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Fascia 16-19
Corrotti

Dicembre. Crepuscolo. Una fioca foschia avvolge le strade del paese. Nelle case del quartiere, lussureggianti di calore, ci sono donne e uomini di ritorno dal lavoro oppure reduci da faccende domestiche, bambini e ragazzi appena riemersi dal tempestoso mare delle pagine dei libri scolastici o ancora alla ricerca di un salvagente che li aiuti a riaffiorare, tutti agognanti di riposo. C’è poi un camino crepitante di fuoco davanti al quale una vasta gamma di generazioni e di specie viventi cerca conforto dallo scalfente gelo delle strade. Nel frattempo, la speranza degli allegri bimbi è di assistere a una di quelle rare nevicate dicembrine, durante le quali candidi cristalli di cotone si adagiano al suolo, impallidendo via via il paesaggio. Essi sembrano eclissare ogni altro impegno, come il lavoro o la scuola, conducendo il paese in uno stato di oblio che va dissolvendosi man mano che il tiepido sole riscalda l’aria con il suo tepore. I giorni che seguono sono poi i più atroci, segnati da ghiaccio, gelo e umidità. Ma è proprio in tali circostanze che appare lampante la differenza tra un bambino e un adulto. Il primo non dà spazio a preoccupazioni di natura pratica e logistica, non teme la difficoltà negli spostamenti, dovuta alla condizione delle strade. Il bambino, al contrario dell’adulto, sa guardare più in là, perché sa che ne vale la pena. Se osserva il cielo, non distoglie immediatamente lo sguardo da esso, ma rimane impigliato per un istante in quel bagliore mentre nella sua mente riecheggia un’informazione fornitagli a scuola, che per lui è come un tesoro: sta osservando un astro che si trova a 150 milioni di chilometri! E ciò è la sola cosa che conta in quel momento per lui: guardare lontano. Se Galilei non avesse impiegato la sua vita (dalla scoperta del telescopio in poi) a osservare intensamente e continuamente gli astri, forse oggi saremmo ancora convinti che la Terra sia il centro dell’universo e lui non sarebbe divenuto cieco. Eppure persino un genio come Galilei ha scelto di non abbassare lo sguardo, perché sapeva che una volta conosciuto il cielo, avrebbe guardato diversamente alla Terra. Proprio come quel bimbo che, distoltosi dalla luce abbagliante, rientra in casa e per un attimo vede tutto attorno a sé con una sfumatura verdastra. È evidente quindi che l’incoscienza del bambino da sola può essere pericolosa, ma anche la prudenza dell’adulto a volte può provocare danni imperdonabili. A tal proposito mi è capitato di incorrere in un vetusto libro di racconti che narrava del funesto caso di Amedeo Bernardi, nato nell’infantile innocenza e catapultato nella matura corruzione.

IL FUNESTO CASO DI AMEDEO BERNARDI

Erano le sette del mattino, quando la sveglia di Amedeo cominciò a suonare. Amedeo sgomento alzò il capo da sotto le lenzuola. Il suo sguardo fu per qualche secondo infastidito dal bagliore del sole che inondava la stanza, attraverso le persiane appena aperte dalla madre. Alzò le lenzuola e un improvviso brivido di freddo lo avvolse. Poi finalmente i suoi piedi toccarono terra, rivolse un candido buongiorno a sua madre e la giornata prese avvio. Amedeo Bernardi aveva 13 anni e frequentava la terza media, era intelligente e sempre immerso nella sua immaginazione. Quando entrava nelle acque di quella misteriosa creatura nota come «fantasia», la realtà attorno a lui sembrava disfarsi, e lui sembrava essere il burattinaio scaltro e abile nel manovrarne i frammenti.
«Amedeo abbiamo finito il latte» gli comunicò sua madre dall’altra stanza con un tono di voce abbastanza alto da attraversare il corridoio.
«Il tempo di prepararmi e andrò a prenderlo, mamma.»
