Si narra che nel 1564 il capitano Lawrence, durante una spedizione nell’America latina trova un luogo bellissimo, con un paesaggio meraviglioso e una fauna, con animali che si pensavano già estinti. Il capitano, stupito, decide di controllare, quindi si addentra in una foresta: Lawrence nota delle differenze, soprattutto negli animali, infatti c’erano animali mai visti dall’uomo che, all’apparenza, sembravano feroci e pronti a sbranarti ma che, alla fine, si rivelavano docili e sembravano come animali domestici. Le piante sembravano quasi paradisiache e nell’aria volavano dei pappagalli che sfoggiavano il loro piumaggio. Lawrence si faceva strada con un machete, visto che le piante erano troppo fitte e, nel tagliarle, si sentiva in colpa con se stesso visto che stava rovinando quella specie di paradiso terrestre, facendo del male alle piante e rovinando la foresta.
Man mano che Lawrence si addentrava le piante, le palme e gli alberi diminuivano e il suono di un canto aumentava sempre di più. Infatti, arrivato alla fine di questa enorme foresta fantastica, trova degli indigeni accampati in una caverna illuminata da un piccolo fuocherello e, appena visto il capitano, scappano. Subito il capitano Lawrence va nella caverna a esplorarla: le pareti erano ricoperte da incisioni che raffiguravano la storia del popolo degli indigeni che aveva spaventato col suo arrivo. Lawrence cerca di decifrare le incisioni, e arriva a capire che, quest’ultime, raccontano il momento di difficoltà che stava vivendo il territorio durante l’insediamento degli indigeni. Sul fondo della parete c’è un’incisione enorme, che raffigura una bottiglia di vetro con delle personcine, degli animali e degli alberi incisi all’interno. Il capitano Lawrence capisce che nella bottiglia ci vive un popolo e, guardandosi intorno, vedendo il paesaggio paradisiaco, capisce che gli indigeni, non ancora sviluppati come i popoli europei, non possono aver aiutato il territorio a stabilizzarsi, quindi devono essere stati aiutati dal popolo situato all’interno della bottiglia.
Lawrence non è ancora sicuro della sua teoria ma, estasiato dalla possibile realtà di quest’ultima, decide di cercare la bottiglia: il capitano cerca in lungo e in largo, senza riscontri positivi ma, nell’esaminare una grotta, con un piede, fa scattare una roccia che, a sua volta, fa scattare una serie di ingranaggi che sollevano un piedistallo di roccia su cui è posata la bottiglia di vetro. Il capitano la prende senza pensarci due volte e comincia a correre verso la nave, impaurito dal fatto che gli indigeni la possano cercare e, non trovandola lo inseguano e, conoscendo molto meglio il territorio, lo raggiungano, anche perché il capitano aveva una certa età. Il capitano, sfortunatamente, tornando dalla caverna, viene visto da un gruppo di indigeni occupati a cacciare che, appena vista la bottiglia in mano al capitano Lawrence lo inseguono ma, fortunatamente, riesce a scappare e a risalire sulla nave. Durante il viaggio di ritorno il capitano esamina la bottiglia con una lente d’ingrandimento e riesce a vedere un piccolo mondo, molto simile al nostro, in cui ci sono delle persone, degli animali e delle piante simili ai nostri. Il capitano, che sta vivendo i suoi ultimi giorni di vita, capito cosa ci fosse all’interno della bottiglia, scrive una lettera per i suoi figli e incarica il suo uomo più fidato di consegnargliela insieme alla bottiglia, se lui non fosse tornato vivo. Lawrence intraprende il viaggio di ritorno durante il quale muore. Arrivata la nave in porto, viene immediatamente consegnata la lettera ai figli del capitano Lawrence: due dei tre non volevano condividere la bottiglia e desideravano tenersela per sé, mentre il figlio maggiore la voleva condividere e, capito che i suoi fratelli non avrebbero mai voluto condividere la bottiglia, decise di nasconderla. Nel farlo, cade e muore per un colpo fatale alla testa.
«Buongiorno ragazzi, mi chiamo James Stewart sono il “salvatore del mondo”. Oggi vi racconterò com’è cominciata, cos’è successo, ma soprattutto come il nostro pianeta è arrivato ad essere quello che oggi possiamo ammirare». È sempre emozionante parlare ai ragazzi, non mi stancherò mai di farlo perché è importante che loro ricordino il punto di non ritorno che l’uomo aveva raggiunto, ma soprattutto come la terra sia rinata. Nel 2107 il sud del mondo era troppo caldo, infatti le persone furono costrette a spostarsi nei paesi più al nord e addirittura nei poli; le isole non esistevano più, sommerse dall’innalzamento dei mari e degli oceani. Tutti i paesi istituirono una legge che dava il numero massimo di persone che ogni stato poteva avere, ed era bassissimo. Arrivati a questo punto di non ritorno l’unica possibilità per la terra di salvarsi era trovare la bottiglia, ma nessuno sapeva dove fosse nascosta, almeno fino a quando la mia aiutante, Samantha, grazie ad una spedizione in Groenlandia alla ricerca di una specie a rischio di estinzione, trova per caso una bottiglia e capisce che è la bottiglia che avrebbe salvato il mondo; ma tempo di capire l’importanza della bottiglia arriva un signore con una giacca di pelle nera, scortato da due uomini con delle pistole: «Salve colleghi ricercatori, credo che quella bottiglia sia di mia proprietà». Samantha, con tono ironico: «Ah si…? Non credo proprio! E poi lei chi sarebbe per prendere questa bottiglia?». L’uomo: «Beh, mi sorprende che non sappia chi sia io. In ogni modo mi presento: io sono Thomas Fox, nonché il discendente del capitano che trovò la bottiglia che ha in mano e vorrei che me la restituisse». Samantha: «Penso che lei non sappia quello che sta dicendo… questa bottiglia appartiene all’umanità». Thomas Fox: «Beh, se non mi vuole dare la bottiglia con le buone me la prenderò con le cattive», fa un cenno alle due guardie e subito le si avventano contro, neutralizzandola.
