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Fascia 13-15
Dreams

I sogni: una seconda dimensione in cui ci rifugiamo per fuggire dalla realtà. Hanno un senso? No, ma noi glielo possiamo dare.

Elliot guardava il cielo grigio pieno di nuvole scure. La pioggia scendeva sulla città, ormai abituata alle frequenti piogge autunnali. La città era tinta di un grigio cupo e morto, come se la pioggia avesse portato via i colori di case e giardini. Le gocce picchiavano la finestra di Elliot, ma lei non se ne curava. Con la bocca socchiusa, appoggiata con il gomito alla scrivania, fissava quel cupo cielo. I suoi occhi si erano fatti lucidi e grandi, quasi dovesse piangere.
Si alzò dalla sedia e barcollò verso il lettino disfatto in camera sua, cercando di non inciampare. Si buttò sul letto e alzò lo sguardo fino al soffitto in legno. La luce sfarfallava per il temporale, c’era abituata. Ogni giorno andava così, ogni giorno pioveva, ogni giorno lei tremava, ogni giorno piangeva, ogni giorno mangiava la pastasciutta, ogni giorno il suo braccio aveva un taglio in più, ogni giorno litigava con i suoi.
I suoi occhi, piano piano, si socchiusero. Una lacrima calda le rigò il viso. Gli occhi si chiusero e la mente si spense.

Dream 1
Elliot camminava nel suo giardino, c’erano dei ragazzi seduti sull’erba. Ogni ragazzo aveva un’arma, chi un bastone, chi un coltello, chi una pistola. Insieme a lei camminavano altri quattro ragazzi, avevano delle palline bianche in mano. Anche lei ne aveva una. Il primo ragazzo della fila si buttò sull’erba, poco distante da un gruppo di ragazzi armati di coltelli e fionde. Perché loro non avevano nessun’arma? Vide un ultimo gruppo di ragazzi più grandi di lei passarle davanti. Una figura indistinta, un’ombra nera era passata con loro, le aveva lanciato uno sguardo cupo. Stringevano tutti delle bombe a mano. Una lacrima le rigò nuovamente il viso.
Non voglio morire… non voglio soffrire…
Quei ragazzi li avrebbero bombardati. Lei avrebbe sofferto. Altri l’avrebbero accoltellata e le avrebbero sparato. Elliot non voleva soffrire. Non voleva perdere nessun arto. Non voleva ferirsi. Quelle persone le avrebbero fatto patire troppo dolore, per poi ucciderla. Guardò l’Ombra. Non aveva volto, solo un sorriso sgranato, impassibile. Era seduta con dei ragazzi e fissava la bomba che aveva tra le mani. A nessuno importava di Lei, pareva una persona come un’altra.
Elliot gridò.
«VOGLIO MORIRE, VI PREGO NON FATEMI SOFFRIRE, VOGLIO MORIRE.»
La sofferenza la spaventava più della morte. Era qualcosa di peggio. La sofferenza è un qualcosa che stravolge. La morte ti coglie, ti porta via e non patisci dolore.
Elliot piangeva, singhiozzava e pregava di venire uccisa. L’Ombra si alzò lentamente e si avvicinò a lei. I Suoi passi non emettevano alcun rumore. Elliot alzò lo sguardo e La guardò avvicinarsi. Non l’intimoriva, la faceva sentire al sicuro, isolata da qualsiasi pericolo. L’Ombra si chinò su di lei stringendo una siringa. La guardò dritta negli occhi.
«Morirai, ma è indolore. Ti farà svegliare.»
La Sua voce era cupa e distorta. Era qualcosa di disumano, che, tuttavia, calmò Elliot. In che senso «svegliare»? Questa non è la realtà? Dove sono? Cos’è questo posto? Non riusciva a pensare. La sua mente si allontanò da quelle domande ed Elliot dimenticò le ultime parole dell’Ombra. Questa si inginocchiò di fronte a lei e le alzò la manica. Poggiò la punta della siringa sul suo braccio e la guardò con un «sorriso» rassicurante. Elliot fece per lamentarsi e un’altra lacrima cadde sull’erba verde brillante. Capì in quel momento che quello non era il suo giardino. L’erba era troppo verde. Le case in lontananza erano tutte uguali e alcune capovolte. Erano gialle, il tetto era rosso e le finestre sparse casualmente. Nel giardino c’erano dei fiori di carta disegnati e il cielo era azzurro, non c’erano nuvole. Dov’era? Elliot mosse velocemente lo sguardo verso l’Ombra, che stava ridendo silenziosamente. Sentì l’ago penetrare nella sua soffice pelle. Poi più nulla.
Elliot si svegliò di colpo. Si alzò lentamente dal letto, tremando. Rimase seduta sul letto, fissando il pavimento. Continuava a tremare. Dopo qualche minuto si alzò e camminò lentamente verso la cucina. Era tutto in legno. Perché? Lei e la sua famiglia sono sempre vissuti in una casa in rovina, fatta di legno e rottami. Non l’aveva mai notato. C’era un piatto di pasta fredda ad aspettarla sul tavolo. La forchetta e il piatto erano di plastica. Non avevano mai avuto dell’argenteria, ma lei non l’aveva mai notato.
Finito di mangiare, tornò in camera con un’espressione impassibile. Era sera. Elliot tornò in camera e cominciò a fare i compiti. Passarono le ore, aveva smesso di studiare e continuava a scrivere parole incomprensibili sulla scrivania, era incosciente. Il suo viso era impassibile, lo sguardo assente e perso nell’infinito, la bocca socchiusa. La penna scorreva rapida sul legno, talvolta ripassando sullo stesso punto. La porta si aprì di scatto con un cigolio e la madre di Elliot piombò dentro gridando:
«ELLIOT! SEI IN RITARDO.»
Avrebbe voluto dire altro, ma il suo sguardo si posò sulla figlia, china sulla scrivania a scrivere parole sconosciute. Elliot si risvegliò dal dormiveglia, attonita e confusa, e si girò verso la madre, che la guardava atterrita.
«Cosa stavi facendo?»
«…»
La madre si avvicinò con passi pesanti a Elliot, che non osò muoversi. Fino ad allora il loro contatto visivo non si era interrotto. La donna fece per aprir bocca, ma la chiuse subito in un’espressione disgustata, le tirò uno schiaffo. Lei non reagì, ma una lacrima calda le calò sul viso, privo di espressione. Sua madre le indicò i libri e la borsa e le urlò di prepararsi per la scuola. Elliot alzò lo sguardo verso l’orologio e si rese conto di essere stata per dieci ore a scrivere sulla scrivania, incosciente.
Arrivò a scuola a piedi, come sempre. I suoi genitori non avevano una macchina. Perché?
Era distrutta. Erano passati solo dieci minuti di scuola, ma parevano ore. Socchiuse gli occhi e si immerse in un sonno profondo.