Dopo essersi preparato e aver bevuto un succo di frutta per colazione, al posto del latte, Amedeo si recò al magazzino delle vivande per prelevare ciò di cui aveva bisogno. Entrò in un vasto e squadrato edificio, le porte scorrevoli si distanziarono al suo passaggio, prese ciò di cui aveva bisogno e si recò al bancone dell’inventario per annotare il prodotto da lui scelto. Dopodiché ricominciò il tragitto verso casa. Decise, però, di prendere l’autobus. Salito l’autista gli rivolse un candido buongiorno a cui lui replicò con un luminoso sorriso. Quando l’autobus finalmente partì tutte le case, i magazzini di vivande, quelli di indumenti, o di viveri per gli amabili animaletti da compagnia, così come le candide strisce che incorniciavano l’asfalto, presero a corrergli intorno e con loro andava la sua mente. Amedeo sognava a occhi aperti. Sognava di poter, da grande, compiere una miracolosa scoperta che aiutasse l’intera umanità, sognava di diventare un medico e salvare vite, o ancora sognava, in questo caso con meno ambizione, di poter diventare il coordinatore della sua piccola cittadina, così da potersi assicurare personalmente del benessere di tutti i suoi concittadini. Insomma era un filantropo, caratteristica molto comune nella società a lui contemporanea. Disceso l’ultimo gradino dell’autobus, i suoi piedi toccarono il suolo di un parco dalla verdeggiante erba e costellato dalle risa di giocosi pargoli. Era a pochi metri da casa sua quando uno strano, cupo e raccapricciante suono si udì. Il cielo divenne grigio, il sole si eclissò, il vento con energiche folate metteva in seria difficoltà il suo avanzare sul marciapiede. Ecco che un uno strano turbinio, un vortice gli si aprì dinanzi. Amedeo provò una sensazione di terrore e allo stesso tempo curiosità, che il suo desiderio di compiere una straordinaria scoperta si fosse avverato? Restare ancorato al suolo risultava sempre più difficoltoso, lo strano fenomeno che gli si era parato dinanzi lo attraeva magneticamente. Alla fine Amedeo capitolò e finì per ritrovarsi ad attraversare quel vortice. Si risvegliò privo di sensi su un marciapiede affollato, in una città a lui ignota, chiedendosi come fosse mai possibile che tra l’orda dei passanti nessuno si accorgesse di lui. Si sentiva smarrito, in preda al panico per ciò che gli era appena accaduto, ma soprattutto, guardandosi intorno, avvertiva un grigiore, una mestizia inspiegabile. Era ancora supino sul marciapiedi quando un passante per poco non inciampava sul suo corpo spossato. L’incauto personaggio rivolse lo sguardo a terra per imprecare contro l’ostacolo che aveva attentato, riuscendovi, alla sua frenetica marcia e fu allora che notò steso a terra un giovanotto. «Ti sembra questo il luogo adatto per distenderti?» furono le parole che gli rivolse ed era sul punto di andarsene quando Amedeo, offeso e allo stesso tempo lieto di non esser divenuto invisibile, gli chiese di aiutarlo. Il passante inorridito dall’inopportuna richiesta disse «Sono in ritardo, non ho tempo da perdere, e poi cosa ci guadagnerei ad aiutare te? È meglio che io vada a lavorare».
«Guadagnarci?» rispose Amedeo disorientato dal nuovo termine mai sentito prima. «Cosa significa guadagnare?»
«Non prendermi in giro, ti ripeto che non ho tempo da perdere.»
«Non scherzo, non ho la minima idea di cosa voglia significare questo strano vocabolo, se me lo spiegassi te ne sarei grato.»
