La luce entrava dolcemente attraverso le persiane abbassate della cameretta. Holly aprì debolmente gli occhi e girò la testa verso la sveglia collegata alla finestra, che segnava le sette. «Alfred, alza la serranda fino a metà» disse con la voce ancora impastata dal sonno. «Subito, Olivia» rispose l’assistente vocale e le persiane si alzarono.
La domotica ormai sostituiva l’imperfetto e sbadato acume umano nel gestire gli affari elettrici, idrici e tecnologici. Era semplice da montare, semplice da riparare e divertente da utilizzare. Pensate che Holly aveva imparato a usare il controllo-casa da quando andava all’asilo! Ovviamente, dopo averlo scoperto i suoi genitori avevano applicato le restrizioni per i bambini, in modo che l’assistente vocale non avrebbe eseguito certi comandi richiesti dalla figlia piccola, come «accendi il piano a induzione» o «chiudi la porta d’ingresso» per non far uscire il papà che andava a lavorare. L’unica cosa che era stata concessa a Holly da subito era poter dare un nome all’assistente: indirizzata dalla sua serie di cartoni animati preferiti (Batman) aveva scelto Alfred, come il suo fidato maggiordomo.
La bambina si alzò e andò in bagno per lavarsi: impostò «Spreco medio» sul lavandino e si sciacquò il viso. Dopo essersi vestita e aver preparato lo zaino, scese in cucina a fare colazione.
«Eccola, Holly!»
La mamma le accarezzò i capelli appena le fu abbastanza vicina: «Come hai dormito?».
«Ho fatto un sogno strano» rispose mentre si versava una tazza di latte. Lesse il cartone come faceva sempre: allevamento locale, contante meno di cento individui, mucche allevate a fieno e pascoli verdi, bla bla bla. Poi lesse la scatola dei cereali: la nonna una volta le aveva raccontato che, quando era piccola, la gente aveva paura dei cosiddetti OGM, degli “organismi geneticamente modificati”, e adesso che non c’era più l’obbligo di segnalarne direttamente la presenza negli alimenti tutti ne mangiavano, anzi, dicevano fossero persino più buoni dei cibi di prima, sarà che non usano più i pesticidi? Comunque, se si fosse letto tra gli ingredienti, si sarebbe notato un piccolo asterisco che indicava quale componente fosse stato creato apposta per il piatto con determinate caratteristiche. «Me lo racconti dopo, a pranzo?» le disse la mamma, «io devo andare alla riunione delle 8, stavolta ti accompagna nonna Jessica a scuola». «Ok, mamma» rispose Holly, mettendo subito dopo un cucchiaio zeppo di cornflakes in bocca.
A lei piaceva parlare con nonna Jess: lei le raccontava tante cose di quando era piccola, quando c’erano ancora le macchine a benzina e le buste fatte di plastica non riciclabile. Quando tutto il mondo aveva capito che l’utilizzo di tutto quel petrolio era inutile e giovava solo a quei potenti che volevano arricchirsi! La nonna era ancora convinta di aver fatto bene a essere un’attivista spassionata per la causa ambientale, di aver seguito l’esempio di quella ragazzina della Svezia… come si chiamava? Greta qualcosa, come la sua compagna di banco.
Si lavò i denti, si legò gli indomiti capelli ricci e castani e uscì dalla porta, tenendo stretta in mano la chiave per non perderla. Alla fermata dell’autobus davanti casa, gremita di persone del vicinato, c’era anche nonna Jess, che la chiamò e le fece cenno di avvicinarsi con la mano.
«Buongiorno, nonna!» la baciò Holly: «tra quanto arriva il bus?»
«Non dovrebbe mancare molto, tesoro» disse la nonna, facendola sedere sulle sue ginocchia.
Un signore lì vicino indicò l’applicazione sul suo cellulare per gli orari e disse gentilmente «Dovrebbe esser qui tra due minuti, c’è scritto che sta aspettando per far passare una migrazione di cervi dal parco della Luna all’Area Protetta Nazionale».
«Adesso hanno capito che anche gli animali hanno una dignità» annuì la nonna «Grazie mille per l’informazione, mister».
