Quante volte ci è capitato di rimanere soli?
Per alcuni è quasi divertente mettersi in un angolo di una stanza a osservare chi o cosa lo circonda.
Si potrebbe osare dire che la maggior parte delle persone si «affannano» a cercare di appartenere a un gruppo sempre più ampio di persone alle quali bisogna apparire forti e indipendenti. La stessa psicologia ci dice che ognuno mostra agli altri solo ciò che vuole mostrare, tentando sempre di apparire al meglio per riuscire a superare gli altri e sembrare i migliori, facendo spesso nascere conflitti anche tra amici.
Questa però è diventata una cosa talmente normale che ormai, più che essere, bisogna apparire, tentando sempre di emergere, guardando o con uno sprezzante sorriso derisorio o con pietà chi invece preferisce rimanere in solitudine.
Nessuno si domanda mai se una persona voglia stare sola; non per timidezza, non per ansia sociale, né per paura di non essere accettati, ma per propria scelta.
Questo è quello che persone come Alexa dovevano sopportare ogni giorno. Vedere continuamente individui che le giravano intorno mentre la deridevano o la guardavano con quello sguardo odioso di tristezza era ciò che più odiava Alexandra Park.
Ragazza bassina, capelli scuri, occhi chiari, l’unica cosa che non dimenticava mai era le sue cuffiette. Alexandra, chiamata da tutti Alexa o Lexa, preferiva vivere in solitudine a causa del suo carattere.
Aveva una personalità difficile da decifrare, talmente difficile che neanche coloro che l’avevano messa al mondo ci riuscivano; nessuno capiva il perché preferisse osservare in silenzio la vita degli altri invece che vivere attivamente la propria. Nessuno capiva che Alexa, in realtà, voleva rimanere sola per evitare che gli altri soffrissero a causa sua e della sua malattia che le portava spesso forti dolori. Tutto ciò che provava non era altro che paura, paura di abbandonare le persone a lei care lasciando in loro un vuoto incolmabile, proprio come era accaduto per lei a causa della scomparsa del nonno. Tuttavia lei trovava davvero divertente e soddisfacente il guardare i piccoli quadretti di vita quotidiana che la circondavano, uno dei suoi luoghi preferiti era infatti il parco, dove si sedeva sulla solita panchina a osservare lo scorrere della vita altrui in quanto era convinta che la malattia l’avrebbe portata via prima di riuscire a vivere tutte le esperienze delle quali erano protagoniste le persone che osservava nel parco.
Da proposte di matrimonio, a litigi d’amore, a eventi di poco conto come un semplice picnic, Alexa su quella panchina riusciva a guardare e a percepire le emozioni più disparate, difatti, a differenza di come poteva sembrare, era in realtà una ragazzina molto empatica. Guardare le persone soffrire o gioire, seppur delle piccole cose, influenzava fortemente il suo stato d’animo. Il riuscire a sentire le emozioni altrui le permetteva di costruire un mondo tutto suo dove poter spaziare con l’immaginazione.
Questo però non era ciò che gli altri pensavano, partendo dai suoi genitori, che la consideravano una ragazza piuttosto apatica e quasi sadica, decidendo così di portarla da una psicologa.
La ragazza odiava quasi i suoi genitori per questo, si domandava perché si ostinassero a non capire.
Un giorno, dopo la solita inutile seduta dalla psicologa, le cose sfuggirono di mano e la donna definì Alexa una ragazza ormai irrecuperabile, portando la giovane a lasciare in silenzio lo studio, sbalordendo anche i suoi genitori per la calma con la quale se n’era andata.
Per gli esseri umani è normale perdere la calma. C’è chi si sfoga perdendo quasi connessione con il mondo in cui sta vivendo e chi, invece, continua a trattenere la propria rabbia creando un nodo alla gola che porta poi a una forte voglia di piangere. Quest’ultimo era ciò che accadeva a Lexa ogni volta, con la differenza che, a causa dei suoi problemi di salute, ciò la portava a forti fitte al petto. La rabbia provocatagli dalle parole della psicologa, la frastornò talmente tanto che si ritrovò a correre verso la sua panchina nel parco dove pianse fino a quando, all’improvviso, arrivò un ragazzo, che cautamente, con il viso corrucciato dall’evidente preoccupazione, le chiese come mai stesse piangendo. La ragazza, sperando di mandare via il ragazzo per rimanere sola, non rispose; ma, inaspettatamente, l’altro sorrise e si sedette di fianco a lei senza dire più nulla.
Stupita, Alexa iniziò a fissarlo con gli occhi spalancati, ma lui continuò a ridere per il suo broncio e i suoi occhi irritati dal pianto. Presto i due rimasero in silenzio a osservare gli alberi e a sentire il fruscio delle foglie.
Fu così che, senza proferire parola, i due si alzarono contemporaneamente, si osservarono e, mentre la ragazza stava per rivolgergli la parola, il ragazzo si voltò e se ne andò, ma quegli occhi azzurri e quei capelli neri rimasero impressi nella sua mente e per la prima volta, dopo tanto tempo, sentiva nuovamente la mancanza di qualcuno al suo fianco. Quello sguardo magnetico la lasciò così sovrappensiero che non si accorse neanche dei suoi genitori quando arrivò a casa e si chiuse in camera a pensare come accadeva di solito.