«Dovrei davvero credere che tu non conosca il verbo guadagnare? E va bene, a quanto pare a scuola non vi insegnano più nulla, te lo spiegherò. Ma prima, hai presente i soldi?» E di nuovo il volto di Amedeo espresse un’evidente perplessità di fronte al nuovo sconvolgente termine. A quel punto, però, anche l’ignoto passante fu sbigottito. Il ragazzo che aveva di fronte non sembrava tanto piccolo da non conoscere ancora parole così basilari e di uso comune e dall’accento non dava nemmeno l’impressione di essere straniero. Veniva quasi da chiedergli «Ma che sei nato ieri?» generando un cliché con la favola di Pinocchio. Lo sconosciuto era combattuto, era in ritardo per il lavoro, ma in fondo avrebbe sempre potuto inventare una scusa per non recarvisi quella mattina, così da potersi burlare ancora per un po’ della sconcertante ignoranza del ragazzo e analizzare l’inconsueto caso che aveva davanti. Disse ad Amedeo «Forse dovremmo sederci da qualche parte per parlare più tranquillamente. A proposito il mio nome è Alfredo». Si sedettero su una panchina in un parco che, però, appariva del tutto differente da quello che Amedeo aveva visto prima dello sconvolgente episodio. I bambini qui non ridevano, urlavano l’uno contro l’altro, litigavano per chi possedeva la maglietta o le scarpette più carine e nonostante il sole fosse alto in cielo Amedeo si sentiva all’ombra, incupito. Attribuiva la sua sensazione allo spavento per l’inspiegabile situazione in cui era stato catapultato; non sapeva, innocente, che poche ore in quel posto avrebbero risucchiato tutta la sua forza creativa, la sua immaginazione e la sua intraprendenza. Alfredo cominciò a parlare «Poco fa mi hai riferito di non sapere cosa siano i soldi, eri serio?»
«Serissimo.»
«Quando tu compri qualcosa con cosa la paghi?» chiese ad Amedeo l’incauto sconosciuto.
«Pagare? Che parole sono queste?»
La perplessità di Alfredo crebbe sempre più. Amedeo non sapeva cosa fosse il denaro e questo per lui era sconcertante. Cercò di spiegargli il concetto come si farebbe con un bambino di cinque anni e alla fine il ragazzo comprese cosa fosse la misteriosa entità detta «soldi», ma era ancora dubbioso sulla sua funzione, la sua utilità. Chiese allora allo sconosciuto inciampatore «Perché inventare i soldi se posso semplicemente dividere equamente i beni tra la popolazione?», cosa che avveniva nel suo mondo di origine.
Ma Alfredo indignato rispose «Perché voler essere alla pari di tutti, quando puoi possedere più denaro, quindi più ricchezze ed essere migliore di chi ne ha in quantità più limitata? I soldi ti consentono di fare tutto ciò che vuoi. Se ci sono tre lecca-lecca e tre persone che vorrebbero averli, si può semplicemente assegnare un lecca-lecca a ciascuno oppure, meglio, si possono assegnare tutti e tre i lecca-lecca a chi possiede più soldi, che quindi si aggiudicherebbe il primato sugli altri due. I soldi non sono altro che un mezzo per ottenere un primato sui propri simili che quindi cessano di essere simili. Perché mai tu vorresti essere alla pari di ogni tuo altro concittadino? La legge della prevaricazione del più forte sul più debole è quella su cui si fonda la natura. E tu, essere naturale, non vorresti divenire il leone di questa savana?». A quelle parole uno strano sentimento si insinuò nell’animo di Amedeo, tutti i suoi sogni cominciarono a mutare e a subire un’irreversibile metamorfosi, cominciarono a corrompersi. Pinocchio era appena stato condotto da Lucignolo nel Paese dei balocchi. Era sopraggiunta la sera e Amedeo vagava ancora per le strade di quella misteriosa città, lasciando dietro di sé la scia della sua innocenza e della sua puerilità che lo abbandonavano.

Pubblicato: 22 Maggio 2022
Fascia: 16-19
Commenti
Molto originale nel tema, estremamente preciso nella scrittura. È una storia intrigante, ricca anche di colpi di scena. Buona la struttura, molto particolare con l’aggiunta dell’introduzione. Racconto interessante.
24 maggio 2022 • 20:13