Enoch aveva un rapporto d’amore e odio con New York, ogni volta che ritornava nella metropoli americana gli affioravano alla mente ricordi che avrebbe certamente preferito dimenticare. Volti di persone che aveva avuto la fortuna di conoscere, persone a lui care spazzate via dal tempo. Ricordava alla perfezione il giorno in cui tutto era cominciato, i primi anni, quando vedeva le rughe sul volto del suo più caro amico diventare sempre più visibili, mentre lui non cambiava mai. Era una persona fuori dal tempo. Si era domandato moltissime volte cosa ci fosse di sbagliato in lui, cosa lo avesse reso così, ma non era mai arrivato a nessuna conclusione soddisfacente. Aveva passato anni su anni a viaggiare, era diventato un uomo di mondo eppure era la prima volta che tornava a New York. Quella città aveva troppi ricordi che gli facevano ancora venire le lacrime agli occhi e l’amaro nel cuore. Quando la conobbe aveva veramente sperato che le cose potessero cambiare. Era tanto bella quanto intelligente, un circolo vizioso di emozioni e sensazioni che a lungo si era vietato di provare. Ogni volta che la vedeva al Central Park il suo cuore ricominciava a battere come aveva fatto in passato.Si conobbero di notte, la pioggia cadeva incessante dal cielo e l’aria odorava di bagnato. Lui aveva sulle sue spalle il peso di troppe vite vissute male. Lei di una sola che stava andando a rotoli. Il suo lungo abito aveva l’orlo macchiato di fango, correva nel parco come se la pioggia non ci fosse. Appena Enoch la vide gli andò incontro, evitandole così di cadere rovinosamente giù per una collina. Era notte fonda, New York dormiva e le uniche persone sveglie a quell’ora erano gli amanti che se ne stavano nei letti colmi di passione e amore. Parlarono a lungo, tutta la notte, le nuvole coprivano le stelle eppure tutti gli astri del cielo sembravano osservarli. Lei gli raccontò di come la monotonia della sua vita pian piano la stesse uccidendo, lui le parlò dei suoi viaggi. Risero e piansero come nelle più belle commedie di Broadway. Il mondo sembrava sospeso durante i loro incontri, come se fossero gli unici esseri viventi presenti sulla terra. Si videro altre volte, sempre nello stesso parco, sempre sotto lo stesso albero, col sole, con la neve e con la luna a fare da testimoni a ciò che cresceva tra loro. Una sera di novembre la ragazza ritardò a uno dei loro incontri. Enoch inizialmente non se ne preoccupò, ma quando la vide arrivare con le lacrime agli occhi il suo cuore smise di battere. Lei gli parlò del matrimonio combinato che i suoi genitori le stavano organizzando; La sua famiglia era ormai sull’orlo della bancarotta e solo il suo matrimonio poteva salvare lei e le sue sorelle da una fine ingloriosa. C’erano tuoni e lampi che squarciavano il cielo, il mondo sembrava giunto alla sua prematura fine. Poi ci fu silenzio, tutto per un breve istante parve fermarsi. Un tocco sublime, due paia di labbra che si sfiorarono tra loro, l’uno alla ricerca disperata dell’altra, un piccolo gesto che conteneva l’universo. Si lasciarono così, con un bacio sospeso nel silenzio della notte si dissero addio. Negli anni si scrissero molteplici lettere in cui si raccontavano dettagli inutili delle loro giornate. Enoch trovò anche il coraggio di andare a trovarla svariate volte ma il peso di vederla invecchiare senza poter essere con lei era tremendamente estenuante da sopportare. Vedere lei al fianco di un uomo a lui sconosciuto lo faceva sentire un fallimento. Ancora una volta non era stato in grado di cambiare le cose. Erano passati esattamente trentacinque anni dal loro primo incontro quando gli giunse la notizia della morte prematura di lei. Si era preparato a quel momento, eppure non seppe come affrontarlo. Sì disperò, pianse lacrime amare per giorni e giorni fino a quando non scelse di ritornare a Central Park. Sotto l’albero a cui erano soliti appoggiarsi scavò una buca, era pieno pomeriggio e tutti i passanti lo osservavano come se fosse pazzo. Enoch era incurante dei loro sguardi, aveva perso l’unica persona che era stata in grado di farlo sentire nuovamente umano. Arrivò a pensare che tutta la malinconia che aveva dovuto sopportare in quegli anni lo avesse davvero fatto ammattire, non sapeva se ciò che stava facendo aveva senso, non sapeva nulla, non capiva nulla. Ma in quel momento sperò di alleviare il vuoto che sentiva tra le costole con quel piccolo gesto. Seppellì dentro la buca una scatola, di quelle che erano solite contenere gli anelli per le proposte di matrimonio: era blu come la notte, scura e malinconica, come la sera in cui l’aveva conosciuta. Dentro ci mise un piccolo anello d’argento appartenuto anni e anni prima a sua madre, dentro si trovavano incise due piccole parole, ormai era quasi impossibile leggerle, ma un occhio attento le avrebbe sempre sapute riconoscere: Donum cordis (Dono del cuore). Dopo aver appoggiato con cura l’anello all’interno della scatola piegò in piccole parti un vecchio foglio sporco e logoro che conteneva poche parole scritte velocemente anni prima. Parole che non aveva mai avuto il coraggio di confessare, parole sparse al vento ma che grazie alla carta sarebbero state eterne. «E se per rincontrare la tua anima dovrò vivere ancora mille anni, sappi che lo farò perché ciò che provo per te va oltre ogni dolore che sarò costretto a sopportare. Tu cercami, e io ti troverò.» Se ne uscì da quel parco con un lieve sorriso sulle labbra, sapeva che l’avrebbe rincontrata. Ancora oggi Enoch viaggia sulla terra, ancora oggi aspetta con l’anima piena di malinconia e il cuore pieno d’amore un qualcuno che forse non arriverà mai.