Non capiva come mai il ragazzo non avesse avuto la stessa reazione che di solito avevano le persone, anzi, si era messo a riderle in faccia. Questo le fece sviluppare una forte curiosità per quegli occhi blu mare.
Fu con questi pensieri che andò a dormire quella sera, ma fu proprio durante la notte che si sentì davvero spiazzata in quanto, dopo anni che non le accadeva, le venne in sogno quella che era stata la persona più importante della sua vita, l’unico che la capiva, il suo caro nonno. Leggermente calvo, una fine barba bianca, l’unica cosa che quest’ultimo fece fu sorridere per poi sparire.
La mattina dopo, nonostante fosse ancora frastornata, si recò subito alla sua panchina per cercare di placare il vortice di pensieri che la circondava, continuando a pensare allo strano sogno che le era capitato; iniziò a vaneggiare così tanto che si domandò persino se il suo sogno fosse collegato all’incontro con lo strano ragazzo, arrivando però alla conclusione che non poteva trattarsi di altro se non di una mera coincidenza.
Ciò che però Alexa non sapeva, era che nulla accade per caso.
Dopo aver passeggiato per un po’ arrivò finalmente al parco, dove trovò il misterioso ragazzo seduto a fissarla.
Quasi senza sapere come, Alexa si ritrovò seduta di fianco a lui, si fece coraggio e rivolse per prima la parola al giovane, cosa che raramente accadeva, ma il corvino le emanava tranquillità. Il giovane, dopo averla fissata seriamente per un minuto intero, scoppiò in una fragorosa risata che colse di sorpresa la ragazza che, arrabbiata, si alzò di scatto e fece per andarsene quando fu tirata giù a sedere dal ragazzo che aveva smesso di ridere e la guardava quasi con tenerezza. Dopo qualche altro secondo di silenzio il ragazzo si presentò come Jack e così i due iniziarono a parlare e Alexandra scoprì così che anche lui era un ragazzo solitario per lo stesso motivo per il quale lo era lei.
A un certo punto, preso il suo cellulare, si accorse che era il 20 febbraio, data che aveva completamente dimenticato a causa degli strani eventi che le erano capitati ultimamente.
Il 20 febbraio era il giorno dell’anno più odiato dalla ragazza.
Quando si è legati a una persona, perderla può portare a gravi danni di tipo psicologico. Ci si rifugia nel silenzio tentando di arginare il dolore, ma quando ciò non accade si potrebbe anche cadere in problemi più gravi come l’alcolismo, il soffrire di attacchi di panico e insonnia, che potrebbero portare a fare del male non solo a se stessi, ma anche agli altri.
Per Alexa il 20 febbraio rappresentava il giorno più triste dell’anno, l’anniversario della morte del nonno, l’unico con il quale aveva un rapporto talmente intimo da fare invidia a chiunque altro.
Ogni anno, in quella data, la ragazza comprava un fiore che portava poi sulla tomba dell’anziano signore, dove si sedeva per rivivere la sensazione che provava da piccola quando si dondolava sulle gambe del nonno.
Così corse via dal parco e dopo aver comprato un fiore, si recò al cimitero; ma, avvicinandosi alla tomba del nonno, vide due figure maschili di spalle che fissavano la lapide. Non appena i due si voltarono Alexa rimase talmente scioccata che svenne. Quando si risvegliò pensò di aver avuto qualche allucinazione, ma appena si voltò vide Jack di fianco al nonno che gli sorrideva. Dopo aver superato lo shock iniziale, la ragazza si fiondò tra le braccia dell’anziano, rendendosi conto però della situazione, pensò di essere morta, ma prontamente Jack, vedendola spaventata, la rassicurò dicendole che al momento si trovava in coma a causa di un arresto cardiaco che l’aveva colpita appena uscita dallo studio della psicologa e che lui era in realtà nulla di più che il suo angelo custode; rivelandole il proprio compito, ossia quello di farla finalmente riappacificare con se stessa, tornando a essere la bambina gioiosa di un tempo che si divertiva a saltellare mano nella mano con il suo nonno. Infatti, nonostante sembrasse una ragazza debole e solitaria, aveva in sé una forza nascosta e una voglia di vivere immensa.
Quello che spesso molti non capiscono è che sopprimere una parte di sé, sia per compiacere gli altri, sia per tentare di vincere il dolore porta a non essere felici e, nonostante spesso ci siano momenti in cui si preferisce rimanere soli, si ha sempre bisogno di qualcuno di speciale nel nostro cuore che riesca ad aprire tutte le porte della nostra anima. Per Alexa la chiave per aprire quelle porte a quella bambina gioiosa che era stata rinchiusa per troppo tempo a causa del dolore, era proprio il nonno.
Fu così che all’improvviso si risvegliò dal suo sonno sorridendo mentre ripensava alle parole del suo nuovo amico e dell’ultimo caloroso sorriso che il nonno aveva utilizzato per risvegliare la sua forza di volontà. Ciò dimostra che persino le anime più sole cedono davanti all’amore.