Dream 2
Una spiaggia, poi una foresta. Elliot camminava con i piedi immersi nell’acqua e lo sguardo rivolto all’orizzonte. La fresca brezza la accompagnava mentre passeggiava serena e tranquilla. Non sentiva nulla intorno a lei. Nessuna presenza, nessun problema, nessun peso. Girò il capo verso la foresta. C’era una scaletta illuminata da un raggio di sole. Sopra di essa pendeva un qualcosa di indefinito, sembrava un libretto. Elliot si era fermata, attratta dal libretto. Uscì lentamente dall’acqua e si avvicinò alla scaletta. L’erba era bollente e piacevole, le ricordava le giornate felici estive di un tempo, che passava sempre con sua sorella… sua sorella? Elliot si fermò. La mente allontanò i pensieri di Elliot, che riprese a camminare. Era davanti alla scaletta. Posò la mano sull’asse di ferro, anch’esso rovente. La piscina… Elliot allontanò nuovamente i ricordi e posò il piede sulla scala. C’erano tre gradini. Guardò il libretto, incantata. Continuò a salire e sfiorò il libretto, soddisfatta. Le girò la testa per un secondo. Riprese conoscenza e guardò in alto. Stava stringendo un cappio. Vide l’Ombra, davanti a lei, che tendeva la corda del cappio verso di sé, come per allontanarla da Elliot, che, da una parte, voleva tirare la corda verso di sè, avvicinare il cappio e legarselo al collo. Dall’altra voleva correre via, senza fermarsi, senza voltarsi indietro, senza ripensarci. Cadde. L’Ombra l’aveva spinta giù dalle scale, volgendole uno sguardo triste. Elliot non toccò terra. Continuò a cadere, non vedeva più nulla, non percepiva più niente. Finalmente toccò terra. Non fece male.
Ora riusciva a vedere. Miliardi di rampe di scale sparpagliate in un vuoto infinito. Era caduta su una rampa che sembrava non avere fine. Si girò intorno e vide una figura, che correva furtivamente su una rampa, poco distante da lei. Era un uomo. Aveva una folta barba scura, portava un cappello, una canottiera squallida, dei jeans corti. Era basso e in carne. Aveva gli occhi di un pazzo. Si fermò a guardarla. Un sogghigno gli si dipinse in volto, mentre metteva lentamente una mano dietro la schiena. La tirò fuori, sempre lentamente, aveva una pistola in mano. Elliot urlò, ma non uscì voce. Voleva fuggire, ma era rimasta impietrita a fissare l’uomo puntarle la pistola, a una ventina di metri da lei. Sentì uno sparo. Non fece male. In realtà il proiettile non era mai giunto a destinazione, ma questo Elliot non lo sapeva.
Si svegliò sul letto in camera sua. Sudava. Alzò gli occhi verso la madre, che la guardava.
«Ah, sei sveglia.»
«Sì.»
«Non siamo riusciti a svegliarti, ci abbiamo provato in tutti i modi, sembravi morta.»
«Ah.»
Sua madre stringeva qualcosa dietro la schiena e aveva il viso rigato di lacrime. Elliot si alzò velocemente dal letto e guardò la madre dritta negli occhi.
«Fammi vedere.»
La madre singhiozzò e fece un passo indietro. Elliot insisté.
«Ti prego.»
Il volto della madre si bagnò nuovamente di lacrime, mentre porgeva alla figlia una fotografia stropicciata. Le mani tremolanti di Elliot l’afferrarono con forza. Vi erano raffigurate quattro persone. Riconobbe tutti tranne una: c’erano sua madre, suo padre e lei, da piccola, davanti a una torta di compleanno. Non c’erano candeline, ma lei sorrideva raggiante, mentre i suoi genitori, dietro di lei, avevano un’espressione commossa e compiaciuta. C’era una bambina accanto a lei. Era bionda e aveva gli occhi verdi. Rideva anche lei.
«Chi è?»
«Emily.»

