Si svegliò distesa sul letto e con le flebo nelle braccia. Non sapeva dove si trovasse perché intorno a lei tutto era bianco, non ricordava come e dove fosse finita. Pian piano la patina che aveva davanti agli occhi si andò dipanando, vedeva delle figure umane davanti a lei, le sentiva parlottare e sussurrare tra di loro una mezza dozzina di voci maschili e femminili.
«Cosa è successo? Chi siete?» chiese con voce rauca. La sua gola era un deserto. Si sentiva debole, anzi meglio ancora spossata, il suo corpo pregava di essere rimesso a riposo. Si impose di rimanere sveglia. Per qualche secondo non ottenne risposta, aveva l’impressione che quegli uomini e quelle donne in camice si stessero passando la patata bollente del comunicarle perché diavolo era su un letto con delle flebo senza memoria alcuna. Le rispose un uomo sulla sinistra alto bruno e dal viso scavato nella pietra, ma che sfoggiava un sorriso stranamente raggiante, anche i suoi occhi azzurri sorridevano.
«Signora, lei ha appena subito una delicata operazione oncologica e sono felice di annunciarle che tutto è andato a buon fine.»
Anastasia (ora si ricordava come si chiamava) doveva aver fatto una faccia oltre lo stupito, non stava cadendo dalle nuvole, ma dallo spazio perché non ricordava niente di niente. Il medico quindi chiese.
«Non ricordate nulla?»
«Ricordo solo il mio nome e ho qualche vago ricordo della scuola, ma in testa ho solo il mio nome».
«È normale, signora» le rispose una biondina bassa con una voce squillante. Il tono tradiva però una qualche paura recondita, una sorta di agitazione. Anastasia se ne accorse.
«L’intervento è stato molto invasivo e le sue cellule cerebrali sono state danneggiate».
Fece una pausa, si inumidì le labbra e sorrise.
«Però l’importante è che lei sia viva, la vita che ha davanti è ancora molta e nuova.»
Anastasia si passò una mano dietro la nuca dove sentiva tirare da quando il medico gli aveva iniziato a parlare. Sentì i punti freschi sulla pelle che gli correvano fin sopra la cima del capo. I capelli ovviamente non c’erano più. Guardò a destra verso la porta della stanza, era socchiusa. Le punte di due paia di scarpe si fronteggiavano e un occhio fuggevole guardò attraverso la fessura che venne prontamente richiusa. Non sapeva perché, ma era sicura che stessero parlando di lei.
Parlò a lungo con i medici nella stanza, neurologi, oncologi e uno psichiatra che arrivò per aiutarla a ricordare e che le comunicò che la avrebbero seguita ancora un po’. Sarebbe rimasta lì ancora qualche giorno, poi l’avrebbero riportata a casa. Quando rimase sola nella stanza erano le sette della sera e non ricordava ancora nulla. Per cena bistecca e patate. Squisite.
L’indomani dell’operazione decise di farsi un giro per la struttura e non le sembrava vero. Non poteva esserlo. Fuori tutto era florido, il verde era lussureggiante e predominante negli enormi viali bianchi della città. Le auto non facevano rumore al loro passaggio sotto la sua finestra e fuori dalle recinzioni, dentro le quali i giardini erano curati in maniera manicale, pieni di ogni fiore possibile. Le sembrava che non toccassero terra, perché le quattro ruote di cui avevo un vago ricordo e che aveva visto nei vecchi libri di scuola di storia non c’erano, come non c’erano cartacce o sporco sulle strade e sui marciapiedi scintillanti come il vetro e sui pavimenti cerati dell’ospedale. Nessuno, poi, era triste o pareva esserlo, era forse il paradiso? Un mondo perfetto dall’aria leggera e pulita. La notte poteva vedere le stelle perché nessuno girava per le strade e quindi le luci erano spente. Tutti quanti semplicemente a un’ora precisa rientravano per mangiare e dormire e le strade rimanevano buie. Tutto sembrava perfetto, eppure così sbagliato. Si sentiva lei stessa aliena, diversa. Come era riuscito l’uomo a trovare questa pace? Ricordava ciò che aveva studiato a scuola, lo stava ricordando pian piano con il passare delle ore, le guerre e l’odio saturi di sangue, tutto ciò non poteva essere vero, eppure lo toccava e lo vedeva. La conferma dell’assurdità di tutto ciò lo ebbe quella sera.
Una mamma con il suo bambino la fermò e chiese dove poteva trovare lo spazio comune per le neomamme, rispose chiedendo cosa volesse intendere per spazio comune e la mamma con il solito fare ultra felice comune, le disse che i luoghi comuni erano dei posti dove semplicemente si raggiungeva il Nirvana a seconda dei propri gusti o esigenze del momento. Anastasia disse che non lo sapeva. Mentre ancora stava metabolizzando questa incredibile creazione notò sulla cima del capo del bambino un bozzo. Vicino un’altra mamma passò, un altro bernoccolo sulla testa di un altro bambino. Chiese cosa fosse quel bernoccolo. La mamma disse che non vedeva nessun bernoccolo. Poi scappò seguendo l’altra, presumendo che stesse andando verso lo spazio comune. Anastasia si toccò la cima della testa, piattume, aveva bisogno di risposte. Quella sera chiamò il servizio in camera, venne la biondina che sembrava infastidita, prima persona che vedeva così, o meglio la prima che vedeva con un carattere o uno stato d’animo apparente, diverso da quello di tutti gli altri. Chiese degli altri antidolorifici, i dolori erano forti. Lei forse aveva delle risposte? Tornò con una nuova boccetta di antidolorifici appena sbustata.
«Signorina» disse Anastasia con voce rotta «vorrei un abbraccio» e subito la cinse singhiozzando.
