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Fascia 16-19
Il cielo in una società

I.
«Oggi cambierò il mondo»: questo era l’incipit del suo discorso, quello di una bambina che sognava di volare.
Suo padre le disse: «Perché sei così ostinata, Molly! Dai, ti accompagno con la macchina a scuola. Devo andare a lavoro».
La bimba rispose: «Ti ho detto di no, papà!  Ma non lo vedi che già di prima mattina c’è questo fumo nero che assomiglia al carbone della Befana quando fai il cattivo? Abitiamo così vicini! Se solo potessimo volare, risolveremmo tutti i problemi di questo mondo!».
«Piccola mia, questa ormai è una realtà in cui non si cammina più.»
«Ti dico invece che io cambierò il mondo!»
Così Molly s’incamminò con il padre verso scuola, quando vide il giardino della sua infanzia e gli disse: «Papà, ti ricordi di quando andavamo in quel bel parco giochi con la mamma e Alex?».
«Già, tu e il tuo fratellino vi divertivate così tanto! Che disgrazia fu quel giorno…»
«È vero! La Protezione Civile aveva dato l’avviso di allerta meteo e per fortuna nessuno era nel parco! Guardalo ora: è distrutto! Quanta plastica!»
Ecco la protagonista della nostra storia, dico “nostra” perché è la storia del nostro presente che dev’essere cambiato in fretta.

II.
Una volta arrivata a scuola, entrò nell’aula e come al solito c’erano i vari gruppetti di ragazzi: delle pettegole, delle compagne alla moda, dei bulletti e degli amici inseparabili. Molly non faceva parte di nessuno di questi gruppi: era la “secchiona”, la “strana”, la “cocca dei maestri”. L’unica ragazza con cui si trovava bene era Emy che proveniva dall’Ucraina: era un continuo scambio tra loro. Una volta si erano ritrovate chiuse in palestra per uno di quegli scherzi dei loro “amici”. In quell’occasione Molly le chiese come mai avesse abbandonato il suo Paese ed Emy disse: «Avevo quattro anni…Era il 24 febbraio 2022, quando scoppiò la guerra con la Russia. Eravamo tutti in pericolo: mio padre, insieme a mio nonno, si era arruolato come volontario; mia madre e la mia sorellina Olena, nel suo pancino, stavano per morire per via dei bombardamenti all’ospedale di Mykolayiv. Bisognava che andassimo almeno noi tre in Italia. Fu un viaggio molto lungo, durato trentatré ore, durante le quali mamma partorì Olena in una stazione di servizio.  Passarono mesi prima che io e la mia famiglia potessimo rivedere il mio papà e venissimo a sapere che mio nonno era andato disperso nel conflitto».
Molly domandò sconvolta: «Quando finì tutto questo? Chi aveva vinto?».
«La guerra finì un anno dopo, ma, amica mia, non c’è mai un vincitore in guerra: tutti sono dei vinti».
«Io non ricordavo nulla di tutto questo».
«Già, tu almeno eri piccina, ma gli adulti fanno finta di dimenticare, così credono di aver risolto il problema.»
Molly era arrabbiata, pensava: «Perché i problemi degli altri rimangono solo degli altri? Non si risolveranno mai così!».

III.
Il giorno dopo andò a scuola e la situazione era la stessa, come si aspettava, del resto.
«Mica è da tutti avere intenzione di cambiare il mondo» pensava. Comunque iniziò la prima ora di lezione ma Molly aveva un piano preciso.
Disse all’insegnante: «Maestra, io oggi avrei una proposta da fare». Gli altri intanto borbottavano.
La maestra replicò: «Molly, abbiamo poco tempo: i Romani sono impegnativi. Allora prendiamo la pagina numero…».
«Noi giovani abbiamo bisogno anche di sapere cosa ci accade, e non stare sempre chiusi in una bolla atemporale».
«Molly, ma che ti prende stamattina?»
«A questo punto andrò dal preside.»
«Io ti darò una nota se uscirai da quella porta.»

