Tutti contribuiamo alla storia soprattutto se è frutto di un lungo cammino, bello o brutto che sia, sta a noi decidere come contribuire.
La mia vita è un grande albero pieno di rami che simboleggiano tutto quello che ho provato: felicità, rabbia, tristezza, allegria, solitudine, forza. Ma il tronco dove passa la linfa rappresenta l’amore che mi manteneva in vita che mai mi è stato negato.
La mia mamma era una scienziata aveva voluto dedicare la vita alla scienza perché non voleva far passare a gli altri ciò che aveva passato lei, rendere il mondo un posto migliore in tutto. Lavorava in un pool di scienziati a stretto contatto con tutto, persone, ambiente, animali e non contenta si dedicava pure alla cura della cultura e delle arti, insomma voleva fare di tutto, si alcune volte impazziva però la sua ostinazione mi ha salvato la vita.
Di come sono nato non si sa nulla, paradossalmente nemmeno la mia mamma, sapeva solo di avermi trovato in una afosa giornata di agosto su una barella di un ospedale con un bigliettino:
«Luigi 07/08/2070
Ho solo i desideri che tu riceva tutto l’amore che ti meriti e diventa un grande uomo»
Mamma amava i bambini molte volte quando conduceva ricerche in ospedale gli portava dolci e giocattoli per avere in cambio il loro sorriso, quindi prese con se questo bambino dai capelli corvini addormentato e lo fece visitare, dal quel giorno promise a chi mi aveva messo in quella barella di darmi amarmi per sempre.
Non fu facile avermi, si era il 2070 ma purtroppo quando sei nato a Roma in una periferia abbastanza malconcia come Centocelle, non è facile combattere i giudizi delle persone che mentre cammini con occhi spalancati ti analizzano e tu devi stare lì a fronteggiare i pensieri che dicono ad alta voce :«Ao a zitella vedi se studiavi de meno», «Taci tua ora pure un pargolo se semo presi, manco fosse er cane de strada»,«Volemo fa la mamma senza er papà ».
La gente si poteva ignorare ma la legge era tosta eppure se lei riusciva a parlare con i piani alti erano più dolori e pianti che gioie.
«Signora Sari mi dispiace o è sposata o niente bimbo, non è mica un bambolotto»
«Ministro come fa preferire un orfanotrofio per un bambino al posto di una mamma»
«Lei ha avuto una mamma e un papà ? Ne ha diritto anche il piccolo Luigi».
Nonostante tutto lei non si è mai arresa, più in là il tempo mi farà scoprire che se si mette in testa qualcosa ahimè la deve fare per forza .
Mi veniva a trovare ad ogni istituto in cui venivo collocato, mi portava qualsiasi cosa dal cibo ai vestiti, io ero molto piccolo e quindi non ho memoria di quei tempi ma ne sono testimoni tutte le foto che scattava, questo la faceva sentire un po’ mia madre.
Tutto andava bene fino a quando fu trovata una palpabile famiglia a cui affidarmi…
Era distrutta perché sapeva che così mi avrebbe perso, passavano i giorni e lei non se ne rendeva conto, viveva come una disillusa e a lavoro non rendeva più.
Cerco di battersi per me contattando gli organi più alti del governo ma purtroppo anche se aveva qualche consenso nessuno l’aiutava veramente, addirittura il mio caso finì su i giornali «Può una donna sola adottare un bambino? Ma soprattutto è una Mamma?» era straziante voleva lottare per avermi ma non sapeva come finché un giorno tornando a casa vide una signora che la squadrava dalla testa ai piedi poggiata al muro come se stesse aspettando il momento che mamma passasse da lì per dirle:
«Volemo esse chiamate mamme senza aver provato er dolore alla nascita».
Quella frase la straziò, perché una donna può essere definita madre se ha sentito i dolori del parto o abbia trasmesso i suoi 23 cromosomi, anche se poi magari non sarà in grado di crescere un bambino? Perché un bambino deve avere per forza due genitori anche se magari uno due è assente? Perché un bambino deve essere sballottato da una comunità all’altra, poi in affido finché non trova la famiglia giusta quando accanto a lui c’è già qualcuno che lo ama?
Queste domande furono essenziali perché mamma le presentò alla corte di cassazione e dopo un tortuoso percorso finalmente il giudice permise l’adozione a mamma anche perché la famiglia che mi aveva chiesto in affido non era risultata idonea .
All’età di 32 anni, Maria Sari, la mia mamma finalmente mi aveva con se, crescermi era una delle sue tante missioni di pari importanza come quella di cambiare il mondo e desiderava cambiarlo con me.
La mia vita non è sempre stata rosa e fiori, per ogni essere umano ci sono alti e bassi ,ma lei fin da piccolo ha voluto insegnarmi tutto, dall’autogestirmi scoprendo pian piano le cose con il metodo Montessori ai valori da rispettare, mi portava a qualsiasi manifestazione pacifica sotto Montecitorio per la sanità, l’immigrazione l’ambiente che dopo l’agenda 2030 doveva ancora migliorare di molto, per l’estinzione degli animali, per preservare il clima e anche se magari passavano anni lei riusciva ad ottenere insieme alla squadra di scienziati a cui apparteneva grandi risultati.
