Bentornato!
Non fai ancora parte della nostra community?
Romance
  |  
Fascia 16-19
Il viandante sul mare di nebbia

C’era un viandante su un mare di nebbia, mirava l’orizzonte senza mai incrociare il sole. Eppure stava lì, fermo, immobile davanti al cielo, che lo riempiva di infinito. Aveva viaggiato tanto, forse per esplorare il mondo, forse per scappare, forse per dare un senso alla vita. Non aveva mappe, seguiva solo il suo istinto, che lo trasportava animosamente come una corrente d’acqua. Non sapeva dove stava andando, né cosa stava cercando, sapeva solo di dover andare. E così continuava a camminare, perso tra le luci delle città e i rumori del traffico. Sguardi sconosciuti cadevano a volte sui suoi occhi, alcuni sfuggenti, altri talmente intensi da creare una magia. Non c’è arte più bella del disegnare un segreto con cura sulle iridi, raccontare la propria storia con estrema purezza. Ci vuole coraggio a pesare la sensibilità, e al viandante sembrava sempre così pesante, sempre così profonda. Lo teneva sospeso in un mondo tutto suo, disegnato sulla sua prospettiva, e in testa cominciavano a rincorrersi mille pensieri senza orbite. Il suo cuore sentiva tutto, a volte si diluiva in lacrime che rigavano il viso con linee disordinate, ma quando batteva in armonia con l’amore, batteva forte. E intanto camminava. Aveva paura di fermarsi, farsi prigioniero delle lancette di un orologio che continuano a girare. Il tempo che corre senza mai rallentare, che spesso ci lascia indietro senza voltarsi. Eppure una notte, mentre proseguiva il suo viaggio, si fermò. Il suo sguardo si era arrampicato dalle radici di un cipresso solitario sino alla cima, per poi staccarsi e salire verso l’alto. Quella notte guardò il cielo come non lo aveva mai visto. Il blu faceva da sfondo a tante piccole girandole di stelle, la cui luce sembrava disegnare vortici e onde, pareva quasi un dipinto. Rimase ore a contemplare quella singolare armonia, sapeva che non era tempo perso, che nonostante i piedi incollati a terra stava viaggiando laddove non vi sono ossigeno e coordinate, in quello spazio in cui non vi sono impronte, perché l’impronta la lascia dentro di noi. A risvegliarlo dall’arte fu il rumore dei passi di qualcuno che lentamente si avvicinava. Il buio non permetteva di mettere a fuoco la sagoma che si confondeva nella notte. Si fermò davanti al viandante, che potè distinguere solamente l’unica cosa che la notte non spegne, la voce. «Dove stai andando?» chiese al viandante, che rimase fermo, immobile, pietrificato dal potere di un interrogativo così forte. Non sembrava la solita domanda a cui si risponde con un luogo segnato su qualche mappa, e anche se fosse, non avrebbe avuto risposta perché non aveva il nome di una meta. La profondità della voce lasciava percepire qualcosa di più profondo, che lo aveva scosso e in un certo senso spaventato. Perché era arrivato proprio lì? E poi? Che strada avrebbe preso? Dove lo avrebbe portato? Qual era il punto di arrivo? Dove stava andando? C’era una voce dentro di lui che cominciava a gridare mille domande, tutte senza risposta. E tutto ciò che si sentiva da fuori era silenzio. «È buio, non vedo i tuoi occhi, ma il tuo silenzio sta raccontando più delle parole, sta sussurrando tutte quelle cose che non si possono dire, quelle emozioni che ci travolgono e ci fanno sentire piccoli e fragili. Ma questa dopotutto è la nostra bellezza, ciò che ci rende unici. Non spaventarti se ti senti perso, non sei solo. Se ti stai domandando che io sia, ora non sono più un nome, di me restano soltanto parole e arte. Sono colui che ha accompagnato un grande uomo a riveder le