Quell’uomo di mezza età e dagli occhi color ghiaccio, con il suo daffare, disse: «Prego, venga avanti».
«Sono Molly Russo, studentessa della classe quinta, sezione A».
«Cosa ci fai qui, signorina? Dovresti essere in classe!»
«Lo so, Signore. Sono venuta perché ho una proposta urgente da farle. Ho provato a farla alla maestra, ma non mi ha dato ascolto».
L’uomo la scrutò, stava sul punto di rimproverarla, ma quell’aria orgogliosa e allo stesso tempo timida che gli dava l’impressione di un’eroina, gli fece cambiare idea e decise di ascoltarla.
Molly allora disse: «Vorrei proporle di fare delle lezioni di attualità. Spesso mi sento dire che sono troppo piccola e non potrei capire, ma soffro di più degli adulti quando vengo presa in giro o non posso stare insieme agli altri perché il parco giochi è inagibile».
«Vedo che hai le idee chiare. Bene, ho deciso che da lunedì prossimo fino a venerdì ci saranno questo tipo di lezioni integrative».
«Poi vorrei anche…»
«Calma, è difficile organizzare il tutto».
«Preside, ma siamo già cresciuti in piena emergenza sanitaria, il cellulare è il nostro miglior nemico. Peggio di così non posso immaginare!»
La stava per cacciare, ma quel faccino da eroina… L’uomo riprese: «Terrai un discorso fra alcuni giorni in Aula Magna nel quale proporrai le tue iniziative».
«Grazie mille!»
Molly sorrise, e il preside nascondeva il sorriso sotto i baffi bianchi.

IV.
Molly attraversava i corridoi della scuola, ma era felice? Sì. Era in ansia? Sì, lo era.
«E se non riuscirò a parlare in pubblico, o lo farò male? Se la voce non mi dovesse uscire, o quel giorno non riuscissi a venire a scuola?».
Nel frattempo, però, non si era accorta di essere arrivata alla porta della classe.
«Ne vale la pena?» si chiedeva. «Sì, sempre, se si tratta di sogni» si rispondeva.

V.
Il giorno stesso, mentre le passava la cartella sulle spalle disse: «Mamma, ti devo dire una cosa».
«Molly, non farmi preoccupare, è grave?».
«No, no, tranquilla: per farla breve, sono andata dal preside perché avevo una proposta da fargli. Ho espresso il mio desiderio di conoscere cosa ci accade intorno e di non essere trattati da persone incapaci di capire.»
«Una bella pretesa, tesoro mio!»
«La cosa eccitante è che ha approvato la mia idea. Il punto è che dovrò tenere il discorso introduttivo di un evento che si terrà tra pochi giorni.»
«Molly, ma è una cosa meravigliosa! Sono orgogliosa di te!»
«Non ne sono all’altezza.»
«Tu sei più forte di quello che credi. Chi ti mette i bastoni tra le ruote lo fa perché non ha il coraggio di fare ciò che fai tu.»
«Ma…»
«Sono stata io a darti la vita: per me i tuoi occhi sono lo specchio della tua anima. Forza, torniamo a casa, ti preparo la cena.»
«E il discorso?»
«Le parole ti verranno non appena sarà giunto il momento.»

VI.
Arrivò il giorno che aspettava. Quel giorno tutto sembrava diverso. Nella sua immaginazione il parco giochi non aveva l’albero crollato ancora in terra, le varie piante sradicate, le corde dell’altalena spezzate, lo scivolo ricoperto di erbacce. Ebbe l’impressione di sentire il riso dei bambini e di vederli gioire. Non appena arrivò nell’atrio della scuola, vi trovò tantissimi ragazzi, volti nuovi e non, moltissimi genitori e la figura autorevole del sindaco. Una volta entrata in Aula Magna, l’ambiente le sembrò enorme. Era stata allestita con non so quante sedie color blu jeans, numerose luci puntate sul palco centrale e banchetti coperti di bevande e cibo. Il preside le disse: «Molly, forza, vieni qui ché ti presento il Sindaco, anche se già lo conoscerai, non è vero?» –le fece un occhiolino e Molly capì di dover annuire.
«Salve signore.»
«Piacere di conoscerti, Molly, giusto?»
«Sì» disse il preside: «Spero che stasera tu sia d’esempio per tutti i tuoi coetanei, così da poter cambiare finalmente il nostro futuro».
C’erano anche giornalisti e fotografi all’evento, fortunatamente, Molly lo venne a sapere dopo.