Passò la mano sulla sua testa, tra i suoi capelli d’oro, niente. L’infermiera si ritrasse immediatamente, si guardarono negli occhi senza dire nulla. La giovane la mise subito sulla sedia a rotelle e la porto in uno stanzino senza nient’altro che polvere.
«Mi ascolti, cercherò di essere breve. So come si sente, tutto ciò non è frutto dell’amore dell’uomo per l’ambiente o perché siamo tutti diventati dei filantropi, ci controllano e chiunque nasce, senza quel bernoccolo che lei non ha più, viene fatto sparire se non riescono a renderlo come tutti. Si tratta di un parassita creato in laboratorio decenni fa, che hanno tutti. I pochi che hanno la fortuna, senza spiegazione, di non riceverlo in eredità vengono schedati e infettati e in caso di mancati contagio spariscono e nessuno li ricorda. Perché quel parassita controlla mentalmente il suo ospite, ne prevede le mosse e annulla ogni pensiero critico o minimamente reazionario. Tutti hanno lo stesso carattere, tutti pensano allo stesso modo, viviamo sotto dittatura, ma nessuno si lamenta se non può scegliere chi lo comanda. Lassù tutti pensano con la testa propria, perché nessuno ha questo parassita e lo so per certo, perché la mia famiglia è stata una delle poche autorizzate ad avere un proprio pensiero critico. Un pensiero complesso, una propria coscienza. Uno dei miei antenati, lavorò al progetto Human Kind Kind Human. Mio padre vide questo appiattimento sociale nell’arte, nei colori, tutto così bianco e insipido. Lo uccisero quando avevo 10 anni, davanti a me, ma quando provarono a infettarmi il parassita non riuscì ad attivarsi completamente e non cancellò la mia memoria, o meglio sul momento non ricordai più nulla, ma non era per sempre. Non ricordai niente fino a due anni fa, quando caddi dalle scale e battei la testa. Ora lei penso che ricordi ciò che ha studiato a scuola, vero? È normale. Loro vogliono che si ricordi solo ciò che gli è utile e innocuo. Ora lei forse non si ricorda neanche dove vive, ma presto se lo ricorderà. I pensieri tornano gradualmente in base alla loro importanza per il regime».
Deglutì. Con voce flebile, Anastasia disse: «Tutto sembra così perfetto, non pensa? Penso che questo sia il meglio per l’essere umano, per il mondo, per l’ambiente, guardi ho pure controllato sul web nella zona Internet, ho visto un mondo verde, l’uomo, che vive in totale simbiosi con la natura. Non una sola pubblicità progresso come le chiamavano un tempo. Sul consumare meno carne e sull’essere intraprendenti verso l’ambiente, ricordo che sui libri…»
L’infermiera la fermò subito: «Quello che è scritto sui libri non sempre è vero, sicuramente avrà letto che l’uomo è riuscito in tempo a salvarsi dal disastro climatico grazie alla sua forte volontà, ma in realtà ciò che le ho detto è vero, in maniera inconfutabile. Quasi tutti sono diventati degli automi, senza spirito critico. E se da un lato questo ha favorito la sopravvivenza dell’essere umano, dall’altro ne ha appiattito completamente ogni forma d’arte, ogni forma di trasgressione. Se va al cinema, non vedrà un accenno di violenza, l’essere umano è diventato puro, quasi fosse stato privato del suo peccato originale. Ma non era forse questo a dare il sapore all’essere umano? Non ci ha pensato? Così perfettamente imperfetti? Come tutte le persone di questo mondo potrebbero mettersi d’accordo con tutte le loro diversità e interessi, salvare la loro casa».
Anastasia rimase in silenzio. Effettivamente era impossibile e ricordò di nuovo gli spargimenti di sangue. Quell’uomo cattivo con il baffetto che aveva fatto soffrire milioni di persone. No, effettivamente era impossibile.
«Perché mi stai dicendo questo? Prima o poi mi infetteranno, no?»
«Non lo permetterò. Lei domani scapperà. La mattina la porterò a casa, si prepari velocemente e scappi di qui. Posso distruggere tutti i suoi dati e lei potrà vivere felice. Poi però dovrà rifare tutti i documenti da capo. Io ci sono riuscita, sono scappata. Non mi hanno mai più ritrovato, per fortuna. Spero che per lei sia lo stesso. Verrò a chiamarla domani mattina alle sei, mi avevano detto che sarebbero passati per le otto a prenderla. Spero che sia rimasto tutto tra di noi. Le pareti hanno mille orecchie.»
La riportò a letto e dopo qualche ora si addormentò. Rimase a pensare a come effettivamente quel mondo fosse il paradiso, ma così intrinsecamente sbagliato. Ma difatti, come lo si poteva raggiungere se non obbligando l’essere umano a essere ciò che per natura non può essere. Erano forse le tre, quando chiuse gli occhi, di lì a tre ore sarebbe iniziata la sua nuova vita. Alle sei, però, davanti a lei non c’era l’infermiera. Sentì che era bloccata. Due paia di mani la tenevano per le braccia e la stavano trasportando sulla sedia a rotelle. Lei non poteva reagire, l’avevano drogata, forse volontariamente la dose usata era stata minima. La stavano portando ai piani inferiori, non sapeva dove, ma sapeva che stava andando verso il basso. Davanti le sembrò di vedere un’altra figura, dei capelli biondi. Le avevano scoperte. Non poteva muoversi, non sentiva nulla, non sentiva le cinghie che le stringevano i polsi. Poi all’improvviso, sentì qualcosa che le veniva posto sulla testa, piccole zampette si muovevano sopra la pelle, poi la testa che veniva scavata.
E da lì riiniziarono le loro vite.