LAST DREAM
Elliot era in una casa. Era spaziosa e accogliente. Si sentiva più bassa e piccola. Emily era in giardino e appena la vide le corse incontro. Erano sull’uscio della porta. La bambina le raccontava delle storie ed Elliot non riusciva a capire una singola parola, ma rideva. Comparve una figura che camminava sul marciapiede, vicino alla casa. Era quell’uomo. Si guardava intorno agitato, poi vide Elliot.
«Fa male?»
«Tanto.»
Elliot guardò la sorella accasciata a terra. Una pozza di sangue macchiava il pavimento lucido della casa. Aveva il viso rigato da lacrime di dolore e sofferenza. Emily la fissava dritta negli occhi, con un’espressione addolorata e rassegnata. Il proiettile le aveva trafitto il ventre. Lei piangeva in silenzio. Il dolore era indescrivibile. Aveva fatto da scudo ad Elliot e le aveva salvato la vita. La pioggia picchiava forte sul pavimento e lavava via il sangue. Elliot singhiozzò e si avvicinò alla sorella, gattonando. Le luci dell’ambulanza si specchiavano sulle pozzanghere che si stavano formando nella casa. Il volto e il corpo di Emily mutarono, lasciando posto all’Ombra. Sorrise.

«Sei tu…»
L’Ombra socchiuse gli occhi. I battiti cardiaci erano sempre meno frequenti. Elliot appoggiò la testa sul Suo petto e cominciò a singhiozzare. Il battito scomparve.
Era un sogno.
Ma Elliot non si svegliò più.

Pubblicato: 24 Maggio 2022
Fascia: 13-15
Commenti
veramente bello, soprattutto l'ultimo dream perché mi ha stupito molto come che da un sogno si possa passare alla realtà così bene e di come alcune volte i sogni spesso sono realtà che noi non conosciamo e ci sembrano vere
07 maggio 2023 • 19:49