Sono cresciuto in laboratorio e ho visto mamma studiare e modificare geni di virus per eliminare batteri come lo pseudomonas aeruginosa, trasformare in compost qualsisia cosa, eliminare anidride carbonica e altri gas di scarico dalle ciminiere di fabbriche e dalle marmitte delle automobili grazie all’utilizzo di batteri che assorbivano tali sostanze, studiare insieme ad altri scienziati pale eoliche con sistemi di filtraggio dell’aria, insomma ogni giorno era qualcosa di diverso e questo mi divertiva e incuriosiva sempre di più.
Quando avevo 15 anni mamma insieme ad un suo amico biotecnologo fecero una scoperta sensazionale che sconvolse la storia della medicina, sconfiggere tutte le malattie .
Grazie all’utilizzo di plasmidi, virus vettori e enzimi che intervenivano al livello del DNA modificandolo si ottennero delle mutazioni che avevano un gene in comune che inibiva qualsiasi tipologia di patologia presente o che sarebbe insorta in futuro.
La notizia fece il giro del mondo e presto questa tecnica venne anche studiata e perfezionata su piante e animali ,per salvaguardare flora e fauna salvando molte specie animali a rischio estinzione come le api .
La scienza è inevitabilmente stupefacente ma è giusto che non sia l’unica via di curiosità e studio per questo mamma alcune volte decideva che di scienza ne avevamo anche abbastanza e quindi tra la libreria immensa che avevamo a casa da piccolino mi leggeva «Le mille e una notte», «Pattini d’argento», «Cuore», «Il giardino segreto» e immancabilmente il suo preferito «Piccole Donne», tutti libri abbastanza antichi ma per lei insegnavano ancora molto. Non si limitava ai libri il suo desiderio di creare per me un bagaglio culturale ma si ampliava anche nella storia e nell’arte, di Roma mi aveva fatto vedere ogni museo, monumento e raccontato ogni singolo dettaglio che si nascondeva tra le infinite strade e quando arrivava qualche mostra d’arte mi accoglieva a casa con i biglietti già prenotati e comprati tra Dalí, Picasso, Fontana, Van Gogh, Ligabue, Warhol, Bansky e molti altri, dopo ogni mostra ne parlavamo e spesso bisticciavamo perché lei adorava Van Gogh mentre io ero più moderno ammirando molto Fontana, ma questa era una delle tante differenze che avevamo e noi le affrontavamo con una risata finale.
Fra tutte le cose che lei mi ha dato ce ne una che apprezzo più di tutte: viaggiare.
Ho girato il mondo in lungo e in largo, sia per congressi e ricerche sia per scappare dalla quotidianità asfissiante.
A Zanzibar dove oltre aver visto una biodiversità così vasta ci siamo confrontati anche se a gesti con una tribù che anche se poteva svilupparsi come il resto del pianeta aveva deciso di vivere di semplicità e questo mi affascinava, in Giappone ho ammirato il senso di dovere verso i costumi tradizionali e il voler farti sentire partecipe come un loro conoscente della loro fantastica cultura, in India notammo la totale devozione per i loro dei, la Grecia mi ha incantato con la sua arte classica ma soprattutto in mamma vedevo la felicità che non era più un paese dove oltre le opere d’arte fuori c’era la povertà più assoluta ma finalmente tra le vie gli abitanti infondevano in te allegria, però l’Islanda più di tutti mi ha stupito con l’aurora boreale che con il suo ondeggiare mi dava un senso di vita che scorre.
Ero arrivato ai miei 30 anni ed ero imminente al matrimonio e seduto sul divano chiesi a mamma perché non si fosse mai sposata e lei mi rispose con un pizzico di riso: «Sono io il marito di me stessa».
Ma poi seria aggiunse:
«A parte gli scherzi non ho mai trovato qualcuno disposto a darmi abbastanza amore e per questo non volevo sposarmi solo per il gusto di farlo, ho preferito dare amore a un dono che mi ha fatto un’altra donna»
La gente inizialmente non capiva come una donna facesse ad amare un bambino anche se non era suo, non era sangue del suo sangue, ma come diceva lei «il sangue è diverso anche se magari dello stesso gruppo in ogni persona» quindi tale espressione non ha senso e poi io mai ho notato un divario tra lei e me, era la mia mamma e lo sarà per sempre.
Gli anni passarono lei invecchiava ma aveva sempre la forza di continuare a lottare nelle manifestazioni venne approvato lo ius soli, l’adozione fu semplificata ma soprattutto venne finalmente valorizzato il pianeta Terra. Dopo tutto era fiera aveva speso la sua vita migliorando il mondo e con accanto i suoi quattro nipotini che scorrazzavano, io vedevo i miei figli crescere come se vedessi un ritratto della mia vita.
Si spense in una giornata di sole a 99 anni, mi fa sorridere che è come se avesse voluto vedere totalmente realizzata la famiglia che si era costruita da sola, e il suo saluto per me fu un abbraccio come quello che mi avvolse in fasce quel lontano 7 agosto .
Ora ho 101 anni la vita si è anche allungata e dai 60 anni ho raccontato alle nuove generazioni la sua vita determinata perché serve un esempio da seguire, io stesso alcune volte passo il mio tempo a vedere con occhi ammiratori le foto di una donna indipendente e forte che mi ha salvato la vita, ci sono stati tanti altri progressi e quando la vado a trovare come diceva Foscolo nei «Sepolcri» vi parlo e glielo racconto. Inutile dire che la sento sempre accanto.
Da bambino affidato posso dire che non è la placenta con i suoi vasi sanguigni l’albero dell’amore ma lo è il cuore con le sue diramazioni di vene e arterie.