stelle, ora sono qui per te, se mi vuoi ti farò da guida fino a che non spunti il sole, al resto ci penserà il cielo.» Il viandante ascoltava come un bambino che ascolta le prime storie sul mondo e i suoi occhi brillavano quasi quanto le stelle. Ora aveva capito chi aveva difronte. Aveva tante cose da dire, tante domande, eppure scelse di seguirlo senza dire niente, per una volta si era affidato completamente a qualcun altro al di fuori di sé. Così i due si misero in cammino. Allo spuntare delle prime luci, si ritrovarono ai piedi di una montagna. «Ti affiancherò fino a che non saremo arrivati lassù, appoggia qui il tuo bagaglio e porta con te solo il bastone, la salita sarà faticosa.» Al viandante preoccupava un po’ l’idea di lasciare incustodite le uniche cose che aveva, se al suo ritorno sarebbero sparite avrebbe perso tutto ciò che di prezioso aveva portato con sé. Ma guardando alla pendenza così pronunciata riconobbe che sarebbe stato meglio essere il più leggeri possibile per riuscire ad arrivare fino in fondo. La guida, che aveva notato la titubanza, lo incoraggiò. «A volte capita di dover lasciare tutto per andare più in alto, bisogna essere sempre pronti a rischiare. Ora hai solo una valigetta, un giorno sarà qualcosa di più grande. All’inizio ti sembrerà un’ingiustizia o una follia, ma quando ti troverai in cima, riuscirai a guardare tutto con un’altra prospettiva, e ciò che avrai lasciato lo ricorderai sempre come un pezzo necessario che ha fatto parte della strada che ti sei costruito per arrivare lì, dove sarai davvero felice, non con quello che hai ma con quello che sei e che diventerai.» Il viandante era davvero grato di avere incontrato un’anima così dolce, saggia, profonda. Quelle parole si incastravano perfettamente alle vibrazioni del suo cuore, perché tra tutte le paure in fondo lo sapeva. A volte serve semplicemente una voce che ti culli in tutte le tue insicurezze e che ti riporti la calma, come un’ondata di vento fresco d’estate o il rumore del mare che ti racconta quelle poesie che ti fanno sognare. E fu così che, una volta saliti, la guida lasciò solo il viandante sull’orlo di uno sperone di roccia. Dopo un lungo viaggio era arrivato lì, davanti a un mare di nebbia. Alzò gli occhi al cielo. C’era lui con davanti l’infinito. Non sapeva dove stava andando, ma sapeva dove era stato. Ciò che aveva di più prezioso era dentro di lui, e lo aveva sempre portato con sé. Erano tutte le emozioni provate, le esperienze vissute, la gente che aveva incontrato, i tramonti che aveva ammirato. Non sapeva dove stava andando, ma quell’immensità che aveva difronte lo distoglieva da ogni dubbio, lo rassicurava avvolgendolo con un velo di nuvole. Nella quiete sentiva cosa aveva dentro, sentiva di essere in completa armonia con l’arte, e in un attimo desiderò il Cielo. La voce del mio inconscio si fa sempre più ovattata, sino a diventare un sottofondo, che scompare piano piano nella nebbia che diventa più fitta. Spalanco gli occhi, lentamente. È ancora buio, mi alzo e mi affaccio alla finestra. Un leggero vento che profuma di estate mi ondeggia i capelli e sfiora con eleganza la sottoveste bianca di seta. Sopra di me infiniti puntini come diamanti fanno brillare l’universo. È una notte magica, nella calma ritrovo il battito del mio cuore, nel silenzio mi ascolto. Riaffiorano un poco sbiaditi i lineamenti di un sogno. C’era una viandante su un mare di nebbia, mirava l’orizzonte senza mai incrociare il sole. Eppure stava lì, ferma, immobile davanti al cielo, che mi riempie ancora di infinito.

Pubblicato: 22 Maggio 2022
Fascia: 16-19
Commenti
Non ci sono commenti per questo racconto.