«Bentornati ragazzi! Siete pronti per questo nuovo anno scolastico?»
Nella classe si sollevò un coro di sospiri.
Fuori il sole settembrino martellava ferocemente sulle finestre, come se fosse ancora luglio, e la calura avrebbe anche reso ingestibile la permanenza nell’aula, se non fosse per l’efficiente sistema di isolamento termico. I raggi penetravano dalle finestre battendo sui volti abbronzati di noi studenti, ancora sognanti le nostre avventure estive. L’acqua più calda, le bibite fredde, la musica forte, le notti insonni erano ancora vivide nelle nostre menti, che quella mattina facevano non poca difficoltà a seguire il discorso della professoressa di storia.
«Quest’anno il programma previsto ci propone un periodo retrogrado, di decadenza, travagliato, ed introdurremo alcuni dei movimenti che hanno condotto alla formazione del mondo in cui oggi viviamo» si entusiasmò la docente. «Avete già capito di che epoca sto parlando?»
Il livello d’attenzione aumentò improvvisamente e la curiosità tornò a dominare gli animi di tutti, anche dei miei compagni solitamente più irrequieti, così la stanza si riempì di bisbigli, intenti a indovinare la risposta corretta.
«Per caso si riferisce al secondo Medioevo?» si sollevò infine una voce.
«Esattamente Muugi! Brillante come sempre! Dovete sapere che l’inizio di questa età è stato motivo di discussione di moltissimi storici da tempo, che attualmente concorda nel periodo che va dagli anni settanta/ottanta del 1900 al 23 novembre del 2457: il giorno dell’Atto di Unità Mondiale.»
«Ma prof, durante i primi anni di quest’epoca buia, diversi paesi non stavano vivendo uno sviluppo su più settori?»
«Già! Ed è proprio questo che ha dato tanto da pensare. Insomma, come mai da un’epoca di tanto rinnovamento siamo arrivati a tali guerre e rivoluzioni?»
Con questo quesito la nostra insegnante iniziò la sua narrazione. Per quanto le vicende raccontate potessero essere a tratti raccapriccianti, ascoltavo con un interesse mai provato prima. La professoressa parlava come un’incantatrice di serpenti, mi ammaliava e, seguivo ogni sua parola, ogni suo movimento, cercando di comprendere al meglio gli eventi di un’epoca così distante e differente dalla mia. L’ora di storia terminò troppo presto per me, che ero ancora una volta con il braccio alzato, in attesa che mi venisse concessa la parola per l’ennesima domanda.
Nonostante i corsi successivi fossero attinenti a materie che avevo deciso di studiare prima dell’inizio dell’anno scolastico, non riuscirono a catturarmi come la prima ora scolastica. Fino al momento dell’uscita mi ritrovai più volte, perso nei miei pensieri e ragionamenti, a scrutare il mondo al di fuori della finestra, per poi tornare con lo sguardo all’interno dell’aula e scoprire sempre nuove rappresentazioni e scritte sulla lavagna-ologramma. Non avevo seguito nessun discorso eppure ciò non mi destava alcuna preoccupazione poiché i file delle spiegazioni sarebbero stati spediti agli alunni nel pomeriggio.
Salii in sella alla mia moto magnetica P43 e iniziai a dirigermi verso casa. Imboccai la superstrada sopraelevata e guidai velocemente. Da lì lo spettacolo era stupendo. Si poteva vedere l’intera città risplendere sotto la luce del sole di mezzogiorno. Vi erano edifici metallizzati, che grazie all’energia solare ruotavano attorno al loro asse e come girasoli erano alla ricerca della luce per dare tepore alle stanze precedentemente in ombra, che si erano rinfrescate. I corsi d’acqua contenevano degli elementi metallici, che sfruttando il magnetismo della Terra, non solcavano più il suolo ma scorrevano per vie aeree e si muovevano con flusso irregolare fra strutture, sostenute da basamenti ferrosi, che si libravano per effetto dello stesso magnetismo. Erano raggiungibili con le metrosfere, mezzi pubblici dalle pareti trasparenti, che viaggiavano ad altissima velocità e conducevano i passeggeri in qualsiasi zona desiderata. I diversi affluenti riflettevano il bagliore del sole assumendo diverse colorazioni. Alcuni di questi scendevano verso la superfice, altri invece si dirigevano verso delle costruzioni sospese ad irrigare le innumerevoli aree verdi, sparse per l’intera città che contribuivano al rinnovamento dell’aria.
In poco più di un centennio noi esseri umani eravamo riusciti a costruire un mondo che aveva tutte le caratteristiche di un paradiso. Eppure come mai nell’ultimo mezzo millennio eravamo così vicini a distruggere ogni cosa?
Ancora non lo comprendevo e le sbrigative tesi della mia insegnante non saziavano il mio morboso desiderio di risposte. In passato delle strade simili a quelle sulle quali stavo sfrecciando, erano state protagoniste di movimenti di ambientalisti, che bloccando il passaggio delle vetture, non si erano guadagnati altro che il disprezzo di molti. Le loro proteste non avevano causato alcun cambiamento. Nonostante la nobiltà della loro causa non erano stati ascoltati, la temperatura globale continuava ad aumentare, le specie animali ad estinguersi, i livelli del mare ad innalzarsi. Inoltre, si svilupparono epidemie mondiali, in concomitanza con lo scoppio di guerre, che iniziarono lentamente a coinvolgere sempre più nazioni contribuendo al loro progressivo default. Ne conseguì un diffuso peggioramento delle condizioni di vita: solamente alcuni, ovvero i più ricchi, riuscirono a mantenere un tenore alto mentre i più poveri continuavano a morire senza speranze di salvezza. La forte riduzione della popolazione gettò tutta l’umanità in uno stato di terrore.
Si avvertì quindi la necessità di un cambiamento. L’unico ostacolo erano i più abbienti completamente arroccati ai loro privilegi e che volevano evitare la perdita dei loro guadagni. Il mondo però era tornato a essere barbaro, la popolazione non era disposta più a tollerare gli atteggiamenti egoistici dei ricchi. Solo a seguito di proteste violente, conflitti mondiali, accordi e altre sanguinose controversie venne promulgato «l’Atto Di Unità Mondiale», e da allora il mondo è cambiato completamente.
Con tali tumulto di pensieri arrivai alla mia abitazione, dove c’erano i miei padri pronti ad aspettarmi. Ecco, vi era un’altra quesito a cui proprio non riuscivo a dare una risposta. Che c’era di male nell’avere due papà? Molti uomini di quei tempi lo vedevano quasi come un peccato mortale. I miei genitori si amano, ed amano me. Cosa c’è di così sbagliato?
Neanche la docente di storia è riuscita a darmi una risposta concreta. Forse dovrei chiederlo domani al professore di psicologia. Scesi velocemente dalla moto ed entrai in casa. Mentre mi dirigevo verso il replicatore diatonico-dinamico di alimenti super mutanti, fui fermato da una voce.
«Allora, come è andata oggi a scuola?»
«Benissimo papà! Non hai idea di quello che ho imparato oggi a lezione!»