VII.
La sala diventò d’un tratto quasi tutta buia: a illuminarla c’erano solo delle luci dal colore di ghiaccio. A introdurre l’evento ci fu il preside, che disse: «Salve a tutti. Siamo qui oggi riuniti per rappresentare l’intera comunità di Roma, centro e periferia, senza distinzioni. Provo enorme orgoglio nel vedere in quanti siete accorsi in così breve tempo. Ma questo non basta. Non voglio fare la solita ramanzina che da anni va avanti senza concludere niente. Lascio la parola al futuro: ecco a voi Molly Russo!». Non vedendola, si allarmò.
«Eccomi qui, preside, è che…»
«Niente scuse, forza, va’ sul palco e fammi vedere quella bambina che ha gli occhi di fiamme, anzi di sogni.»
«Vado!».

VIII.
Con voce decisa, allora, iniziò il suo discorso: «”Oggi cambierò il mondo”: questo è quello che mi verrebbe da dire. Frequentando questa scuola, camminando per strada, navigando nella rete potremmo rintracciare, senza alcun dubbio, il problema della nostra società, ovvero l’indifferenza. Nelle scuole ci sono sempre più casi di bullismo; per le strade c’è sempre più spazzatura; nel mondo c’è sempre più odio. Scienziati, ricercatori, stanno studiando da decenni come arginare il problema del cambiamento climatico: come sarà possibile, mi dico, se ci sono un centinaio di bottigliette di plastica al giorno da smaltire in una sola scuola primaria? Perché i genitori dei bambini non acquistano borracce in acciaio che, tra l’altro, durano di più e sono più economiche? Perché non ci pensano, questa è la risposta. Il problema non va ricercato nei numeri, ma, ancor prima, nelle relazioni tra persone. Tutto, però, deve partire dall’educazione dei più piccoli: c’è competizione, invidia, gelosia tra noi compagni; si prendono in giro le persone educate, studiose e rispettose. Questo perché il diverso fa paura. Sindaco, mi appello a lei: perché non creiamo un salvadanaio collettivo a cui tutti possono contribuire con una piccola offerta per la ricostruzione di beni pubblici? Io mi appello anche ai genitori, che la maggior parte delle volte ci tengono nascoste le vicende più brutte per proteggerci. Vi prego di accogliere le mie pochissime richieste, perché, se volete un mondo migliore, tutti dobbiamo sapere».
«Cos’era successo? Perché nessuno diceva niente?» pensava. Stava per andarsene, quando tutti si alzarono in piedi: avevano gli occhi lucidi e batterono le loro mani con ritmo unanime. Il preside le si avvicinò, commosso, e il sindaco disse: «Se abbiamo giovani così, credo che il mondo avrà nuova luce».

IX.
Di quel giorno ricordava solo applausi, congratulazioni e scuse varie da parte dei suoi compagni. Il suo intervento era andato in onda dapprima al telegiornale regionale, poi attraverso i social a quello nazionale. Con i soldi raccolti si era ricostruito il parco giochi. Che soddisfazione era per lei vedere i bimbi che giocavano e che ridevano! Ognuno era diventato più civile. Anche a scuola tutto stava andando meglio: avevano adottato borracce in acciaio e zaini ecosostenibili. Ma la cosa più sorprendente è che i ragazzi si divertivano tra loro. Molly sapeva che era soltanto l’inizio. Bisognava fare ancora tanto, ma, se lei, la sua scuola e la sua città sarebbero state prese ad esempio, la catena piano piano avrebbe preso forma e molto difficilmente si sarebbe spezzata.

Pubblicato: 30 Gennaio 2023
Fascia: 16-19
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