Nel frattempo, Holly guardava il panorama distante della città dove i suoi genitori lavoravano, chiaro e limpido come una statua di vetro: la nonna diceva che, fino a che non avevano passato la legge per rimuovere dal mercato le automobili non elettriche, lo skyline era coperto da una coltre di smog.
«E ora che cos’è lo smog?» le aveva chiesto lei.
«L’unione tra smoke e fog, in inglese, vuole dire nebbia di fumo, la facevano le vecchie macchine e le industrie».
Infine arrivò l’autobus, liscio e silenzioso come un gigantesco serpentone, come lo chiamava Holly da piccola. Lei e nonna Jess salirono e si accomodarono in prima fila.
«Mi racconti di nuovo come vi siete incontrate tu e nonna Sylvia?» chiese la bambina, appoggiando la testa sulla spalla di Jessica.
«Ancora?» rise lei, «e va bene, te la ri-racconto: io di dove sono?»
«Italia!»
«E nonna?»
«Non me lo ricordo…»
«Nonna era metà polacca e metà inglese! E viveva a Londra.»
«Ah, vero, adesso ricordo.»
«E ci siamo conosciute su un’applicazione, si chiamava TikTok! Faceva tutti video su come fare porcellana dipinta… eh, quanto mi piaceva vederla! Ma è stata prima lei a scrivermi, io sul mio profilo avevo video di serie tv che mi piacevano e qualche disegno fatto da me. E da cosa nacque cosa, sono andata in viaggio di studio a Londra e ci siamo incontrate.»
Nel frattempo, il bus si era fermato ad un’altra stazione, dalla quale era salita Greta con la mamma.
«Ciao Holly!» la salutò: «hai visto che la maestra ci ha assegnato un compito di gruppo assieme? L’ha appena messo ed è sulla Storia!».
In tacito accordo, le due adulte si misero a sedere dietro le bambine che parlavano di scuola.
Il paesaggio verde scorreva fuori dal finestrino del bus, attraversando quartieri, campi di fiori e il parcheggio per chi lavorava lontano da casa e aveva l’automobile da pendolare.
La scuola delle bambine si trovava ad una fermata da quella dov’erano, così si rimisero gli zaini in spalla e salutarono mamma e nonna.
«Sarebbe bello parlare della epidemia di COVID del 2020, è recente e nessuno ne parla mai della storia recente» rifletteva Greta.
Holly le rispose che anche per lei sarebbe stato interessante, «e poi possiamo intervistare le mie nonne per saperne di più!».
Decisero così, che dopo la scuola si sarebbero incontrate nel parco cittadino, quello nuovo con le aule di studio prenotabili, e avrebbero chiesto a nonna Sylvia e nonna Jess come avevano passato il loro 2020. Intanto però, entrarono nella immensa sala centrale scolastica: il poco sole invernale era aiutato da lampadari in stile moderno, attaccati direttamente ai pannelli solari sul tetto.
«Vediamo se le nostre piantine di basilico sono cresciute nell’orto?» chiese Holly, tirando l’amica verso la porticina che portava al piccolo giardino botanico scolastico, che provvedeva a far nascere i numerosi vegetali messi a disposizione alla mensa e agli studenti. «Sì, sì, così ne riporto anche qualche fogliolina a casa!» annuì Greta, seguendo l’amica trotterellando.
Sull’autobus, nonna Jess guardava fuori dal finestrino sognante: tutto ciò che aveva sempre temuto (ovvero che a quel 2070 la Terra non sarebbe mai arrivata o, comunque, arrivata in condizioni invivibili) le sembrava lontano, lontanissimo. Vedeva la sua famiglia felice, nessuno che li importunasse perché sua figlia aveva due madri, nessuno che criticava il matrimonio di quest’ultima con un uomo “forestiero”, nessuno che accusava lui di aver rapito Holly solo perché totalmente diversi l’uno dall’altra. Sylvia continuava a essere pessimista, dicendo che «non sarà un paradiso per sempre», ma intanto, dopo che gli scienziati avevano annunciato la fine dello stato d’emergenza ambientale, la vedeva serena per la prima volta in cinquant’anni che erano assieme.
Jess amava la nuova Terra. E anche Holly, che aveva imparato a odiare e temere la vecchia, che per sua fortuna non aveva mai conosciuto.