi al corpo privo di sensi che giaceva a terra e vomitava sangue nero e denso. La macabra scena continuò per pochi istanti nei quali i miei occhi erano immobili, sfere tonde, attratte da un’immagine nera. Terminata la serie di colpi la ragazza scagliò l’arma contro la finestra, che si infranse, e corse fuori dalla stanza, forse verso il bagno, piegata leggermente in avanti, come volesse vomitare da un momento all’altro. Fu in quel momento, nei brevi minuti in cui la mia visuale abbracciava solo quel cadavere massacrato, che chiamai la Polizia. «Ha fatto bene signorina, ma la prego, vada avanti, la sua testimonianza è ricca di particolari utili».

Non appena si concluse la telefonata, vidi nuovamente la ragazza rientrare in camera e, con freddezza, sollevare a fatica il corpo di lui, ormai diafano. Poi si avvicinò alla finestra rotta e lasciò cadere il cadavere dal balconcino, facendolo schiantare contro il vetro anteriore della macchina parcheggiata davanti all’ingresso di casa. Il vetro si disintegrò completamente e il corpo dell’amante rimase incastrato tra i vetri taglienti come un burattino del demonio, lanciato lì, su quella macchina che fino a pochi secondi prima aveva probabilmente suonato la sua musica preferita.

Poi successe una cosa che tuttora non mi spiego: sbarazzatasi del corpo, la ragazza andò a sdraiarsi sul proprio letto e cominciò a leggere un libro, come se nulla fosse accaduto. Dopo qualche minuto di intensa lettura, si alzò di colpo tappandosi le orecchie, come se avesse sentito un rumore fortissimo. Con le mani intente a ripararla da rumori che solo lei percepiva si avvicinò nuovamente verso la finestra. Puntò gli occhi sul corpo che poco prima aveva trucidato, lanciò un grido di terrore e svenne. Riprese i sensi dopo pochi secondi, e ripetendo le stesse identiche azioni compiute qualche istante prima, si riaffacciò nuovamente alla finestra, non potendosi trattenere dal vomitare copiosamente al di sotto del balconcino, sul corpo dilaniato del proprio amante.

Pubblicato: 1 Giugno 2021
Fascia: 19+
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