L’uomo strappa di mano la bottiglia a Samantha, dicendole: «Prendo solo ciò che è mio di diritto» e se ne va con un elicottero. Subito Samantha mi informa dell’accaduto e così parte una corsa contro il tempo per evitare che metta in atto il suo piano maligno. Subito mi ingegno per farmi venire un’idea per cercare di recuperare la bottiglia e, con una ricerca su Internet scopro dove si trovi l’abitazione. Andiamo a casa sua e riusciamo a bypassare il sistema di sicurezza, aspettiamo la notte nascosti in un armadio e gli rubiamo la bottiglia dopo due lunghe ore passate a scassinare la cassaforte. La mattina dopo arriviamo in laboratorio e, attaccato alla porta, troviamo un bigliettino con su scritto: «attento alle mosse che fai, o te ne pentirai amaramente. Venite al campo davanti alla mia abitazione alle 12:00 in punto, mi raccomando non tardate neanche di un minuto o non rivedrai la tua cara Samantha». Alle 12:00 eravamo lì, ma gli tendiamo una trappola ed io e Samantha scappiamo in moto e riusciamo ad incastrare Thomas Fox e lo consegniamo alla polizia.
Il mondo crollava letteralmente a pezzi mentre correvamo per le strade della città: la natura aveva ormai ripreso inesorabilmente il controllo del pianeta di cui l’uomo aveva, con le proprie azioni, cercato di estirpare il controllo. Vedevo come l’essere umano fosse stato in grado di distruggere la sua casa, come fosse riuscito a diventare, con un cervello e una mente più sviluppati, la specie più stupida tra tutte le specie presenti sulla terra. Il cielo era nero, come di consuetudine ormai, e non si riusciva a vedere niente a causa del fumo prodotto dalle industrie.
Con il tempo che ormai stava per scadere, stavamo già istituendo la nuova associazione che avrebbe riunito tutte le nazioni del mondo per raccogliere i fondi necessari per sfruttare il potenziale potere della bottiglia. Nel giro di pochissimi giorni tutte le nazioni facevano parte dell’associazione e tutte avevano fornito dei fondi per costruire la tecnologia necessaria per interpretare la lingua del popolo abitante la bottiglia. Il giorno dopo eravamo in grado di tradurre tutta la lingua del popolo e, subito capita la nostra situazione, quest’ultimo corse in nostro aiuto dandoci subito delle istruzioni per risolvere i problemi più grandi ed importanti: il segreto in verità non stava nel compiere azioni ecosostenibili ma semplicemente dovevamo cambiare noi stessi, che alla fine non è così semplice ma per loro era una cosa normale. Dovevamo involverci: l’evoluzione ci aveva portato oltre il limite del controllo del pianeta ed era diventata la nostra più grande nemica; tanto l’avevamo cercata e ora dovevamo lasciarla. Appena mi si propose la possibilità di poter esplorare il mondo all’interno della bottiglia, ne approfittai subito: mi rimpicciolirono con un macchinario speciale, e in un batter d’occhio mi ritrovai in un Paradiso. Dopo essermi ambientato, andai alla ricerca del popolo e fu facile trovarlo, visto che vivevano in grattacieli completamente in legno con piante dappertutto, e ne rimasi stupito visto che il popolo era riuscito a creare delle strutture usando solo materiali offerti dalla loro terra, mentre noi non siamo mai riusciti a creare delle strutture costruite completamente con materiali ecosostenibili, e qui capii che la differenza tra noi e loro stava nel fatto che noi, al contrario di loro, non abbiamo voluto costruire delle strutture simili pur essendo consapevoli di poterlo fare: la volontà ha fatto la differenza. Anche le case erano in legno e, per spostarsi, usavano i cavalli, avevano un sistema molto avanzato per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti ed erano in grado di riutilizzare ogni tipo di gas prodotto da qualsiasi scarto. Ma soprattutto era il modo di fare e di pensare che mi aprì gli occhi: noi ci credevamo i padroni del mondo, quindi in diritto di plasmarlo e modificarlo secondo la nostra volontà, loro si credevano semplicemente una delle tante specie che abitavano la terra, in dovere di rispettarla e coesistere tra loro. La nostra arroganza ci ha fatto dimenticare che la terra è la nostra casa.
«Ora viviamo in questo mondo bello e in equilibrio con la natura e gli animali, dobbiamo però ricordarci da dove veniamo e il nostro passato per evitare di ripetere lo stesso errore; ricordatevi che l’uomo non può controllare il pianeta, che non è l’unica specie che abita la terra e non deve più fare niente per cambiarla, secondo le proprie esigenze. Rispettate la Terra e lei rispetterà voi».